A metà gennaio 1943, la situazione della 6ª Armata tedesca a Stalingrado era diventata critica. Un tempo micidiale, stava perdendo la sua capacità di combattere. Il 28 gennaio, quello che ne rimaneva era diviso in tre parti. I sovietici riuscirono a soffocare la resistenza tedesca.
Il generale Friedrich Paulus inviò ripetutamente messaggi radio al Führer, chiedendo il permesso di arrendersi per salvare le vite dei soldati. Tuttavia, tutte le richieste vennero categoricamente rifiutate. Il 30 gennaio, Hitler inviò un rapporto radio al quartier generale di Paulus in cui lo insignì del grado di feldmaresciallo e lo informò, tra l’altro, che “nessun feldmaresciallo tedesco era mai stato fatto prigioniero”. In questo modo gli faceva ancora una volta capire che se la battaglia di Stalingrado fosse stata persa, si aspettava il suicidio da parte del generale. Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. La leggenda narra che Paulus, dopo aver letto questo messaggio, disse ai suoi subordinati: “Vuole che mi spari, ma non gli darò questa gioia”.
Il giorno successivo, 31 gennaio, ordinò a un suo subordinato di contattare i sovietici per negoziare la resa. Lo stesso giorno, i soldati della 64ª Armata sovietica fecero prigioniero il comandante della 6ª Armata tedesca e tutto il suo staff.
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La sconfitta della 6ª Armata della Wehrmacht, e soprattutto la sua resa, ebbero un effetto devastante sul Führer. Le autorità tedesche cercarono di nascondere ai loro cittadini il fatto che i sovietici avevano fatto prigionieri in massa. In Germania vennero proclamati tre giorni di lutto. Hitler organizzò un funerale simbolico per Paulus e pose sul coperchio della bara vuota il bastone di Feldmaresciallo, che il suo generale non ricevette mai.
L’Operazione Satrapo
Nell’esercito tedesco dell’epoca non c’era nessuno più autorevole di Friedrich Paulus. Era rispettato sia dai suoi colleghi ufficiali, sia dai subordinati, sia dallo stesso Cancelliere del Reich. Paulus era stato uno di quelli che avevano partecipato allo sviluppo del piano strategico “Barbarossa” per l’invasione dell’Urss. Per la leadership sovietica era quindi estremamente importante che abbandonasse le sue convinzioni e iniziasse a collaborare. La serie di misure per convincere il feldmaresciallo nazista fu chiamata “Operazione Satrapo”.
Il cambiamento radicale nelle opinioni di Paulus avvenne nell’estate del 1944, quando ricevette due notizie. La prima fu la morte del figlio, uno dei suoi gemelli, il capitano Friedrich Paulus Jr., avvenuta nel febbraio 1944 in Italia. La seconda fu l’esecuzione dei cospiratori contro Hitler il 20 luglio di quell’anno (il diretto esecutore dell’attentato alla vita del Führer fu il celebre colonnello Klaus von Stauffenberg). Diversi ufficiali della Wehrmacht che avevano preso parte al complotto, che erano vicini a Paulus e condividevano le sue idee, furono giustiziati. L’ex feldmaresciallo si rese conto che se uomini come quelli erano andati contro Hitler, significava che avevano delle solide ragioni di farlo.
Le autorità sovietiche si impegnarono in una contro-propaganda contro le false informazioni diffuse dai nazisti sulla presunta morte del feldmaresciallo a Stalingrado. Dall’agosto 1944, la radio di Mosca trasmise l’appello di Paulus al popolo tedesco in lingua tedesca. In esso, l’ex feldmaresciallo esortava i suoi compatrioti a “eliminare Adolf Hitler e a stabilire una nuova leadership statale che ponga fine alla guerra” e a ripristinare “relazioni pacifiche e amichevoli con l’attuale nemico”. Volantini con il testo del discorso del comandante tedesco vennero anche lanciati sul territorio sotto il controllo della Wehrmacht. Paulus divenne così uno dei propagandisti più attivi nella lotta contro il nazismo. Si unì al “Comitato nazionale per una Germania libera” (“Nationalkomitee Freies Deutschland” o NKFD) in Unione Sovietica, avviato dal Partito Comunista Tedesco per lavorare con gli ufficiali tedeschi catturati.
L’arrivo di Paulus a Norimberga
Nel 1942, l’Urss aveva già proposto l’istituzione di un “tribunale internazionale speciale” per processare e “punire con la massima severità del diritto penale” tutti i leader della Germania nazista che, già durante la guerra, si trovavano nelle mani delle autorità degli Stati che combattevano contro la Germania di Hitler”.
