Nei tempi antichi c’erano pochi rifiuti, rispetto al mondo contemporaneo. Tutto ciò che aveva valore – vestiti, stoviglie, oggetti per la casa – veniva usato e riparato fino a quando non si sfasciava completamente. Gli abiti venivano ricuciti e, quando cascavano a pezzi, venivano utilizzati come stracci o filaccia (batuffolo di fili che sostituiva l’ovatta). Tutti gli avanzi di cibo raccolti dal tavolo venivano dati in pasto al bestiame, gli oggetti di legno rotti venivano bruciati e la carta, ovviamente, veniva risparmiata.
Eppure, in una grande città, come già era Mosca nel XV secolo, c’erano più rifiuti di quanto si riuscisse a raccogliere e riciclare. Uno dei problemi principali erano le deiezioni umane e animali che, a causa della crescita della popolazione, divennero un problema di portata importante già nel XVII secolo.
Gli antichi moscoviti erano dei grandi sporcaccioni, come tutta la popolazione urbana dell’Europa medievale. Rifiuti e liquami venivano gettati direttamente in strada. Le latrine nelle stanze dei nobili spesso si affacciavano sul cortile o sui vicoli. Solo le strade principali, e neanche tutte, erano lastricate, mentre la maggior parte delle vie affogava nel fango misto a letame ed escrementi umani. Il letame attirava stormi di uccelli, e in primavera, quando tutto si scongelava, i residenti portavano il fango dalle strade negli orti nei pressi di Mosca, per concimarli.
Gli “zolotari”, gli svuotacessi, in azione nel 1910
Dominio pubblicoFino alla metà del XVII secolo non si parlava neanche lontanamente di pulire le strade e di osservare le norme sanitarie. Nemmeno dopo che, nel 1654, a Mosca e nella Russia centrale scoppiò un’epidemia di peste, che falciò fino a un terzo della popolazione, nulla cambiò, fino al 1699.
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Allora lo zar Pietro emanò una breve legge “Sull’osservanza della pulizia a Mosca e sulla punizione per aver gettato spazzatura e ogni tipo di immondizia nelle strade e nei vicoli” e da allora per queste trasgressioni la gente veniva frustata e multata.
Il luogo di sversamento delle acque nere alla periferia di Mosca dopo i danneggiamenti subiti dall’uragano del 1904
Dominio pubblicoMa ci volle un’altra epidemia di peste, nel 1771, affinché le autorità di Mosca obbligassero i proprietari di case a fare i pozzi neri, e per pulirli fu organizzata una squadra di zolotari (vuotacessi; bottinai) che giravano per le strade con barili e per un prezzo minimo asportavano il contenuto dei pozzi neri. All’inizio, a fare i vuotacessi venivano mandati i criminali che scontavano condanne per reati minori: per questo servizio ottenevano uno sconto di pena. A poco a poco, anche gli indigenti cominciarono a fare i vuotacessi, a titolo di salariati: era comunque un lavoro e in più c’era la piccola speranza di trovare nelle immondizie denaro o gioielli.
Una tipica latrina medievale, qui nel Castello di Trakai, in Lituania
Legion MediaI vuotacessi lavoravano di notte perché il loro lavoro era molto “aromatico”. Per questo, nel XIX secolo, i vuotacessi furono soprannominati Brocard, dal nome della più famosa fabbrica di profumi in Russia.
“La mattina presto, davanti alle nostre finestre sferragliava un convoglio con barili: sulle serpe, rinforzate con lunghi pali elastici, sballottavano gli zolotari, incitando malinconicamente i cavalli e gustandosi in movimento un kalach [un tipo di pane bianco con un lato a forma di “maniglia”] fresco o un pezzo di sitnyj [pane di farina vagliata]. Allora i passanti si voltavano, si turavano il naso e mormoravano: ‘Stanno arrivando i Brocard’”, ricordò il critico teatrale moscovita Jurij Bakhrushin.
Dopo aver girato la parte della città di loro competenza, gli zolotari si recavano in borgate, oltre il Kamer-Kollezhskij Val, la circonvallazione che all’epoca era il confine di Mosca, e versavano il contenuto dei loro barili nei bacini idrici di periferia o nel corso inferiore del fiume Moscova. Nel quartiere di Lefortovo c’è ancora la via Zolotaja, che attraversa l’ex Kamer-Kollezhskij Val: lungo di essa gli zolotari portavano il loro carico alla periferia dietro Vladimirskij trakt, la strada maestra per Vladimir. Interessante notare che “zoloto” in russo significa “oro” e gli “zolotari” erano quindi gli “orefici” o i “porta-oro”. Insomma, un nome ironico-eufemistico.
Verso la metà del XIX secolo, Mosca era circondata da un anello di immondizia e liquami. Lo storico Nikolaj Kareev ricordò: “Avvicinandosi a Mosca a cavallo, ci si tappava il naso per il fetore diffuso dalle discariche fognarie, e persino quando c’erano già le ferrovie, in quei punti nei vagoni si chiudevano i finestrini”. Lo storico Solovijov paragonò Mosca a Saturno, sia il pianeta che la città avevano attorno un anello, anche se quello della capitale russa era piuttosto maleodorante…
Ljublinskie poljá: quest‘area di mille ettari sulla Moscova, nei pressi del villaggio di Marino (poi assorbito da Mosca) veniva irrigata e concimata con le acque di scarico, dopo una sommaria depurazione (poi migliorata negli anni, in particolare dopo il 1938). Rimase attivo dal 1898 al 1978
Dominio pubblicoNaturalmente, i moscoviti cercavano in ogni modo possibile di risparmiare il denaro rinunciando ai servizi degli zolotari: svuotavano loro stessi i propri pozzi neri e versavano il loro contenuto oltre i recinti, in terreni vuoti, o direttamente in strada.
