Aleksandr Zass, il russo che divenne “l’uomo più forte della Terra”

Il “forzuto” russo Samson (“Sansone”), al secolo Aleksandr Zass esegue un numero di potenza tra i suoi preferiti: porta un cavallo sulle spalle

Il “forzuto” russo Samson (“Sansone”), al secolo Aleksandr Zass esegue un numero di potenza tra i suoi preferiti: porta un cavallo sulle spalle

Sputnik
Nonostante fosse piuttosto minuto (168 cm per 75 chili) raggiunse risultati incredibili di forza e resistenza, grazie a un sistema di esercizi che aveva ideato durante la Prima guerra mondiale, mentre era prigioniero degli austriaci, incatenato in una cella di isolamento

Poteva portare sulle spalle un cavallo senza visibile sforzo, sollevava in aria un pianoforte insieme alla pianista che lo suonava, afferrava al volo un proiettile da 90 kg, sparato da un cannone, e rompeva facilmente le catene che lo legavano. Nato nell’Impero russo, Aleksandr Zass (1888-1962) fu uno dei “forzuti” più celebri della prima metà del Novecento, e in Gran Bretagna era considerato “l’uomo più forte della Terra”.

Malgrado la sua forza colossale, Zass non aveva l’aspetto di un gigante. Era alto 168 cm, pesava 75 kg, e anche i suoi muscoli non apparivano molto voluminosi. “Un bicipite grande indica la forza, così come una pancia prominente indica la buona digestione, diceva lui. “È il tendine a tirare il bicipite, che si contrae. I tendini e come svilupparli costituiscono il segreto della mia forza. Sono forte di tendini”.

La passione di tutta la vita

Zass si era appassionato al mondo dei forzuti da adolescente, quando assistette per la prima volta a uno spettacolo circense nella città di Orenburg. Tornato a casa, cominciò subito ad allenarsi, usando tutto quello che gli capitava sotto mano.

“Niente occupava i miei pensieri più del desiderio di diventare una persona davvero molto forte, tale da essere in grado di fare cose che i comuni atleti non possono fare”, ricordò Aleksandr Zass.

Raggiunse dei successi veramente impressionanti, ma suo padre considerava questa passione del figlio una perdita di tempo. Mandò il figlio a studiare per diventare macchinista, ma non sospettava che il giovane, anziché studiare, avesse trovato lavoro in un circo, dove si esibiva in numeri sempre più complessi.

Quando nell’estate del 1914 scoppiò la Prima guerra mondiale, Zass fu arruolato in un’unità di cavalleria. Nell’esercito divenne famoso, quando il suo cavallo fu ferito ed egli portò l’animale fino all’accampamento militare sulle proprie spalle.

Dopo una grave ferita, il campione fu catturato. Tuttavia, grazie all’abilità dei medici austriaci, poté non solo sopravvivere, ma anche ritornare in forma.

Zass fu internato in un campo di concentramento per prigionieri di guerra, dal quale cercò di evadere. Fu catturato e messo in una cella di isolamento molto stretta con soltanto una piccola finestra sbarrata.

Gli speciali esercizi durante la prigionia

“Siccome ero incatenato sia di giorno che di notte – le catene mi venivano tolte dalle guardie soltanto due volte al giorno per mangiare – cominciai ad avere dei problemi psichici", ricordò in seguito Zass. “Dopo aver riflettuto a fondo, decisi che l’unico modo per fermare il peggioramento delle mie condizioni fisiche fosse tonificare i miei muscoli in una maniera diversa da quella in cui l’avevo fatto da persona libera”. 

Avendo poco spazio in cui muoversi, Zass cominciò a ideare, e a provare su se stesso, un sistema di esercizi isometrici, con i quali i muscoli diventano duri, ma non si estendono e non si contraggono. “Ben presto ho capito che in questa maniera i muscoli potevano essere stimolati per ore. Anziché spendere l’energia, non facevo altro che accumularla”. 