Quando Paulus fu fatto prigioniero, i negoziati per l’organizzazione di un tribunale internazionale erano in corso, ma senza grandi progressi a causa delle diverse posizioni degli alleati (tra Gran Bretagna e Stati Uniti da una parte, e Urss dall’altra). Così, il 23 aprile 1945, ormai alla fine della guerra, la Gran Bretagna propose di giustiziare i criminali senza processo. Era opinione diffusa che, in teoria, gli avvocati potessero scagionare i nazisti. I negoziati veri e propri tra Urss, Usa, Gran Bretagna e Francia per l’istituzione di un tribunale iniziarono il 26 giugno e si protrassero fino all’8 agosto 1945. Al termine dei negoziati, si decise infine di istituire un tribunale, che aprì i suoi lavori a Norimberga il 20 novembre 1945.
Un anno dopo, tuttavia, nell’autunno del 1946, il processo era bloccato. Da parte della difesa e degli stessi imputati cominciò a emergere la tesi che l’attacco tedesco all’Urss fosse stato una misura preventiva. Hitler stesso aveva giustificato in questo modo l’operazione nel suo discorso radiofonico al popolo tedesco il 22 giugno 1941, il giorno stesso dell’attacco all’Unione Sovietica: “Il popolo tedesco non ha mai avuto sentimenti ostili verso il popolo russo. Ma da più di due decenni il potere ebraico-bolscevico di Mosca cerca di incendiare non solo la Germania ma l’intera Europa”.
Per dissipare la voce che l’attacco della Germania nazista all’Urss fosse una misura preventiva, la delegazione sovietica a Norimberga fornì le trascrizioni dell’interrogatorio di Paulus a Mosca. Tuttavia, la difesa degli imputati bollò tutti i documenti come un falso e la stessa trascrizione come un’invenzione.
Le autorità sovietiche decisero di trasferire in assoluta segretezza l’ex feldmaresciallo a Norimberga per testimoniare.
Nemmeno gli americani furono informati dell’arrivo di Paulus, sebbene la città fosse nella zona di occupazione americana. Enver Mammadov, un interprete della delegazione sovietica, che assomigliava un po’ a Paulus, fu incaricato di scortare l’ex feldmaresciallo a Norimberga. Così due auto oltrepassarono le postazioni dell’esercito americano al confine con la zona di occupazione sovietica, con uomini in abiti identici e cappelli uguali seduti sul sedile posteriore. Nella prima auto viaggiava Mammadov, che doveva essere l’esca per un possibile attentato, mentre nella seconda c’era Paulus con documenti falsi per non essere identificato in caso di morte.
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La comparsa di Paulus in tribunale
L’11 febbraio 1946, la difesa dei criminali nazisti sostenne ancora una volta che la testimonianza di Paulus era stata “inventata o resa sotto pressione e tortura nelle celle dell’Nkvd”. Il presidente della Corte Suprema Geoffrey Lawrence chiese al procuratore sovietico Roman Rudenko: “Quanti giorni ci vorrebbero se i sovietici accettassero di consegnare Paulus a Norimberga?”.
Era il momento di tirare fuori l’asso nella manica. Rudenko rispose a Lawrence con nonchalance: “Trenta minuti. Paulus si trova nella residenza della delegazione sovietica qui a Norimberga”.
Un uomo con un vestito nuovo, confezionato apposta per lui in Urss, e stivali lucidi entrò nella sala. Fu un effetto bomba. Anche se i presenti avevano ipotizzato che Paulus fosse vivo, nessuno si aspettava che si potesse presentare in aula così rapidamente.
La presenza dell’ex feldmaresciallo al processo fu la più clamorosa dall’inizio del dibattimento. I giornalisti che seguivano i lavori iniziarono immediatamente a trasmettere la clamorosa notizia ai loro giornali.
L’interrogatorio ebbe inizio e Paulus dichiarò che all’inizio di settembre del 1940, quando “aveva iniziato a lavorare presso lo Stato Maggiore del Comando Generale delle forze terrestri”, aveva trovato “tra gli altri fascicoli, anche un piano operativo incompiuto riguardante l’attacco all’Unione Sovietica”.
Inizialmente. il Führer aveva pianificato di attaccare l’Unione Sovietica a metà maggio 1941, ma questo piano, secondo Paulus, “fu cambiato perché Hitler, alla fine di marzo, aveva deciso, a causa della mutata situazione sul campo, di attaccare la Jugoslavia”. Inoltre, l’ex feldmaresciallo affermò che “tutti i preparativi per l’attacco all’Unione Sovietica, che era scattato il 22 giugno 1941, erano stati effettuati nell’autunno del 1940”.
Paulus descrisse tutto nei minimi dettagli. Il giorno successivo, la difesa degli imputati lo controinterrogò, ma non riuscì a trovare alcuna contraddizione nelle sue parole.
Grazie alla presenza di Friedrich Paulus al processo e alla sua testimonianza, la delegazione sovietica fu in grado di dimostrare che l’attacco all’Unione Sovietica era stato pianificato in anticipo dalla leadership nazista. Così, ai criminali nazisti non rimase più alcuna possibilità di discolparsi.
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