“Fiera” in russo si dice “jármarka”. Questa parola di origine tedesca è composta di due vocaboli: Jahr – anno, e markt – mercato. In Russia le prime fiere comparvero soltanto nel XVII secolo, quando nel Paese cominciarono a venire in massa mercanti delle città tedesche. Furono appunto i tedeschi a promuovere le prime fiere in grandi città e in importanti crocevia commerciali. A questi eventi, compratori e venditori confluivano da tutte le parti.
In Russia gli spazi riservati al commercio, dove i venditori portavano le loro derrate e manufatti, si chiamavano “torg” (piazza di contrattazione). Fino al XVII secolo, la Piazza Rossa di Mosca si chiamava, appunto, Torg (con la “t” maiuscola) e, quindi, era la piazza dei commercianti; del commercio. Nella maggioranza delle città russe, però, funzionavano soltanto dei “torzhok” (diminutivo di “torg”), oltre, ovviamente, a normali mercati.
Qual era la differenza tra un torzhok e una jarmarka?
Le fiere erano un’istituzione regolare, dove, di anno in anno, i commercianti arrivavano da ogni angolo del Paese, mentre i “torg” erano una realtà locale, senza date di svolgimento prestabilite. I grandi raduni commerciali, in Russia, già erano assimilabili alle fiere, ma fino al XVII secolo continuarono ad essere chiamati “torg”: torg di Mologa, torg di Marakevo, ecc.
Nelle piazze e piazzette di contrattazione (“torg” e “torzhok”), e nei mercati, a commerciare erano gli abitanti locali. I “torzhok” si organizzavano alcune volte all’anno, il mercato era settimanale.
Nel corso del XIV secolo si affermò il Torg di Mologa, noto anche come il Torg di Cholopje o di Borisoglebskoe (paese ora allagato dal Bacino di Rybinsk). Il torg di Mologa era regolare, restava aperto per quattro mesi all’anno (da giugno a settembre o da maggio fino ad agosto, a seconda del tempo e di altre circostanze).
Una peculiarità di questa piazza consiste nel fatto che i soldi, qui, quasi non circolavano: tedeschi, polacchi, greci, armeni, persiani, italiani, turchi – tutti venivano per barattare le merci. Certe volte, i commercianti erano così tanti che le loro navi sbarravano totalmente il corso del fiume
Volga, che a Borisoglebskoe raggiungeva 500 – 600 metri di larghezza; passando da una nave all’altra, la gente poteva attraversare il fiume a piedi.
Entro la fine del XVI secolo Nizhnij Novogorod divenne il più grande centro commerciale della Russia.
Quali erano le fiere più grandi?
La prima grande jarmarka della Russia fu quella di Makarevo, già torg di Makarevo, che deve il suo nome al Monastero Zheltovskij, situato nella località che si chiamava, appunto, Makarevo. All’epoca, la fiera si trovava vicino al monastero, a 90 km da Nizhnij Novgorod, ma all’inizio del XIX secolo fu trasferita nella città di Nizhnij Novgorod, dove furono costruiti dei moderni padiglioni fieristici.
Inizialmente, la fiera di Makarevo era sulla riva del Volga, tra i punti in cui i fiumi Oka e Kama confluivano nel più grande corso d’acqua della Russia europea. Il posto si trovava su un’importante rotta commerciale, inaugurata dopo le conquiste di Kazan e Astrakhan da parte dei russi (1552-1556), in seguito alle quali lo zar Ivan il Terribile (Ivan IV) diede il via al commercio con la Persia.
Oltre a quella di Makarevo, in Russia c’erano anche le fiere di Irbit, Perm, Orenburg, Barnaul e tante altre fiere più piccole. Nel 1864, in Russia, si tennero più di 18 mila fiere, il fatturato complessivo fu di oltre 1 miliardo di rubli (per fare un confronto, nel 1866 le entrate complessive del bilancio statale della Russia erano di 363.475.811 rubli).
Le fiere russe assomigliavano a moderni centri commerciali
Ogni fiera, e ogni mercato, non sono soltanto un posto dove si vende e si compra. Sono, innanzitutto, un luogo di ritrovo, un’occasione per divertirsi, per esprimersi e dar sfogo alla propria originalità. Da questo punto di vista, la fiera assomiglia all’agorà degli antichi greci e ai moderni centri commerciali.
Sul prato di Mologa c’erano ben 70 osterie, pronte a ospitare i clienti, pertanto ogni fiera era anche una pericolosa trappola: chi si metteva a bere, rischiava di perdere tutto, compresi i vestiti che aveva addosso. Tuttavia, le osterie erano un luogo per bere, mentre per divertirsi bisognava andare in piazza. Era qui che davano spettacoli i “petrushniki” (burattinai), si esibivano i circensi con i loro orsi addomesticati, si organizzavano i combattimenti di galli e di oche.
Tuttavia, una delle maggiori attrazioni delle fiere era il “rajok” (raree show o peep-show), teatrino che anticipò il cinematografo. Era una “casetta” di legno, con sul davanti una o due lenti di ingrandimento, con base fissa o carrellata. Attraverso le lenti di ingrandimento, due persone potevano guardare lo spettacolo contemporaneamente. Dentro scorreva uno schermo di carta, azionato dal proprietario, sul quale erano disegnate delle immagini. Talvolta lo schermo era illuminato da candele. Il “film” poteva essere anche a colori, per questo alle lenti venivano sovrapposti dei vetri colorati. Il teatrino si chiamava “rajok” (“piccolo paradiso” in russo), perché le immagini riguardavano soprattutto temi religiosi; il più delle volte raffiguravano il Natale.
Tuttavia, la “pellicola” era soltanto una parte del divertimento. Il bello veniva dopo, quando il “rajoshnik”, il proprietario o gestore del teatrino, cominciava a commentare. Trovava le rime per ogni immagine, fossero esse vedute di Parigi o Mosca, episodi della battaglia di Borodino o di quella di Poltava, o altre scene della vita russa o “d’oltreoceano”: “Guardate, curiosate: ecco Parigi, grande città; chi c’entra una volta, dentro ci sta; ecco la colonna di Napoleone; i francesi ci vanno in gita, pulendosi il naso con le dita…”
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