Il fisico russo-sovietico Petr Kapitsa (Foto: Ria Novosti)
Il fisico russo-sovietico Petr Kapitsa (1894-1984) aveva impresso una svolta nella scienza già molti anni prima della sua morte. “Kapitsa, pur essendo ancorato alla sua epoca, si distingueva per averla col suo genio per certi versi superata, fondando alcuni principi scientifici e formativi basilari rimasti tuttora immutati, come se le lancette dell’orologio fossero corse avanti fino al presente di ciascuno di noi, addirittura al 2014”, spiega a Rbth Nikolaj Kudrjavtsev, rettore dell'Istituto di Fisica e tecnologia di (Mfti) di Mosca, tra i cui ideatori figura lo stesso Kapitsa.
Studioso brillante e leader carismatico, aveva la capacità di rapportarsi con chiunque, dal semplice tecnico di laboratorio fino alla guida dell'Urss, Iosif Stalin, che Kapitsa riuscì a persuadere della necessità di creare un istituto per i problemi della fisica. Kapitsa riteneva che i capi dovessero di tanto in tanto compiere delle azioni inaspettate, altrimenti i sottoposti avrebbero sempre saputo cosa aspettarsi da loro capo con il risultato di sentirsi demotivati. "Le persone non sanno in quale momento un fulmine le colpirà e Kapitsa era questo fulmine", racconta a Rbth l'accademico Lev Luganskij allievo di Kapitsa. Ma com'era stata la vita del grande scienziato?
Il prediletto di Rutherford
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Nel 1921 Kapitsa andò a Cambridge e chiese all’illustre fisico britannico Ernest Rutherford di accettarlo come dottorando. “Lei ha una trentina di persone, se prende anche me potrà contare su un margine d’errore del 3% in meno per i suoi esperimenti. Mi consideri incluso in questo margine”. Una tale intraprendenza e improntitudine sbaragliarono Rutherford e Kapitsa ottenne il lavoro.
Rutherford favorì particolarmente il giovane allievo. Il suo laboratorio faceva pensare a un piccolo stabilimento. Kapitsa divenne di fatto il “padre” della fisica sperimentale che in futuro avrebbe stupito il mondo coi suoi giganteschi acceleratori a particelle elementari e i suoi laser superpotenti.
Per 13 anni a Cambridge Kapitsa, grazie alle sue conquiste scientifiche, divenne una leggenda. Nel 1929 venne nominato membro della Società reale delle Scienze e nel 1930 il fisico russo, che proveniva dalla Russia comunista, divenne un professore accolto nel bel mondo.
Kapitsa lasciava regolarmente l’Inghilterra per tornare in Urss dove faceva visita alla madre e ogni volta l’ambasciatore sovietico doveva dare delle garanzie a Rutherford che il fisico russo sarebbe tornato. Ma nel 1934 Kapitsa decise di lasciare il paese senza queste garanzie e per oltre 30 anni restò in Urss senza avere il diritto di espatriare.
Ostaggio della scienza
Dopo il ritorno dall’Inghilterra, Kapitsa dichiarò di non poter svolgere le sue ricerche in Urss perché mancavano sia gli strumenti che il personale. Intanto le prime pagine dei maggiori giornali occidentali si riempivano di titoli come “Il professore scomparso”, “La Russia arresta un celebre scienziato”, “Un terremoto nel mondo scientifico”. Il presidente del governo Molotov intimò a Kapitsa di scrivere una lettera di ritrattazione, ma Kapitsa negoziò le sue condizioni e alla fine riuscì a conseguire il suo obiettivo. Uno dei fattori del successo di Kapitsa fu la lettera da lui scritta a Stalin, il cui tono poteva essere ritenuto più che arrogante.
Tuttavia, il governo era talmente interessato al suo lavoro che nell’arco di un anno fu costruito per lui l’Istituto di problemi fisici (Ifp), gli venne assegnato del personale e soprattutto per 30 mila sterline vennero acquistati i duplicati delle attrezzature del laboratorio di Cambridge dove aveva lavorato con Rutherford.
La costruzione della bomba
Nel 1945, quando era all’apice della sua gloria, Petr Kapitsa entrò a far parte dello staff della Commissione supersegreta per la costruzione della bomba atomica coordinata da Berija. E a questo punto il destino dello scienziato subì una brusca svolta: Kapitsa scrisse una lettera a Stalin chiedendogli di esonerarlo dalla commissione. La motivazione ufficiale riguardava i suoi rapporti con Berija, quella reale, come raccontò in seguito lo stesso Kapitsa, era dettata dal tentativo di proteggere un amico, lo scienziato danese Niels Bohr, dalla polizia politica sovietica.
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Dopo il conflitto con Berija, nel 1946 Kapitsa cadde in disgrazia per nove anni, ma non abbandonò la fisica. Cominciò a interessarsi a una nuova corrente, quella dell’elettronica di potenza e della fisica del plasma. Proprio davanti alla sua dacia costruì i primi generatori di alta tensione ad alta frequenza.
Dopo la morte di Stalin, nel 1955 Petr Kapitsa riprese il suo posto di direttore all’Istituto di problemi fisici. Non solo riusciva a contagiare i suoi allievi con le sue idee, ma a ottenere dal governo dei finanziamenti per realizzarli. Motivava le sue richieste di aiuto per i suoi progetti, affermando che si potevano creare fasci direzionali di radiazione elettromagnetica di colossale potenza per abbattere gli aerei nemici. L’idea di poter spezzare l’ala di un aereo nemico con un raggio laser produceva già allora un grande effetto sui funzionari del partito.
L’articolo è stato scritto utilizzando materiali di Rossiyskaya gazeta e Argumenty i fakty
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