Come si combattevano i rifiuti nella Mosca di prima della Rivoluzione?

Storia
GEORGY MANAEV
Per secoli la città fu estremamente sporca, con liquami e spazzatura ovunque… Arrivando dalla campagna si iniziava a sentirne il fetore già a distanza

Nei tempi antichi c’erano pochi rifiuti, rispetto al mondo contemporaneo. Tutto ciò che aveva valore – vestiti, stoviglie, oggetti per la casa – veniva usato e riparato fino a quando non si sfasciava completamente. Gli abiti venivano ricuciti e, quando cascavano a pezzi, venivano utilizzati come stracci o filaccia (batuffolo di fili che sostituiva l’ovatta). Tutti gli avanzi di cibo raccolti dal tavolo venivano dati in pasto al bestiame, gli oggetti di legno rotti venivano bruciati e la carta, ovviamente, veniva risparmiata.

Eppure, in una grande città, come già era Mosca nel XV secolo, c’erano più rifiuti di quanto si riuscisse a raccogliere e riciclare. Uno dei problemi principali erano le deiezioni umane e animali che, a causa della crescita della popolazione, divennero un problema di portata importante già nel XVII secolo.

Gli zolotari: l’ingrato mestiere di svuotare le fogne

Gli antichi moscoviti erano dei grandi sporcaccioni, come tutta la popolazione urbana dell’Europa medievale. Rifiuti e liquami venivano gettati direttamente in strada. Le latrine nelle stanze dei nobili spesso si affacciavano sul cortile o sui vicoli. Solo le strade principali, e neanche tutte, erano lastricate, mentre la maggior parte delle vie affogava nel fango misto a letame ed escrementi umani. Il letame attirava stormi di uccelli, e in primavera, quando tutto si scongelava, i residenti portavano il fango dalle strade negli orti nei pressi di Mosca, per concimarli.

Fino alla metà del XVII secolo non si parlava neanche lontanamente di pulire le strade e di osservare le norme sanitarie. Nemmeno dopo che, nel 1654, a Mosca e nella Russia centrale scoppiò un’epidemia di peste, che falciò fino a un terzo della popolazione, nulla cambiò, fino al 1699. 

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Allora lo zar Pietro  emanò una breve legge “Sull’osservanza della pulizia a Mosca e sulla punizione per aver gettato spazzatura e ogni tipo di immondizia nelle strade e nei vicoli” e da allora per queste trasgressioni la gente veniva frustata e multata. 

Ma ci volle un’altra epidemia di peste, nel 1771, affinché le autorità di Mosca obbligassero i proprietari di case a fare i pozzi neri, e per pulirli fu organizzata una squadra di zolotari (vuotacessi; bottinai) che giravano per le strade con barili e per un prezzo minimo asportavano il contenuto dei pozzi neri. All’inizio, a fare i vuotacessi venivano mandati i criminali che scontavano condanne per reati minori: per questo servizio ottenevano uno sconto di pena. A poco a poco, anche gli indigenti cominciarono a fare i vuotacessi, a titolo di salariati: era comunque un lavoro e in più c’era la piccola speranza di trovare nelle immondizie denaro o gioielli.

I vuotacessi lavoravano di notte perché il loro lavoro era molto “aromatico”. Per questo, nel XIX secolo, i vuotacessi furono soprannominati Brocard, dal nome della più famosa fabbrica di profumi in Russia.

“La mattina presto, davanti alle nostre finestre sferragliava un convoglio con barili: sulle serpe, rinforzate con lunghi pali elastici, sballottavano gli zolotari, incitando malinconicamente i cavalli e gustandosi in movimento un kalach [un tipo di pane bianco con un lato a forma di “maniglia”] fresco o un pezzo di sitnyj [pane di farina vagliata]. Allora i passanti si voltavano, si turavano il naso e mormoravano: ‘Stanno arrivando i Brocard’”, ricordò il critico teatrale moscovita Jurij Bakhrushin.

Dopo aver girato la parte della città di loro competenza, gli zolotari si recavano in borgate, oltre il Kamer-Kollezhskij Val, la circonvallazione che all’epoca era il confine di Mosca, e versavano il contenuto dei loro barili nei bacini idrici di periferia o nel corso inferiore del fiume Moscova. Nel quartiere di Lefortovo c’è ancora la via Zolotaja, che attraversa l’ex Kamer-Kollezhskij Val: lungo di essa gli zolotari  portavano il loro carico alla periferia dietro Vladimirskij trakt, la strada maestra per Vladimir. Interessante notare che “zoloto” in russo significa “oro” e gli “zolotari” erano quindi gli “orefici” o i “porta-oro”. Insomma, un nome ironico-eufemistico.

