"Vi svelo come sono i pranzi di Putin"

Konstantin Markidin, capo cuoco della cucina del Cremlino (Foto: restorante.ru)

Konstantin Markidin, capo cuoco della cucina del Cremlino (Foto: restorante.ru)

Rigidi controlli sulla qualità dei prodotti e una severa preparazione dei cibi: Konstantin Markidin, capo cuoco della cucina del Cremlino, racconta i dietro le quinte dei pasti del Presidente russo

Konstantin Markidin, capo cuoco della cucina del Cremlino, racconta cosa si prepara nelle cucine del Presidente e cosa mangiano i big del mondo quando vengono a Mosca.

Ci racconti, perché ha deciso di diventare cuoco?

Non ho terminato le undici classi: dopo la nona classe sono andato con gli amici ai corsi di preparazione del collegio. Ho studiato lì quattro anni, poi sono entrato all'Accademia Plechanov e l'ho finita nel 2000. Ho avuto grande esperienza di lavoro con gli italiani nel ristorante dell'albergo “Kosmos”. A quel tempo, il posto era frequentatissimo: a colazione arrivavano 2.500-3.000 persone e tutto il cibo veniva disposto a buffet, su vassoi metallici. Poi ho lavorato all'apertura dell'albergo Renaissance Monarch Centre. Ma dopo alcuni anni al Renaissance ho capito che bisognava andare oltre e proprio allora dei conoscenti mi hanno offerto di lavorare alla fabbrica del Cremlino.

Fabbrica” suona intimidatorio…

Ma si tratta davvero di una fabbrica. È l'industria di ristorazione più grande in Russia. Da noi in reparto lavorano più di 600 persone. Riesce a immaginare quante persone sfamiamo? Compreso il teatro Bolshoj, la Piazza Vecchia dove pranza l'Amministrazione del Presidente.

E come si svolgono i controlli di sicurezza?

In maniera molto complessa. Ci sono categorie di prodotti che io non posso assolutamente utilizzare, come miele e noci ad esempio: sono un tabù. Oppure i porcini. Io li adoro ma non posso includerli in un menu di ricevimento perché possono essere cancerogeni, contenere radiazioni o altre cose simili. Per i ricevimenti ufficiali ogni prodotto è sottoposto a controlli. A due giorni dall'evento devo presentare il pesce e la carne, mentre ad un giorno, la frutta e la verdura. Vale a dire, prima di ciascun pranzo o cena arrivano i medici dal servizio federale di protezione russo per prelevare campioni di ogni alimento per le analisi. Se qualcosa non dovesse superare i test, occorre trovare in fretta un'alternativa. Mentre cucino anche loro sono presenti, osservano.

E per quanto riguarda gli standard di preparazione? Ad esempio in Europa io so che la carne la si può cucinare a temperature più basse che da noi.

In qualsiasi albergo europeo la temperatura di preparazione di una bistecca, se prendiamo il livello di cottura medium rare, è sui 50-55 gradi, se invece il livello è medium, 60. Secondo i nostri standard questo non potrebbe verificarsi mai, perché i nostri vecchi medici direbbero che si tratta di carne al sangue, pertanto non cotta, anche se è così che si mangia la vera bistecca. Talvolta nascono delle discussioni sulla carne. Il medico per esempio dice: “Ancora una volta non avete cotto il vitello!”. E io rispondo: “Ljubov Ivanovna, se lo cuocio come vuole lei, sarà immangiabile”. Noi ci serviamo del sous-vide, la cottura sottovuoto a basse temperature. Sotto l'azione di basse temperature le fibre muscolari non si riducono drasticamente, ma cuociono lentamente.

 
Gogol e Tolstoj in cucina

Lei cerca mai qualche antica ricetta russa per stupire gli ospiti?

Certamente! Faccio delle ricerche, ma alla fine è raro che poi le proponga. Noi viaggiamo spesso per la Russia. Nell'ultimo anno sono stato a Kazan, a Sochi, a settembre siamo stati ad Astrakhan, abbiamo servito i giornalisti. Una delle condizioni era quella di imparare i gusti di Astrakhan prima di realizzare un menu. Ad esempio, lo sterleto gode di molta popolarità da quelle parti, e quindi deve essere assolutamente presente sulla tavola. Così come anche il formaggio più famoso o le verdure locali. Ma con tutto ciò, i piatti devono essere al contempo insoliti.

Che cosa proponete come antipasto con la vodka?

Nessuno ancora ha inventato accompagnamento migliore di aringhe e pane nero borodinskij, o cetrioli, o ancora blinchiki con caviale. Ad esempio, quand'ero in Francia per una masterclass ho salato poco i cetrioli e quindi ho dovuto portare con me foglie di ribes e aneto. A Parigi non li trovi.

A breve ha in programma di andare a qualche evento gastronomico?

Sì, ci sono diverse proposte, le sto valutando. Di recente, ad esempio, mi hanno invitato al raduno del Club des Chefs des Chefs (Club dei cuochi dei capi di stato). Lì mi hanno presentato come il capo cuoco di Putin, ma io non sono il suo cuoco personale, lui ha già una sua persona. Io cucino per lui solo in occasione di grandi ricevimenti.

Lei ha una cucina preferita?

Azerbaigiana e georgiana. È cibo dal gusto brillante. Così come cucinano loro, non cucina nessuno. Io ho visto un georgiano, maestro di sport di box, preparare la pasta per i khinkali in un modo tale che ha sudato sette camicie. Ci son voluti tali sforzi! Mentre per quanto riguarda le spezie, ogni volta che parlavo coi georgiani, chiedevo: “Che ci avete messo?”, e loro rispondono “Aglio, coriandolo e una spezia, come si dice in russo, shamshure”. E io penso: e che è questo shamshure? Ho rivoltato internet e ho trovato che si tratta di trigonella, fieno greco, che cresce in qualche regione della Georgia e che dà ai cibi una nota particolare. Ecco è questo carattere, questa identità precisa che mi piace molto.

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