Gli anni Quaranta del 1200 furono un periodo molto difficile per la Rus’. Mentre era in corso la devastante invasione tararo-mongola (1237-1480), parecchie minacce vennero anche dall’Occidente, pertanto il principe di Novgorod Aleksandr Jaroslavich si mise a capo delle truppe che difendevano il Nord-Ovest del territorio russo.
Il principale nemico erano i Cavalieri teutonici e alcuni vescovadi dei territori baltici (Vescovado di Dorpat e Terra Marina; la Livonia medievale). Nel 1242, sul Lago dei Ciudi (noto anche come lago Peipsi o lago Peipus; oggi al confine tra Russia ed Estonia), il principe di Novgorod ottenne una brillante vittoria in quella che oggi è conosciuta come Battaglia del lago ghiacciato.
Un altro pericolo erano gli svedesi che stavano attivamente conquistando i popoli finnici, ma di tanto in tanto attaccavano anche le terre russe. Nel 1240 il principe Aleksandr sconfisse gli svedesi nella storica battaglia sul fiume Neva. Dopo questa vittoria gli fu dato l’appellativo “Nevskij” (cioè, della Neva).
Pur combattendo senza esitazione contro le forze occidentali, Aleksandr, nel contempo, era molto cauto nei suoi rapporti con l’Oriente, preferendo negoziare con i mongoli per evitare una guerra contro un avversario decisamente più forte. Il principe morì nel 1263. Poco prima di morire, aveva preso i voti di “velikaja skhima” (“terza tonsura”; il grado supremo di ascesi monastica) con il nome di Aleksíj.
Aleksandr Nevskij fu canonizzato dalla Chiesa nel 1547. Lo storico Nikolaj Karamzin (1766-1826) scrisse: “I russi, anime buone, annoverarono Nevskij fra i loro angeli custodi e per secoli attribuirono a lui, come nuovo protettore celeste della Patria, ogni sorta di eventi favorevoli alla Russia”.
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In difesa delle terre russe si schierò anche il pronipote di Aleksandr Nevskij, il principe di Mosca Dmitrij Ivanovich, soprannominato Donskój (del Don) dopo la sua vittoria sui mongoli, ottenuta nel 1380.
La battaglia ebbe luogo l’8 settembre 1380 sul campo di Kulikovo, dove il fiume Neprjadva confluisce nel Don (vicino all’odierna città di Tula). Le truppe dei principati russi affrontarono l’esercito del condottiero mongolo Mamaj.
Scambiando i suoi abiti principeschi con quelli di uno dei boiardi, Dmitrij si lanciò in battaglia come un semplice soldato. “Tutta l’armatura del principe era ammaccata e trafitta, ma non c’erano ferite sul suo corpo; affrontava i tatari faccia a faccia, davanti agli altri, nella prima linea dei combattenti. Molti principi e comandanti gli dissero più volte: ‘Principe, signore, non cercare di essere il primo, stai piuttosto dietro, o sull’ala, o in qualche altro posto lontano’. Egli rispondeva loro: ‘Posso forse dire Fratelli, andiamo tutti avanti come una sola persona’, e poi nascondermi la faccia e ripararmi dietro alle vostre spalle?”, riferivano le cronache.
La battaglia, “accanita, grande e crudele”, terminò con la disfatta totale delle truppe di Mamaj. Sebbene non fosse ancora la fine della dipendenza politica ed economica dallo Stato mongolo (la liberazione avvenne cent’anni dopo, nel 1480), la battaglia di Kulikovo fu determinante per l’acquisizione dell’indipendenza.
Nel 1988 Dmitrij Donskoj è stato canonizzato dalla Chiesa ortodossa come difensore della terra russa e uomo di grande umiltà. I contemporanei del principe ne esaltavano la religiosità, la magnanimità cristiana, la misericordia e altre qualità altamente morali.
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L’unico ufficiale di Marina tra i santi della Chiesa russa è l’ammiraglio Fjodor Fjodorovich Ushakov. Grandi o piccole che fossero, questo brillante ammiraglio vinse tutte le sue battaglie navali.
Ushakov raggiunse l’apice della sua gloria durante la Guerra russo-turca del 1787-1791, nel corso della quale inflisse ai turchi una serie di sconfitte assai dure. Affrontava coraggiosamente il nemico anche quando questi aveva superiorità numerica. Non temeva i rischi e trovava sempre degli stratagemmi per vincere.
È paradossale che l’ammiraglio, che aveva vinto numerose battaglie contro i turchi, nel 1798 comandò in battaglia proprio le navi turche. Quando, durante la Seconda coalizione antifrancese, la Russia e l’Impero ottomano strinsero l’alleanza, Ushakov fu messo a capo della flotta unificata che vinse numerose battaglie nel Mediterraneo.
Congedatosi dalla Marina, dedicò gli ultimi anni della sua vita alla Chiesa, alla preghiera e all’opera di beneficenza. Andava regolarmente a pregare in un monastero, e, malgrado l’età per l’epoca già venerabile (aveva più di 60 anni), in piedi, insieme ai frati, assisteva alle lunghe liturgie dall’inizio alla fine. Durante il “Velikij post”, la Quaresima ortodossa, si ritirava nel monastero, dove gli era stata assegnata una cella.
Nel 2004 Ushakov è stato canonizzato come milite e Giusto di Dio. Il suo Atto di canonizzazione constatava: “La forza del suo spirito cristiano si manifestò non soltanto nelle sue gloriose vittorie nel corso delle battaglie per la Patria, ma anche nel suo grande spirito misericordioso che stupiva persino i nemici da lui sconfitti… la misericordia dell’ammiraglio Fjodor Ushakov era per tutti”.
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