Il bacino idrico di Rybinsk (Foto: Konstantin Salomatin)
A cinquemila abitanti, un giorno, fu intimato di lasciare il loro villaggio, Mologa, per la cotruizione del bacino idrico di Rybinsk. Così aveva deciso il governo. Chi ne ebbe la possibilità smontò pezzo pezzo la propria casa e, attraverso i corsi dei fiumi, la trasportò e la ricostruì più lontano.
Due testimonianze di chi allora c'era fanno rivivere il dramma di allora. Il primo racconto arriva da Maria Ivanovna Kuvshinnikova, un'abitante di Mologa.
Maria Kuvshinnikova (Foto: Nikita Khokhlov) |
Dove è nata?
Sono nata il 1° gennaio del 1921 a Podmonostyrskaya Sloboda, un villaggio con un grande monastero femminile e cinque chiese, situato a mezzo chilometro da Mologa.
Mia madre morì nel 1934; prima del trasferimento, a soli trentasette anni, quando io avevo tredici anni e mia sorella undici.
Ma mio padre era un uomo eccezionale e si occupò della nostra educazione fino a che mia sorella, ancora molto giovane, si sposò ed io mi trasferii in un altro villaggio a lavorare come insegnante.
Come affrontaste il trasferimento?
Non avevamo già più una nostra casa perché mio padre nel 1930, pur non essendo un ricco contadino e nemmeno un piccolo proprietario terriero, venne dekulakizzato, privato di tutto, della casa, dell’unico cavallo, dell’unica mucca che aveva.
Lo accusarono di essersi occupato di commercio. Pur avendo ottenuto i permessi necessari per commerciare, venne condannato e mandato al Nord, in prigione, per 3 anni.
Tornò nel 1933 e l’anno dopo sua moglie morì.
Quando ci cacciarono di casa, vivemmo temporaneamente nella casa di una vicina e poi in vari appartamenti lasciati dagli abitanti di Mologa, che, a partire dal 1936 e nell’arco dei quattro anni successivi, a poco a poco si trasferirono.
Per noi bambine non fu una vita semplice.
Cosa accadde alla comunicazione dell’inevitabile trasferimento?
Vennero versate molte lacrime, anche se, bisogna riconoscere, gli abitanti di Mologa erano molto affiatati e di una magnanimità che oggi non si trova più nella gente. Ci si aiutava reciprocamente.
Cosa ricorda del trasloco?
Chi si trasferiva, lo faceva d’estate discendendo il fiume con le zattere, perché Volgastroy mise a disposizione pochi camion, nonostante le promesse fatte.
Mio nonno, ad esempio, dal villaggio di Chernyatino trasferì la propria abitazione, prima portandone le travi a cavallo per almeno due chilometri fino al fiume Mologa, poi fluitandola lungo il Mologa, che è un fiume tutto a zig-zag, per almeno venticinque chilometri ed infine fino a Rybinsk per altri trenta chilomentri di fiume.
E capitava che il vento e le onde disfassero le zattere che dovevano essere ricostruite. Era molto faticoso.
Io mi trasferii a Rybinsk nel 1939, terminata la scuola, per seguire un corso di preparazione all’insegnamento.
Poi cominciai ad insegnare in vari villaggi.
Chi non aveva una casa, come la vostra famiglia, dove veniva trasferito?
Agli insegnanti davano un alloggio.
A mio padre, a Rybinsk, venne assegnata una camera di 12 metri, una a mia sorella.
Ma i problemi erano molti: vicino alle loro abitazioni non c’erano pozzi, l’acqua si trovava a due isolati di distanza. Per rifornirsi di legna per le stufe bisognava fare almeno cinque chilometri a piedi. I negozi più vicini erano a tre chilometri.
Era una vita durissima.
Quand’è che la vita divenne più semplice?
Solo dopo la guerra, quando cominciarono a dare ai traslocati dei veri e propri appartamenti.
Mia sorella, ad esempio, ricevette un appartemento di tre camere, perché aveva 3 figli.
Anche a suo padre dettero un appartamento?
No. Mio padre con altre sei persone continuò a vivere e a lavorare a Mologa per tutto il 1941, abitando una delle poche case non ancora sommerse, tra cui vi erano la scuola e il panificio, due edifici in mattoni. Insieme a un’amica andai a trovarlo nel luglio del 1941. Quando chiedemmo un biglietto per Mologa alla cassa dell’imbarcadero di Rybinsk, la cassiera ci guardò esterefatta, perché non si vendevano biglietti per una città sott'acqua. Ma sentendo che mio padre viveva ancora a Mologa, il capitano del battello che da Rybinsk andava a Vesegonsk ci prese a bordo e sulla via di ritorno a Rybinsk - all’andata il vento forte non lo permise - attraccò a Mologa e ci fece scendere. Mio padre si stupì molto nel vederci. A Mologa non c’era già più nulla. Visitai la tomba di mia madre e papà ci rimandò a casa su una barca a motore dell’organizzazione per cui lavorava.
