Tutto quello che c’è da sapere sulla Guerra civile russa

Fu uno dei più cruenti conflitti politico-militari della storia dell’umanità, e costò la vita a un numero compreso tra i 10 e i 17 milioni di persone. Quali erano gli interessi delle parti coinvolte? Chi erano i “rossi”, i “bianchi” e i “verdi”? Quale fu il ruolo delle potenze estere, e perché, alla fine, vinsero i bolscevichi?

Dopo la Rivoluzione di Febbraio del 1917 in Russia fu rovesciata la monarchia e fu proclamata la repubblica. Tuttavia, ciò portò a un aggravamento dei già enormi problemi sociali, politici ed economici del Paese, indebolito dalla Prima guerra mondiale. 

Nello stesso anno la Russia fu sconvolta da una seconda rivoluzione, quella di Ottobre (novembre secondo il nuovo calendario), che portò al potere i bolscevichi. Tuttavia, una grande parte della popolazione non condivideva le idee socialiste. Per questo motivo, l’inizio della Guerra civile viene di solito fatto coincidere con la rivolta del 7 novembre 1917 a Pietrogrado (San Pietroburgo), organizzata dai bolscevichi e passata alla storia come Rivoluzione di Ottobre.

L’ultimo imperatore di Russia, Nicola II, e sua moglie Aleksandra Fjodorovna

Cercando di uscire quanto prima dalla Prima guerra mondiale, il governo di Lenin stipulò con la Germania un trattato di pace che venne firmato il 3 marzo 1918 a Brest-Litovsk. In conformità alle condizioni, durissime, di questo trattato, il paese perdeva tutta la Polonia, l’Ucraina e i paesi Baltici. Questa “Pace infame” scioccò profondamente la società russa, moltiplicando il numero di coloro che si schierarono contro il potere dei Soviet, esortando a non cedere neanche un palmo di terra russa.

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A partire dall’estate del 1918, la Guerra civile cominciò a espandersi a macchia d’olio. Alla fine, nella guerra furono coinvolti non solo i bolscevichi e i loro diretti oppositori politici, ma anche le numerose correnti anarchiche, gli eserciti insurrezionali, i nuovi Stati “indipendenti” sorti alla periferia dell’ex impero, nonché le potenze occidentali che cercavano di trarre il massimo vantaggio dalla situazione in cui era finita la Russia.

Manifestazione bolscevica in occasione della Festa del Lavoro

Il conflitto raggiunse il suo apice nel 1919, quando si combatteva ormai nelle periferie di Mosca e Pietrogrado, e finì con la vittoria del potere sovietico nell’Estremo Oriente nel 1922. 

Dopo questo successo, in Russia si affermò saldamente il socialismo, il che ebbe conseguenze epocali per tutta la storia mondiale del XX secolo. 

Ma quali erano gli interessi delle parti? Chi erano i “rossi”, i “bianchi” e i “verdi”? Quale fu il ruolo delle potenze estere e perché, alla fine, i bolscevichi ottennero la vittoria?

Chi erano i “rossi”?

Soldati dell’Armata Rossa

I sostenitori di Lenin e del partito dei bolscevichi costituivano la cosiddetta ala “rossa”. Il colore del sangue diventò simbolo della Rivoluzione, della sinistra, del socialismo e del comunismo.

Inizialmente, le forze armate del nuovo potere erano composte dai volontari delle Guardie Rosse. Poi, alla fine di gennaio del 1918, fu costituita l’Armata Rossa degli Operai e dei Contadini. Nonostante questa denominazione, dell’esercito facevano parte non solo operai e contadini, ma anche rappresentanti di altri strati della società russa, che condividevano gli ideali della Rivoluzione.

In particolare, molti ex ufficiali dell’esercito zarista si arruolarono nell’Armata Rossa in qualità di “specialisti militari”. Il primo Comandante in capo delle forze armate della Russia sovietica fu l’ex colonnello dell’esercito imperiale Jukums Vācietis.