Struttura rialzata nei Ljublinskie poljá
Dominio pubblicoDal 1875, la Duma della città di Mosca iniziò a emanare regolamenti obbligatori in materia di igiene. Furono fissati gli orari precisi per la rimozione dei liquami, le rotte dei convogli, e pubblicate le regole per la costruzione di pozzi neri e latrine.
Ma tutte le regole e le multe poco poterono incidere. Il giornale “Russkaja Letopis” (Cronache Russe) nel 1871 fece un reportage dal centro di Mosca: “Stiamo seguendo l’odore. Ecco la Piazza Rossa e su di essa c’è l’unico monumento a Mosca ai liberatori della Russia nel 1612. Attorno ad esso c’è un focolaio d’infezione creato dai ruscelli maleodoranti che scorrono ai lati. Nella profondità della “città” [si intende la zona del mercato; ndr], nella sporcizia e nel fetore stanno le taverne cittadine. Dai cortili interni spesso scorrono direttamente nelle strade veri e propri ruscelli maleodoranti”.
Inizio della costruzione della rete fognaria di Mosca, 1898
Dominio pubblicoSolo nel 1893 le autorità di Mosca iniziarono finalmente a costruire fognature e ad attrezzare gli impianti di trattamento delle acque reflue a Ljublino e poi a Ljubertsy, dove le acque nere venivano filtrate attraverso il terreno. Comunque, gli zolotari continuarono a girare per le strade di Mosca ancora fino agli anni Trenta.
Man mano che la popolazione di Mosca cresceva, aumentava anche la quantità di rifiuti domestici. Non c’erano più abbastanza cani per mangiare tutti i resti delle carcasse di maiali e mucche macellati, che venivano vendute a migliaia a Okhotnyj Rjad, e quindi apparvero i raccoglitori di carogne.
Magazzini di stracci (che venivano utilizzati per la produzione di carta) a Kondrovo, 1908
Dominio pubblicoLo storico Georgij Andreevskij scrive: “A metà del XIX secolo, per le strade di Mosca apparvero furgoni e carrozzoni col fondo imbottito di ferro zincato e ricoperti da teloni o stuoie sporchi e strappati. Mentre si trascinavano lentamente per le strade, i passanti si tappavano il naso per il fetore insopportabile e gli abitanti delle case chiudevano le finestre”. Questi carrettieri raccoglievano ossa, tendini, zoccoli, teste di bestiame macellato e li portavano alle fabbriche che macinavano le ossa e producevano il sapone e la colla, situate alla periferia della città di allora, oltre l’attuale Terza circonvallazione di Mosca.
Cartolina di una serie sui “tipi russi”. Questa raffigura un tataro che lavora come straccivendolo. La foto è stata scattata in vicolo Arkhangelskij nel 1903-04
Dominio pubblicoI rifiuti dalla maggior parte dei cortili cittadini venivano raccolti dagli straccivendoli. Giravano con carrelli per la città e raccoglievano stracci, ferro vecchio, scarti della produzione di scarpe e vestiti e altre carabattole. In un giorno, secondo Andreevskij, potevano raccogliere 8-10 pud (antica misura russa equivalente a 16,38 kg) di rifiuti.
Carri di stracci per le strade di Mosca
Dominio pubblicoLo straccivendolo portava i suoi sacchi al magazzino degli stracci, dove li consegnava a peso, prendendo da 13 a 23 copeche per un pud. Nel magazzino la cianfrusaglia veniva smistata: gli stracci andavano alle cartiere, le ossa alle fabbriche di colla, il vetro alle fabbriche di vetro, mentre le bottiglie e le boccette integre potevano essere vendute a una bottega di vasellame.
Gli straccivendoli potevano raccogliere anche 8-10 pud (antica misura russa equivalente a 16,38 kg) di merce di scarto al giorno
Dominio pubblicoMa in tutta Mosca c’erano forse 100-200 di questi raccoglitori, e questo era troppo poco per una città già enorme. Di conseguenza, fuori città apparivano discariche spontanee. Il quotidiano “Moskovskie Vedomosti” (“Notiziario di Mosca”) scrisse: “Oltre l’avamposto Dorogomilovskaja, sui terreni dei contadini del villaggio di Fili, in un profondo burrone si scaricano i rifiuti. L’altro giorno, due spazzaturai rimasti a dormire di notte in questo burrone sono morti sotto i rifiuti cascati giù. Insieme a loro, nelle tane scavate pernottavano anche altri, che sono riusciti a risalire a stento da sotto i rifiuti. Loro hanno raccontato del crollo ai contadini locali, con l’aiuto dei quali i cadaveri dei due sfortunati sono stati esumati”.
Il villaggio di Fili. Un tempo già quando si arrivava qui si poteva iniziare a sentire il gran fetore della città
Dominio pubblicoA cavallo tra il XIX e il XX secolo, a Mosca si verificò una crisi dei rifiuti: le acque reflue e le discariche stavano per inghiottire la città. Spettò al potere sovietico risolvere questo annoso problema.
Vista dell’incrocio di Tsarskoe (dall’album su Marjina Roshcha e Ostankino nel 1913). Molte strade erano in queste condizioni
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