“Operation Monopoly”: quando l’Fbi scavò un tunnel sotto l’ambasciata sovietica a Washington

Russia Beyond (Foto: Legion Media)
Si è trattato probabilmente di uno dei più audaci progetti di spionaggio intrapresi durante la Guerra Fredda, nonché di uno dei più costosi e dei più fallimentari per gli Stati Uniti

Gli Stati Uniti e l’Urss sono stati impegnati in un gioco al gatto e al topo di spionaggio e controspionaggio per tutta la durata della Guerra Fredda. E alcuni tentativi di spionaggio sono stati davvero notevoli. Con il nome in codice di “Operation Monopoly”, un progetto di spionaggio statunitense supersegreto aveva raggiunto livelli altissimi, ma alla fine fallì in modo clamoroso.

La casa di fronte

Nel 1977, alcuni misteriosi abitanti si trasferirono in una casa con tre camere da letto in Wisconsin Avenue, a Washington D.C. La posizione della casa fu il motivo principale per cui i nuovi proprietari acquistarono questa proprietà. Le sue finestre offrivano una vista senza ostacoli su un cantiere dall’altra parte della strada.

Sul lato opposto della via era in corso la costruzione della nuova ambasciata sovietica negli Stati Uniti. La posizione della nuova sede diplomatica era a dir poco strategica. Il nuovo complesso veniva costruito su una collina, il secondo punto più alto della capitale statunitense. A tre miglia di distanza si trovava la Casa Bianca; Capitol Hill si trovava a un miglio di distanza.

L’ambasciata della Federazione Russa (e in passato dell’Unione Sovietica) negli Stati Uniti, al 2650 di Wisconsin Ave., N.W., Washington, DC. L’architetto fu il celebre Mikhail Posokhin (1910-1989)

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Sorprendentemente, il Dipartimento di Stato americano non si consultò per tempo con i servizi segreti quando approvò l’assegnazione del terreno ai sovietici, e il controspionaggio statunitense fu colto di sorpresa. 

“Eravamo assolutamente imbufaliti. Il Dipartimento di Stato non si era preoccupato di consultare l’intelligence, né l’Fbi né la Nsa”, ha scritto l’ex agente dell’Fbi Dick Alu in un libro sul caso.

La principale preoccupazione dei servizi di sicurezza statunitensi era che la posizione della nuova ambasciata avrebbe permesso ai sovietici di intercettare e di origliare le comunicazioni radio, il che significa che il loro rivale nella Guerra Fredda avrebbe potuto teoricamente ascoltare le comunicazioni segrete tra la Casa Bianca, il Dipartimento di Stato, il Pentagono e la Cia.

La principale preoccupazione dei servizi di sicurezza statunitensi era che l’ubicazione della nuova ambasciata, sul secondo colle più alto di Washington, avrebbe consentito ai sovietici di intercettare le comunicazioni tra i palazzi del potere Usa

Per eliminare il minaccioso pericolo, l’Fbi, insieme alla Nsa (National Security Agency), intraprese un audace progetto di spionaggio: l’“Operation Monopoly.

Il Kgb in massima allerta

L’intelligence statunitense doveva mettere sotto intercettazione la nuova ambasciata sovietica. Tuttavia, era più facile a dirsi che a farsi. I sovietici avevano affinato le loro capacità di controspionaggio durante la lunga rivalità della Guerra Fredda. Inventavano continuamente nuovi metodi che permettevano loro di spiare i diplomatici americani in Unione Sovietica. Ad esempio, quando alla fine degli anni Settanta si stava costruendo l’ambasciata americana a Mosca, il Kgb la riempì di cimici nella fase di costruzione. Inoltre, il Kgb rese Mosca la destinazione più difficile da raggiungere per gli agenti della Cia in tutto il mondo.

Supponendo che lo stesso schema sarebbe stato applicato contro di loro negli Stati Uniti, i sovietici adottarono misure precauzionali accurate per evitare che ciò accadesse. Ogni telaio di finestra veniva smontato, ispezionato alla ricerca di cimici e poi riassemblato prima di essere approvato per l’installazione; le lastre di marmo utilizzate per i rivestimenti erano specificamente selezionate in modo da non avere cavità vuote in cui potessero essere inserite le cimici; inoltre, il Kgb passava ai raggi X ogni centimetro di materiale da costruzione la notte prima che venisse messo in opera dagli operai edili.