In parallelo con l’Armata Rossa, nelle retrovie del nemico operavano numerosi gruppi di partigiani, che venivano creati dalle cellule del partito, ma che si costituivano anche spontaneamente, tra gli abitanti locali.

Chi erano i “bianchi”?

Le truppe bianche passate in rassegna

Durante la Guerra civile i “rossi” erano contrastati dai “bianchi” (colore che all’epoca della Rivoluzione francese si associava all’opposizione), i quali, come sostenevano i bolscevichi, lottavano per il potere “dello zar, dei grandi proprietari terrieri e dei capitalisti”. 

La verità è che non tutte le forze “bianche” volevano restaurare la monarchia. Tutti, però, rigettavano l’ideologia bolscevica, pertanto sotto le bandiere “bianche” combattevano rappresentanti delle più varie correnti politiche. 

Considerando la natura specifica della Guerra civile, è difficile parlare di una precisa linea del fronte. È noto però che fin quasi alla fine del conflitto intere regioni furono controllate dalle forze che le occupavano. 

Per esempio, le regioni occidentali del paese, comprese Mosca e Pietrogrado, erano saldamente controllate dai bolscevichi, mentre i capisaldi dei “bianchi” erano i territori lungo il fiume Don nel Sud del Paese, la Siberia e le città di Arkhangelsk e Murmansk nel Nord della Russia.

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Chi erano i “verdi”?

Contadini impegnati nella Rivolta antibolscevica di Tambov

La terza forza della Guerra civile furono i cosiddetti “verdi”, e cioè, i contadini, i cosacchi e ogni sorta di anarchici, ai quali non piacevano né i “bianchi” né i “rossi”. 

Per non essere arruolati coercitivamente dalle due parti in guerra, i “verdi” si riparavano nelle foreste (da qui il nome). In alcuni casi riuscirono a creare delle formazioni armate abbastanza grandi, che furono in grado di controllare territori anche molto estesi.

In particolare, nel 1920, nel governatorato di Tambov, a Sud di Mosca, scoppiò una grande rivolta contro i bolscevichi, comandata da Aleksandr Antonov. Il suo Esercito partigiano unificato contava più di 50 mila uomini, ed è con molta fatica che le truppe sovietiche riuscirono a sconfiggerlo.

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I “verdi” di solito combattevano entrambi, sia  i “bianchi” che  i “rossi”, ma in alcune circostanze potevano accettare un accordo con una delle parti. L’anarchico Nestor Makhnó (1889-1934), che comandava l’Esercito insurrezionale rivoluzionario d’Ucraina, diverse volte strinse l’alleanza con i bolscevichi, ma alla fine si schierò nuovamente contro di essi, fu sconfitto e fuggì dal Paese.      

L’intervento straniero

Truppe statunitensi durante l’intervento armato in Russia

Con la firma del trattato di Brest-Litovsk i tedeschi occuparono tutta l’Ucraina e i Paesi Baltici, mentre la Polonia già era controllata da loro. Il ritiro dai territori dell’ex impero Russo cominciò soltanto dopo la Rivoluzione di Ottobre e la caduta della monarchia in Germania.

La pace di Brest-Litovsk causò anche un massiccio intervento da parte delle potenze della Triplice intesa. Gli alleati volevano riportare la Russia in guerra, per questo si schierarono a fianco dei “bianchi” che avevano dichiarato che, dopo la presa di potere, avrebbero continuato la guerra contro i tedeschi fino alla vittoria. Nei porti della Russia sbarcarono dei contingenti militari di Gran Bretagna, Francia, Usa, Italia, Canada, Australia e Grecia.

Persino dopo la fine della Prima guerra mondiale, i Paesi della Triplice Intesa non avevano fretta di ritirare le loro truppe. Cercavano di strumentalizzare il caos, nel quale era sprofondata la Russia, per trarne dei benefici politici ed economici. Lottavano soprattutto contro i partigiani, cercando di tenersi lontano dai fronti dove infuriavano i combattimenti. Il ritiro delle forze alleate cominciò nella seconda metà del 1919, quando ormai era chiaro che l’Armata “bianca” non poteva più vincere.

