Il pioniere di Internet ai tempi dell’Urss

All’epoca aveva solamente 35 anni. E fu uno dei primi uomini in Unione Sovietica a utilizzare la Rete. Lo studioso Anatoly Klyosov racconta il suo primo login. E il carattere surreale di quella rivoluzione
Anatoly Klyosov (Foto: Wikipedia)

I primi passi di Internet all’epoca dell’Unione Sovietica. Passioni spionistiche e surrealismo storico, nell’intervista esclusiva al primo utente di Internet, il celebre studioso sovietico-americano Anatoly Klyosov.

Gli esordi

Agli inizi dell’autunno del 1982 mi invitarono a prendere parte alla prima conferenza mondiale via computer sul tema delle biotecnologie. Ad essere precisi l’invito non arrivò a me, bensì al governo dell’Urss da parte dell’ONU. La biotecnologia all’epoca era anche in cima alle priorità dell’Unione Sovietica e, per tal ragione, la lettera dell’ONU non passò inosservata. Nella lettera veniva citato il mio cognome: gli organizzatori della conferenza proponevano che il moderatore per la parte sovietica fosse il professor Anatoly Klyosov, noto specialista nell’ambito delle biotecnologie. Allora avevo 35 anni.

La logica surrealistica della storia

A quell’epoca io ero tra quelli che non potevano uscire dall’Urss. Ero sospettato di essere stato plagiato dalla CIA durante il mio stage negli USA del 1974. Fatto assolutamente logico per l’apparato ideologico sovietico. Si trattò di puro surrealismo: il primo incarico sulla rete internazionale fu affidato proprio a un presunto agente della CIA.

Mi convocarono e, dato che il mio cognome figurava nella lettera dell’ONU, mi diedero l’incarico di verificare se tecnicamente il Paese potesse partecipare alla prima conferenza in rete. In caso di esito positivo, avrebbero valutato se la partecipazione a tale conferenza fosse realmente utile al nostro Paese. “Si metta all’opera!” mi dissero.

Anatoly Klyosov è uno studioso sovietico-americano specializzato nell’ambito dei polimeri composti, della biomedica, della catalisi enzimatica, dottore in scienze chimiche, professore, insignito del premio statale dell’Urss, membro dell’American Chemical Society, e dell’Accademia Mondiale delle Arti e delle Scienze.

Non mi spiegarono come avrei dovuto procedere, pertanto iniziai semplicemente a cercare ciò che adesso è conosciuto come “provider”. Allora il termine non esisteva. Dopo alcune ricerche venni a sapere che nel centro di Mosca c’era un istituto denominato VNIIPAS (istituto di ricerca scientifico sui sistemi automatizzati applicati) e contattai il direttore.  

Pare che all’istituto mi stessero già aspettando. Stando alle parole del direttore del VNIIPAS, gli avevano telefonato e comunicato che avevano inviato una persona incaricata di occuparsi della conferenza in rete. Anche questo surreale. Mi fu data carta bianca per lavorare in un centro statale segreto, nel quale potevo recarmi a qualsiasi ora e lavorare quanto volessi. Mi fornirono un computer e un tecnico, una ragazza giovane e attraente, nel caso si fossero verificati problemi tecnici.

Nel frattempo ricevetti dall’ONU una copia della lettera nella quale si fornivano chiarimenti circa il procedimento per entrare in rete, il login e la password. E quando per la prima volta digitai il login (con l’aiuto dello specialista della VNIIPAS, allora non sapevo ancora che cosa fosse il login), fu di certo uno shock quando sullo schermo si illuminarono le parole “L’Università di Stoccolma vi dà il benvenuto”. La poltrona davanti al computer sembrava quasi il sedile di una navicella spaziale.

Cominciai ad andare al VNIIPAS come a lavoro, più volte a settimana, ad allenarmi nei contatti internazionali in rete, ad abituarmi alle frequenti cadute “offline”, a intessere relazioni personali con gli altri utenti della rete. Nel 1983 quando ormai avevo acquisito una certa dimestichezza venni a sapere che, in tutto, in Europa entravano nella rete internazionale all’incirca 380 persone. Alle cinque di sera tutti andavano a casa, e in rete restavano soltanto quattro - cinque persone, compreso me, che spesso lavoravo di sera.

La passeremo liscia?

Quando si tenne la conferenza Mondiale, nel dicembre del 1983, nessuno controllò i partecipanti: dieci-dodici persone da me selezionate e invitate presso il VNIIPAS. Noi trasmettevamo ogni genere di informazioni tecniche senza registrazione preventiva (cosa che per le edizioni stampate richiedeva alcuni mesi).

Si trattò effettivamente di un’esperienza dal carattere surreale per tutti i partecipanti, nessuno inizialmente riusciva a credere che, così, semplicemente digitando sulla tastiera un messaggio, e premendo il tasto, questo immediatamente arrivasse all’estero. Tutti all’inizio mi chiedevano: ci metteranno in carcere oppure no?

Dopo la conferenza, tuttavia, semplicemente si dimenticarono di me. L’ordine di sgombrare il mio posto non giunse mai. Per questo continuai a recarmi al VNIIPAS, come se andassi a lavoro, per altri sette anni, fino al 1989. Dopo di che, andai a lavorare negli USA, all’università di Harvard.

Ancora un altro episodio che ha del surreale: gli ultimi anni, dal 1987 al 1989, io ho lavorato al computer dal mio appartamento situato nel quartiere Olimpiyskaya Derevnya di Mosca. Il computer lo avevo acquistato negli USA, quando finalmente avevano cominciato a lasciarmi andare all’estero, dopo l’arrivo al potere di Mikhail Gorbaciov. Il modem mi era stato regalato dal VNIIPAS. E aveva le dimensioni di un grosso libro.

Intorno a me erano drammi continui. Articoli d’accusa nei giornali raccontavano di tentativi di trafugare all’estero o dall’estero opere proibite, di testimonianze segrete, o di testimonianze “per uso ufficiale”. Teoricamente, io avrei potuto fornire testimonianze di quel genere a tonnellate. Dimostrare che non lo avevo fatto era praticamente impossibile. In questo senso avrebbero potuto con grande facilità arrestarmi e mettermi in prigione, ma io non pensavo al peggio. Speravo che si sarebbe risolto tutto. E si risolse.

Passato, presente e futuro

Devo riconoscere che a quell’epoca la popolazione non aveva particolare interesse alla rete Internet. Persino in Accademia e all’Università, la gente che veniva a conoscenza del mio diletto mi chiedeva: e che te ne fai? Perché? È solo una perdita di tempo. Qualcuno potrebbe dire “Beh, la gente non aveva il computer, perché avrebbe dovuto interessarsi?” allora io risponderei che, se è per questo, la gente non aveva neppure le navicelle spaziali in casa, eppure l’interesse per il cosmo c’era, eccome.

Oggi la tecnologia ha fatto grandi progressi e Internet ce l’hanno quasi tutti. Io usavo Internet quando ancora non era “mainstream”. C’era ancora un certo romanticismo nell’uso del computer. Allora non c’erano ancora le montagne di spazzatura che si scaricano oggi in rete. Non c’era la grafica e noi a Natale disegnavamo con “crocette e zeri” alberi di natale e boccali di champagne, dai quali veniva fuori qualcosa di simile alle scintille e alle bollicine. In sostanza, a quell’epoca noi apprezzavamo la comunicazione in rete. Era piena di significato.

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