Un anello fetido

Verso  la metà del XIX secolo, Mosca era circondata da un anello di immondizia e liquami. Lo storico Nikolaj Kareev ricordò: “Avvicinandosi a Mosca a cavallo, ci si tappava il ​​​​naso per il fetore diffuso dalle discariche fognarie, e persino quando c’erano già le ferrovie, in quei punti nei vagoni si chiudevano i finestrini”. Lo storico Solovijov paragonò Mosca a Saturno, sia il pianeta che la città avevano attorno un anello, anche se quello della capitale russa era piuttosto maleodorante…

Naturalmente, i moscoviti cercavano in ogni modo possibile di risparmiare il denaro rinunciando ai servizi degli zolotari: svuotavano loro stessi i propri pozzi neri e versavano il loro contenuto oltre i recinti, in terreni vuoti, o direttamente in strada.

Dal 1875, la Duma della città di Mosca iniziò a emanare regolamenti obbligatori in materia di igiene. Furono fissati gli orari precisi per la rimozione dei liquami, le rotte dei convogli, e pubblicate le  regole per la costruzione di pozzi neri e latrine.

Ma tutte le regole e le multe poco poterono incidere. Il giornale “Russkaja Letopis” (Cronache Russe) nel 1871 fece un reportage dal centro di Mosca: “Stiamo seguendo l’odore. Ecco la Piazza Rossa e su di essa c’è l’unico monumento a Mosca ai liberatori della Russia nel 1612. Attorno ad esso c’è un focolaio d’infezione creato dai ruscelli maleodoranti che scorrono ai lati. Nella profondità della “città” [si intende la zona del mercato; ndr], nella sporcizia e nel fetore stanno le taverne cittadine. Dai cortili interni spesso scorrono direttamente nelle strade veri e propri ruscelli maleodoranti”.

Solo nel 1893 le autorità di Mosca iniziarono finalmente a costruire fognature e ad attrezzare gli impianti di trattamento delle acque reflue a Ljublino e poi a Ljubertsy, dove le acque nere venivano filtrate attraverso il terreno. Comunque, gli zolotari continuarono a girare per le strade di Mosca ancora fino agli anni Trenta.

Rifiuti domestici: discariche e straccivendoli

Man mano che la popolazione di Mosca cresceva, aumentava anche la quantità di rifiuti domestici. Non c’erano più abbastanza cani per mangiare tutti i resti delle carcasse di maiali e mucche macellati, che venivano vendute a migliaia a Okhotnyj Rjad, e quindi apparvero i raccoglitori di carogne.

Lo storico Georgij Andreevskij scrive: “A metà del XIX secolo, per le strade di Mosca apparvero furgoni e carrozzoni col fondo imbottito di ferro zincato e ricoperti da teloni o stuoie sporchi e strappati. Mentre si trascinavano lentamente per le strade, i passanti si tappavano il naso per il fetore insopportabile e gli abitanti delle case chiudevano le finestre”. Questi carrettieri raccoglievano ossa, tendini, zoccoli, teste di bestiame macellato e li portavano alle fabbriche che macinavano le ossa e producevano il sapone e la colla, situate alla periferia della città di allora, oltre l’attuale Terza circonvallazione di Mosca.

I rifiuti dalla maggior parte dei cortili cittadini venivano raccolti dagli straccivendoli. Giravano con carrelli per la città e raccoglievano stracci, ferro vecchio, scarti della produzione di scarpe e vestiti e altre carabattole. In un giorno, secondo Andreevskij, potevano raccogliere 8-10 pud (antica misura russa equivalente a 16,38 kg) di rifiuti.

Lo straccivendolo portava i suoi sacchi al magazzino degli stracci, dove li consegnava a peso, prendendo da 13 a 23 copeche per un pud. Nel magazzino la cianfrusaglia veniva smistata: gli stracci andavano alle cartiere, le ossa alle fabbriche di colla, il vetro alle fabbriche di vetro, mentre le bottiglie e le boccette integre potevano essere vendute a una bottega di vasellame.

Ma in tutta Mosca c’erano forse 100-200 di questi raccoglitori, e questo era troppo poco per una città già enorme. Di conseguenza, fuori città apparivano discariche spontanee. Il quotidiano “Moskovskie Vedomosti” (“Notiziario di Mosca”) scrisse: “Oltre l’avamposto Dorogomilovskaja, sui terreni dei contadini del villaggio di Fili, in un profondo burrone si scaricano i rifiuti. L’altro giorno, due spazzaturai rimasti a dormire di notte in questo burrone sono morti sotto i rifiuti cascati giù. Insieme a loro, nelle tane scavate pernottavano anche altri, che sono riusciti a risalire a stento da sotto i rifiuti. Loro hanno raccontato del crollo ai contadini locali, con l’aiuto dei quali i cadaveri dei due sfortunati sono stati esumati”.

A cavallo tra il XIX e il XX secolo, a Mosca si verificò una crisi dei rifiuti: le acque reflue e le discariche stavano per inghiottire la città. Spettò al potere sovietico risolvere questo annoso problema. 

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