Alla fine degli anni Cinquanta dell’Ottocento, lo storico Florentij Pavlenkov scoprì nei depositi dell’Arsenale di Pietroburgo un cannone del Seicento. Il cannone è lungo 155,6 cm e pesa 315,5 kg, la canna ha il diametro di 69 mm. Il pezzo è a retrocarica e ha la canna rigata. Questa scoperta fu davvero sorprendente, perché i cannoni di quel periodo avevano ancora la canna liscia e venivano caricati dalla bocca. Ma ancora più sorprendente era l’iscrizione colata sul cannone.
Sul mascolo (la parte posteriore amovibile degli antichi cannoni a retrocarica) è indicato l’anno di fabbricazione: 1615, c’è lo stemma del Regno Russo; l’aquila bicipite con sul petto uno scudo, sul quale è raffigurato San Giorgio, e un’iscrizione in latino: “Magno Domini Tzari et Magno Duci Michaeli Foedrowits Omnium Ursorum” – “Al grande sovrano, zar e granduca di tutti gli orsi, Mikhail Fjodorovich”.
È ovvio che l’iscrizione “granduca di tutti gli orsi” sia comparsa a seguito di un errore. Il testo avrebbe dovuto terminare con “Omnium Russorum” – “di tutte le Russie”. Tuttavia, qualcuno confuse le lettere. Di conseguenza, “Russorum” diventò “Ursorum”, e “urs” in latino significa “orso”. Florentij Pavlenkov suppose che a causa della “poca alfabetizzazione e della scarsa conoscenza della lingua latina”, l’errore fosse stato commesso da un artigiano russo. In tal caso, scriveva Pavlenkov, “è molto probabile che la colata sia nostra e allora lo sarebbe anche l’onore del primato nell’invenzione delle canne rigate”.
In Europa, i cannoni rigati comparvero alla fine del XVII secolo, mentre la Russia cominciò a produrli soltanto ai tempi dello storico Pavlenkov, cioè nella seconda metà dell’Ottocento. Florentij Pavlenkov e il suo collega, lo storico Nikolaj Brandenburg, che furono i primi a interessarsi al vecchio pezzo d’artiglieria, avanzarono l’ipotesi sull’origine russa di questa arma. Infatti, fino agli anni Cinquanta del Novecento, il cannone era esposto nella Fortezza di Pietro e Paolo, a Pietroburgo, come cannone russo, il primo al mondo ad avere una canna rigata. Nel 1900, il cannone fu addirittura portato all’Esposizione Universale di Parigi. Sul catalogo dell’Esposizione si leggeva: “Il più antico fra tutti i cannoni noti a retrocarica con canna rigata”.
I primi dubbi circa l’attribuzione del cannone li ebbero gli storici dell’Urss negli anni Cinquanta. Allora il pezzo fu rimosso dall’esposizione della Fortezza di Pietro e Paolo fino all’accertamento dell’origine. Lo storico Vladimir Galkin riferiva che il cannone “può far parte della nostra esposizione, soltanto se è davvero russo”.
Nei primi anni Duemila, del cannone si è interessato lo storico d’artiglieria Aleksej Lobin, il quale ha scoperto un nuovo documento del 1702 – il “Registro delle opere fortificate e dell’artiglieria della città di Arkhangelsk e delle fortezze ad essa vicine” o “Elenco della Dvina”, nel quale il cannone era menzionato come “colubrina reggimentale di fusione tedesca”. Il Registro però non specificava che fosse a retrocarica e con canna rigata. Vladimir Galkin osservava che le ricerche dovevano andare Gli storici oggi partono da altri presupposti: intanto, l’origine più probabile del cannone non è russa. L’iscrizione in latino sta a indicare che il cannone potrebbe essere stato fabbricato in Europa come dono allo zar Mikhail Fjodorovich (Michele I di Russia), e lo conferma anche la menzione di “fusione tedesca” che si riscontra sul Registro del 1702. Non sappiamo se nell’accettare il dono i russi abbiano notato o meno il buffo refuso, ma il cannone era un dono troppo prezioso per rifiutarlo.
La stessa fonte (“Elenco della Dvina”, 1702) permette di supporre che, in origine, il cannone non avesse la retrocarica e la rigatura della canna (questi elementi sarebbero stati aggiunti soltanto nel XVIII secolo). Al momento, però, sono soltanto delle ipotesi, tutte da dimostrare o confutare.
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