Un'adozione speciale

Styopa, il bambino con una storia a lieto fine (Fonte: Pravmir.ru)

Styopa, il bambino con una storia a lieto fine (Fonte: Pravmir.ru)

La storia di Styopa, un bambino disabile, e della famiglia russa che lo ha accolto nella sua casa di Samara

Una volta, il piccolo Styopa stava quasi per lasciare l’orfanotrofio: aveva conosciuto una coppia di genitori americani, che lo riempirono di regali e gli portarono una valigia in cui il piccolo avrebbe dovuto mettere le proprie cose, prima di partire alla volta della sua nuova casa. Tuttavia, poco prima della sentenza che avrebbe affidato il bimbo alla sua mamma e papà adottivi, è entrata in vigore la legge “Dima Yakovlev” e Styopa è rimasto nell’orfanotrofio.

Nonostante tutto, il piccolo ha avuto fortuna. A fine maggio 2013, il bambino, che può muoversi solo su una sedia a rotelle, è riuscito a trovare, a Samara, un’altra famiglia pronta ad accoglierlo, composta da mamma Natalia Kazhaeva, due sorelle di 13 e 14 anni, la nonna, e persino un cane. È difficile dire a chi sia andata meglio, se a Styopa o alla sua mamma adottiva; in ogni caso, Natalia ritiene che suo figlio sia il miglior ragazzo del mondo.

“In realtà, tutto è iniziato più di vent’anni fa. Nel mio primo matrimonio non ero riuscita ad avere figli. Dopo vari esami e cure, mio marito ed io avevamo deciso di adottare un bambino. Alla fine, però, tra ripensamenti vari, la cosa non era andata in porto. Nel mio secondo matrimonio, invece, ho subito avuto due figlie, a un anno di differenza l’una dall’altra. E quando sono nate le ragazze, l’idea di adottare un bambino è passata in secondo piano, ma è sempre rimasta in un angolo della mia testa. Quando guardavo un film o leggevo un articolo sul tema delle adozioni, mi sentivo colpevole perché sapevo che là fuori, da qualche parte, c’era un bambino che mi aspettava, solo perché io non l’avevo adottato. Dieci anni dopo, purtroppo, anche il mio secondo matrimonio è finito... E quando sono rimasta sola con le mie due figlie, ho proposto loro: Che ne dite se diventiamo una famiglia adottiva e accogliamo un bambino?”.

Senza farsi prendere troppo dalle emozioni

Quando, ora, le persone vengono da me per un consiglio, chiedendomi di raccontare loro come sia stato adottare un bambino, io rispondo: La cosa principale è non avere fretta, perché l’importante è rimanere razionali e non farsi prendere dalle emozioni. Dopo essermi convinta interiormente che sarei diventata una mamma adottiva, ho iniziato a leggere su internet le storie di altri genitori adottivi e a consultare diversi forum, principalmente con lo scopo di raccogliere quanta più informazione possibile al riguardo. Allo stesso tempo, ho cominciato a guardare, su vari siti, le fotografie dei bambini che cercavano una famiglia.

Foto: AP
Oxana Corso, un'adozione da medaglia

All’inizio la ricerca è stata infruttuosa... Sulle pagine di questi siti c’erano foto di bambini che mi guardavano con occhi tristi e che non facevano altro che suscitare la mia compassione. Poi, per caso, sul sito web Otkazniki.ru, mi sono imbattuta in un bimbo, che solo a guardarlo ti veniva voglia di stringerlo a te e non lasciarlo più andare via... Leggendo il profilo, ho scoperto che il piccolo non poteva camminare. Il mio primo pensiero è stato: Perché adottare un disabile?

Quella notte ho pianto perché mi sono resa conto che questi bambini non sono affatto diversi da quelli sani, e anzi hanno ancora più bisogno di una mamma. Ed è proprio quella notte che ho deciso che avrei adottato quel bambino. Ho iniziato a parlarne poco a poco con le mie figlie… Eravamo a novembre del 2012. A fine dicembre mi ero già recata al tribunale per i minori per prendere l’elenco dei documenti da presentare e mi ero iscritta ai corsi per genitori adottivi. A gennaio 2013 ho iniziato le lezioni e la raccolta dei documenti.

Continuavo comunque a essere tormentata da timori e dubbi, per questo ho raccolto i documenti molto lentamente. Poi, il 17 aprile 2013 mi chiama mia figlia e mi dice: Mamma, sul sito c’è scritto che il nostro bambino è stato adottato.

Allora ho di nuovo iniziato a pensare che adottare un bambino disabile non fosse una buona idea. I documenti erano quasi pronti e sarei potuta andare tranquillamente a Samara e adottare un bambino sano. Allora ho scritto a una volontaria della Fondazione Volontery v pomoshch detyam-sirotam (Volontari in aiuto ai bambini orfani) e lei mi ha mandato tre profili: Se è disposta ad adottare un disabile, guardi questi tre bambini. Il primo era il profilo di Styopa. L’ho fatto vedere alle mie due figlie e abbiamo detto in coro: Questo è il nostro bambino.

L’incontro

L’ispettore del tribunale per i minori ha chiamato l’orfanotrofio ed è stato organizzato un incontro. Tutti i bambini erano già andati a letto. Solo il piccolo Styopa era rimasto seduto sulla sua sedia a rotelle, solo e triste.