È più tornata a vedere Mologa?
In tutto sono tornata quattro volte, ogni volta che Mologa è riemersa dall’acqua e ciò accade in genere ogni sei-sette anni, di solito in autunno.
L’ultima volta, nel 2002, quando Mologa ricomparve per due mesi, in così poco tempo venne ricoperta di erbe, fiori e cespugli. Il suo terreno è ancora molto fertile.
Del resto Mologa è sempre stata una città prospera, con vicino un bosco ricco di alberi d’alto fusto e di bacche di ogni genere.
Vi crescevano cespugli di mirtilli di bosco, lamponi, ribes neri, mirtilli rossi e di palude, more, mortelle di palude.
Ma la vera ricchezza di Mologa sono sempre stati i suoi abitanti. Tutti grandi lavoratori, tenevano la città bella e pulita, con tanti lilla in fiore, tanti meli, ciliegi, alberi di prugne.
A Mologa crescevano perfino dei bei peri.
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La seconda testimonianza è di Nikolay Mikhailovich Novotelnov, anche lui ex abitante di Mologa.
Nikolay Novotelnov (Foto: Konstantin Salomatin)
Quali sono le sue origini?
I miei antenati si insediarono a Mologa a metà del XVII secolo.
Erano mercanti, pescatori. Tra i Novotelnov vi fu anche un borgomastro; mio nonno fu membro della Duma cittadina. Siamo quindi una famiglia di antiche tradizioni.
Io nacqui a Mologa nel 1925; vi passai i primi 15 anni di vita e un’infanzia spensierata.
Vissi con mio padre ingegnere del silo della città, mia madre insegnante e mio fratello.
Nel 1936 mio padre venne ingiustamente condannato e deportato a Magadan, dove morì nel 1941.
Mio fratello, nel 1939 iniziò il servizio di leva. Arruolato, durante la Seconda Guerra venne dichiarato disperso.
Cosicché quando ci trasferirono nel 1939, io ero solo con mia madre.
Come vi venne comunicato il trasferimento?
Nel 1936 riunirono gli abitanti di Mologa nel maneggio, il locale più grande della città, e comunicarono, con una delibera del governo, la costruzione del bacino idrico di Rybinsk e la conseguente alluvione programmata di Mologa a di molti terreni e villaggi circostanti.
Avremmo quindi dovuto traslocare da soli con un compenso economico dello Stato, oppure con l’aiuto dei prigionieri del sistema Volgastroy, che si occupava appunto della realizzazione del progetto.
Quale fu la reazione generale?
Vi fu molta angoscia tra la gente costretta a lasciare i propri cimiteri, i terreni fertili coltivati da generazioni, una città pulita e curata, sorta all’incrocio di due fiumi, il Volga e il Mologa e con un fitto bosco di conifere a ridosso.
Ma cercare di opporsi era assolutamente inutile in tempo di repressione.
Come avvene il trasferimento della vostra casa?
Fu appunto Volgastroy ad aiutarci.
Le travi di legno della casa vennero numerate dai prigionieri, smontate.
Con queste stesse travi venne costruita una zattera, fluitata lungo il Volga fino al villaggio di Slipa, a pochi chilomentri da Rybinsk, dove la casa venne ricostriuta.
Ed è la stessa casa in cui viviamo oggi, cha ha oramai più di cento anni.
Nikolay Novotelnov con la moglie |
Ed è ancora solida?
Un proverbio russo dice: meglio costruire un buon tetto che costruire una nuova casa. Vale a dire, che una casa asciutta dura a lungo.
Quante case vennero smontate, spostate e ricostruite?
Difficile dirlo, forse 500. Le case troppo vecchie, che non avrebbero retto al trasferimento, vennero abbandonate.
Mologa allora contava 5.000 abitanti, un migliaio di case in legno e qualche case in mattoni.
Dove vennero trasferiti gli abitanti di Mologa e dei villaggi circostanti?
Vicino a Rybinsk vennero creati 3 paesini, con le case dei traslocati.
Ma molti si trasferirono più lontano, nelle regioni di Yaroslavl, Rostov e perfino a Sakhalin.
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