Un ufficiale inglese decora gli ufficiali della Legione cecoslovacca in Russia, che combatterono al fianco dei Bianchi nella Guerra civile russa

Gli ultimi a lasciare il suolo russo furono i giapponesi. Le ambizioni del Giappone riguardavano vasti territori nell’Estremo Oriente e in Siberia, che l’impero nipponico intendeva controllare direttamente o tramite uno stato fantoccio. 

Non avendo la possibilità di affrontare i giapponesi direttamente, i bolscevichi cercavano di espellerli con metodi diplomatici e fomentando la guerriglia. C’è da notare che la parte settentrionale dell’isola di Sakhalin ritornò sotto il controllo dei Soviet soltanto nel 1925.

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Quant’era terribile il terrore “rosso” e “bianco”?

Cadaveri delle vittime del terrore rosso nell’inverno del 1918 a Evpatoria, in Crimea

Ogni guerra civile è estremamente crudele, e il conflitto russo non fece eccezione. La violenza nei confronti dei nemici di classe e dei controrivoluzionari fu ufficialmente sancita nella Russia dei Soviet con il decreto del 5 settembre 1918 “Sul terrore rosso”.

Complessivamente, circa 2 milioni di persone diventarono vittime del terrore “rosso”, scatenato dal potere. Il terrore “bianco” causò la morte di circa mezzo milione di persone, ma questa differenza non è dovuta all’umanità dei nemici dei bolscevichi, ma soltanto al fatto che i “bianchi” controllavano regioni meno popolate. 

Per quel che riguarda la crudeltà, gli avversari erano degni l’uno dell’altro. In Siberia, le rappresaglie da parte delle truppe dell’ammiraglio Aleksandr Kolchak provocarono numerose rivolte contro i “bianchi”, che divennero una delle principali cause della caduta del regime dell’autoproclamato “Comandante supremo della Russia”.

Anche gli alleati occidentali non rimasero con le mani in mano quanto a violenza: uccisero più di 111 mila cittadini russi.

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Perché i bolscevichi hanno vinto?

Le truppe bianche depongono le armi

Una delle principali cause della sconfitta dei “bianchi” fu la mancanza di unità. Divisi, l’uno dall’altro, da varie istanze, i loro generali non potevano coordinare le azioni delle truppe. Per di più, non di rado, i vari schieramenti antisovietici non solo lottavano contro il nuovo potere, ma erano anche in guerra tra di loro.

Ai “bianchi” mancava l’unità politica, non avevano una precisa ideologia, a parte l’antibolscevismo e l’integrità territoriale del Paese. I bolscevichi, invece, proponevano un programma politico, sociale ed economico ben strutturato, ed erano abili con la propaganda.

Nelle mani dei “rossi” finirono molte regioni industriali densamente popolate, dove riuscirono a creare, anche con metodi assai crudeli, un sistema abbastanza efficiente di amministrazioni civili e militari. In pochissimo tempo crearono un sistema di formazione dei comandanti e degli specialisti tecnici e, inoltre, attirarono dalla loro parte circa il 70% degli ex ufficiali dell’esercito imperiale.

Nel corso della Guerra civile, i bolscevichi operarono come una forza monolitica, reagendo con efficienza a tutte le minacce e spostando tempestivamente le truppe per contrastarle. Così, dopo aver sconfitto le truppe di Kolchak negli Urali nella primavera del 1919, l’Armata Rossa riuscì a bloccare, e poi a respingere, l’offensiva delle Forze armate del Sud della Russia, comandate da Anton Denikin, che avanzavano in direzione di Mosca, e dell’Esercito del Nord Ovest del generale Nikolaj Judenich, diretto contro Pietroburgo. Dopo queste dure sconfitte, i “bianchi” non avevano più nessuna speranza.

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