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Quando gli hanno detto che aveva visite, la tristezza sul suo volto è subito svanita, rimpiazzata da un’incredibile gioia e meraviglia: “Davvero sono qui per me?”. Ma nelle sue parole si poteva percepire anche l’ansia, il timore di chi sa che la favola sarebbe potuta anche finire, qualora ce ne fossimo andati senza di lui.

Il primo giorno, quando sono arrivata in compagnia della volontaria Lena, Styopa si è precipitato verso di noi. Mi si è seduto in braccio, dicendomi: “Mamma, ti stavo aspettando”. Poi si è seduto in braccio a Lena e le ha detto: “Mamma, ti stavo aspettando”. I bambini dell’orfanotrofio fanno così con tutti. Mentre stavamo camminando con Styopa, è arrivato un signore con dei regali e lui gli si è avvicinato, dicendogli: “Papà, ti stavo aspettando”.

Ai successivi due incontri sono andata a trovarlo da sola. E un giovedì, dopo che il consenso era stato firmato e il tribunale aveva emesso i documenti, sono andata a prenderlo con Lena, questa volta in qualità di mamma a tutti gli effetti.

Un mondo completamente nuovo

Durante tutto il viaggio fino a Samara, che dura più di un giorno, Styopa non ha chiuso occhio. Credo per via della valanga di emozioni a cui era stato sottoposto quel giorno. E poi perché aveva molta paura dei treni. Quando, fuori dal finestrino, sfrecciava un altro treno, lui, come un gattino, si stringeva a me, tremante di paura.

Styopa ha trascorso i primi giorni a casa con gli occhi completamente spalancati. Per lui era tutto nuovo, una nuova scoperta. Anche una passeggiata nei pressi di casa, per lui, era un evento. Una volta, in un normalissimo parco, Styopa era così confuso che sono riuscita a malapena a scattargli qualche foto in cui sorridesse.

Giorno dopo giorno, Styopa impara qualcosa di nuovo, per lui si aprono continuamente delle realtà nuove, che un bambino, che cresce in una casa con una famiglia, conosce sin dalla prima infanzia.

Styopa, ad esempio, prima non aveva mai usato i mezzi pubblici. Quando siamo saliti su un autobus per la prima volta, ha toccato e salutato tutti i passeggeri. Ma è così positivo, solare e sincero, che quando sorride - e ha un sorriso davvero fantastico - tutti intorno a lui iniziano a sorridere.

Ora utilizza i mezzi di trasporto in tutta tranquillità. Proprio ieri si è divertito a fare il bigliettaio: dava i soldi al conducente e poi il biglietto ai passeggeri che salivano. Era così felice. Tutto l’autobus lo guardava sorridendo.

Anche a casa adora aiutarmi. Mi dice: “Sono il tuo assistente!”. Sono passati due mesi e mio figlio è davvero irriconoscibile: ora ha lo sguardo sicuro, concentrato, e sta bello dritto.

Le nostre difficoltà

La salute di Styopa richiede, ovviamente, un sacco di attenzioni. Ora stiamo seguendo delle cure al Centro di Riabilitazione di Samara. Poi ci attendono anche delle sessioni con un logopedista e uno psicologo...

Con un bambino così è impossibile riuscire anche a lavorare. Il mio lavoro ora è fare la mamma a tempo pieno. A Samara i sostegni economici per i genitori adottivi non sono granché. Io percepisco per Styopa poco più di 12mila rubli.

Senza l’aiuto di persone amorevoli sarebbe difficile andare avanti. Le cure al Centro di Riabilitazione costano 115mila rubli. Siamo riusciti a pagarle grazie a un ente benefico e i volontari hanno pagato le scarpe ortopediche: seimila rubli.

Un problema serio con cui ci siamo scontrati è che non abbiamo un'auto. Poi, durante il primo mese e mezzo, il bambino ha messo su cinque chili, e se prima riuscivo ad alzarlo facilmente, ora faccio fatica a farlo e quindi è diventato più difficile spostarsi. Di conseguenza, siamo praticamente costretti a casa. Il problema è che mi sono trovata impreparata, non immaginavo quanto sarebbe stato difficile tutto senza auto.

Il mio sogno sarebbe adottare un altro ragazzo affetto da paralisi cerebrale. È già da tempo che ne seguo uno, grazie al sito Otkazniki.ru. Perché ho ​​deciso di adottare un altro bambino con gravi disabilità? Perché, grazie a questa esperienza, mi sono già trovata una volta in un mondo completamente diverso, nuovo. Leggendo su Internet le storie di questi bambini, capisci che hanno solo due opzioni: rimanere per il resto della loro vita in una casa di cura per invalidi, o essere adottati da una famiglia. Non ne hanno altre.

Come mi ha detto Lena, la volontaria che mi ha aiutato a Mosca: “Ti senti come se ti trovassi in una casa in fiamme e al suo interno ci fossero decine di migliaia di bambini, e tu puoi salvarne solo due o tre. E tutti ti tirano, ti tirano per le braccia…”. Se non avessi adottato Styopa solo perché è malato, preferendo a lui un bambino sano, non sarei stata molto diversa da quei genitori che abbandonano i bambini malati negli ospedali.

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