Il chirurgo sovietico diventato santo ortodosso

Dominio pubblico
Sembra un paradosso, eppure è una storia vera. Si tratta dell’arcivescovo Luca, al secolo Valentin Vojno-Jasenetskij (1877-1961)

Questo chirurgo operò i feriti ai tempi della Guerra russo-giapponese e della Guerra civile. Già prima che venissero scoperti gli antibiotici, imparò a inibire i processi purulenti che causavano innumerevoli decessi. Nel 1946, unico tra i sacerdoti, fu insignito del Premio Stalin per la monografia “Saggi sulla chirurgia delle ferite purulente”.

Aveva preso i voti monastici dopo la Rivoluzione, sconvolto dalla morte di sua moglie, avvenuta nel 1919. Vestito da sacerdote e con la croce al collo, soccorreva senza paura i malati più gravi. Prima di procedere all’intervento chirurgico, si faceva il segno della croce e lo faceva al paziente.

Chirurgo di fama e abile docente, negli anni Venti, Vojno-Jasenetskij fu nominato capo della diocesi di Tashkent. Proprio in questo periodo cominciò ad avere dei grossi problemi con il regime sovietico. Seguirono lunghi anni di interrogatori, arresti, confini…

Dopo l’inizio della Grande guerra Patriottica, avrebbe voluto arruolarsi nell’esercito per operare i feriti, ma non ottenne il permesso. Allo stesso tempo, fu insignito della medaglia al valore civile per il suo impegno nella raccolta fondi per l’esercito.

Dopo aver girato tutta la Russia, Luca finì i suoi giorni in Crimea, sua terra natale, come arcivescovo di Crimea e Simferopoli, svolgendo in parallelo le mansioni di consulente capo di un ospedale militare.

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