L’atleta non solo ritornò in forma, ma raggiunse anche dei nuovi livelli di resistenza, allenando i tendini e i legamenti che diventarono più elastici. C’è da notare che creò il suo singolare sistema di esercizi in condizioni davvero avverse, sopportando il dolore causato dalle pesanti catene che gli laceravano la pelle.

Alla fine della guerra, il regime carcerario di Zass fu allentato e l’uomo ne approfittò subito per fuggire. Questa volta ebbe successo.

“Sansone di ferro”

Aleksandr Zass si unì ad una delle compagnie circensi che nel dopoguerra giravano per tutta l’Europa. Nel 1924, si stabilì definitivamente in Gran Bretagna. 

Per la sua incredibile forza fisica e la straordinaria resistenza, il pubblico lo soprannominò “Sansone di ferro”, mentre per i giornalisti Zass era “l’uomo più forte della Terra”.

L’atleta faceva un giro nell’arena con in spalle un grande cavallo, intercettava al volo un proiettile che pesava 90 chili e veniva sparato da un cannone speciale (con il tempo, al posto del proiettile, si cominciò a lanciare col cannone una donna, l’assistente di Zass).

Nel numero “La fucina del diavolo”, Aleksamdr Zass si sdraiava su un piano di chiodi sporgenti. Sul suo petto veniva posizionato un blocco da 500 kg che i suoi assistenti frantumavano con le mazze. 

In un altro numero, l’uomo forzuto veniva sollevato, con la testa in giù, sotto la cupola del circo. Mentre lo tiravano su, stringeva tra i denti una corda, alla quale era sospeso un pianoforte con una pianista che suonava, che pure si sollevava.

In uno dei suoi numeri preferiti Aleksandr Zass sollevava con i denti una piattaforma con un pianoforte mentre una pianista continuava a suonare

Zass era in grado di tenere sulle spalle una piattaforma, sospesa sulle corde per sicurezza, sulla quale c’erano più di 10 persone. Ad una di queste esibizioni partecipò (in qualità di “peso”) Winston Churchill, che in seguito sarebbe diventato primo ministro.

Da sollevatore di pesi a domatore

“Sansone di ferro” si esibì nell’arena del circo fino al 1954. Aveva ormai 66 anni e stupire il pubblico diventava per lui sempre più difficile.

Zass decise di dedicarsi all’addestramento degli animali e lo fece con grande entusiasmo fino al 1962, quando nel circo capitò un grave incidente: un furgone delle scimmie prese fuoco. Aleksandr Zass si precipitò subito a salvare i suoi animali.

Aleksandr Zass si fa passare sopra un autocarro carico di carbone in una delle sue prove di resistenza

Gravemente ustionato, il campione decedette poco dopo in ospedale, stroncato da un attacco cardiaco. Non fece in tempo a realizzare il suo vecchio sogno: tornare in Russia almeno una volta.

Monumento ad Aleksandr Zass nella città russa di Orenburg



LEGGI ANCHE: Come mai il campione di lotta Ivan Poddubnyj morì in miseria? 

Cari lettori, 

a causa delle attuali circostanze, c’è il rischio che il nostro sito internet e i nostri account sui social network vengano limitati o bloccati. Perciò, se volete continuare a seguirci, vi invitiamo a: 

  • Iscrivervi al nostro canale Telegram
  • Iscrivervi alla nostra newsletter settimanale inserendo la vostra mail qui
  • Andare sul nostro sito internet e attivare le notifiche push quando il sistema lo richiede
  • Attivare un servizio VPN sul computer e/o telefonino per aver accesso al nostro sito se risultasse bloccato nel vostro Paese

Per utilizzare i materiali di Russia Beyond è obbligatorio indicare il link al pezzo originale

Questo sito utilizza cookie. Clicca qui per saperne di più

Accetta cookie