Per aggirare l’apparentemente impenetrabile muro dei sovietici, l’Fbi dovette pensare fuori dagli schemi. Ben presto si trovò di fronte a un’idea non convenzionale e oltraggiosamente costosa. 

Il tunnel

L’intelligence statunitense decise di acquistare una casa dall’altra parte della strada rispetto al cantiere, di scavare un tunnel che dalla casa portasse direttamente all’ambasciata sovietica e di installare le apparecchiature di intercettazione direttamente sotto di essa. 

Sorprendentemente, il Dipartimento di Stato americano non si era consultato con l’intelligence quando aveva approvato l’assegnazione del lotto di terra per la costruzione della nuova ambasciata ai sovietici, prendendo in contropiede il controspionaggio statunitense

In caso di successo, l’apparecchiatura nel tunnel avrebbe permesso all’intelligence americana di ascoltare le comunicazioni sovietiche che avvenivano nella nuova ambasciata, rivelando così se i sovietici avevano ottenuto l’accesso a comunicazioni governative segrete o meno.

L’Fbi iniziò a scavare il tunnel mentre l’ambasciata sovietica era ancora in costruzione. Il lavoro doveva essere eseguito con estrema cautela per non allertare il Kgb, che era costantemente in guardia per difendere la nuova ambasciata. Il progetto fu quindi tenuto segreto e la terra e il terreno scavato vennero portati via solo durante la notte. 

La costruzione della nuova ambasciata sovietica si trascinò per decenni, così come la costruzione del tunnel di spionaggio. Complessivamente, l’“Operazione Monopoli” richiese più di un decennio per essere completata e costò al bilancio degli Stati Uniti centinaia di milioni di dollari.

A un certo punto, alcuni alti funzionari dell’Fbi misero in discussione il progetto, proprio a causa della quantità di denaro che richiedeva. In caso fosse stato scoperto, milioni di dollari sarebbero semplicemente andati in fumo.

Inoltre, l’Fbi non aveva uno pianta precisa del nuovo edificio dell’ambasciata.

“Il problema era che non si sapeva la destinazione d’uso. Avevamo il progetto, ma non conoscevamo la funzione delle stanze. Poteva essere una sala fotocopiatrici o un magazzino. Quello che si voleva era la sala caffè, dove la gente parla. O una stanza sicura dove pensavano che nessuno potesse sentirli”, ha dichiarato un ex agente dell’Fbi.

Ma la preoccupazione principale della comunità dei servizi segreti statunitensi fu che le cimici di spionaggio avanzatissime inserite nel tunnel dopo il suo completamento non davano alcun risultato. Una possibile spiegazione era che i sovietici le avessero individuate e neutralizzate. Per quanto doloroso, l’intelligence statunitense dovette supporre che ci fosse una talpa all’interno dei suoi ranghi.

L’agente doppiogiochista

I peggiori timori dell’Fbi divennero realtà solo nel 2001, quando l’esistenza del tunnel fu rivelata pubblicamente dopo che l’agente dell’Fbi Robert Hanssen fu arrestato e accusato di spionaggio dieci anni dopo il crollo dell’Urss. 

Robert Philip Hanssen (1944-), ex agente doppiogiochista dell’Fbi, che per 22 anni passò informazioni importantissime al Kgb. Per evitare la pena capitale, nel 2001 si dichiarò colpevole dei 15 capi di imputazione. Sconta l'ergastolo nel carcere di massima sicurezza ADX Florence, in Colorado

Si scoprì che l’agente doppiogiochista aveva spifferato il progetto al Kgb già nel 1989 e aveva continuato a lavorare per i russi anche dopo la fine dell’Unione Sovietica. Per tutti questi anni, l’intelligence sovietica – e successivamente russa – era a conoscenza dei tentativi dell’Fbi di ascoltare le conversazioni segrete nell’ambasciata russa di Wisconsin Avenue con l’aiuto del tunnel segreto.

Dopo l’arresto, Robert Hanssen si è salvato dalla pena di morte dichiarandosi colpevole dei 15 capi d’accusa, ma è stato condannato all’ergastolo senza condizionale, e sta scontando la pena presso l’ADX Florence, un carcere federale di massima sicurezza vicino a Florence, in Colorado, con 23 ore di isolamento al giorno.

Non avendo alternative migliori, l’Fbi decise di sigillare il tunnel dal lato della casa di Wisconsin Avenue.

Come disse un agente dell’Fbi: “È ovvio che lo si voglia sigillare... Che ne direste di vivere in casa e all’improvviso entrano i russi?”.


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