Professione sicario: chi erano gli uomini dietro gli omicidi su commissione in Russia?

Kira Lisitskaya (Foto: imageBROKER.com/Global Look Press; Unsplash; Legion Media)
I selvaggi anni ‘90 furono un’epoca di stragi: ogni anno nel Paese venivano aperti circa 32.000 casi di omicidio, di cui 1.500 su commissione. Alcuni sicari hanno raccontato i retroscena di quei macabri assassini

Quando quell’uomo uscì dal suo appartamento, in un comunissimo condominio di Kazan, in Russia, passando davanti a una figura addormentata nella penombra delle scale, egli non sapeva di essere a pochi passi dalla morte. Poche frazioni di secondi dopo, si udirono nove colpi di pistola. 

La vittima fece in tempo a correre in strada, urtando un passante confuso, prima che l’ultimo colpo la facesse stramazzare al suolo. Priva di vita. 

“Dovevo infliggergli un ultimo colpo alla testa, ma qualcosa non ha funzionato: avevo finito le munizioni”, racconta Aleksej Snezhinskij, un sicario rilasciato nel 2016 nonostante rischiasse l'ergastolo.

Quell’uomo steso a terra fu il suo “primo lavoro”. All’epoca Snezhinskij aveva 22 anni.

L'era degli omicidi su commissione

Gli anni ‘90 furono un periodo di omicidi su commissione in Russia. L’Unione Sovietica era appena crollata, lasciandosi alle spalle un'economia fatiscente, una popolazione impoverita e vane speranze, alimentate da una transizione verso il capitalismo incredibilmente rapida.

Una scena tratta dal film

La debolezza dello Stato, la povertà dilagante e il denaro selvaggio che inondava il gigantesco mercato russo si trasformarono rapidamente in una spirale di illegalità, dove “uccidere o essere uccisi” non era una frase da film. Negli anni '90, ogni anno in Russia venivano aperti circa 32.000 casi di omicidio, di cui fino a 1.500 erano omicidi su commissione.

Alcuni uomini diventavano sicari per scelta, altri per caso. Ma tutti erano accomunati dallo stesso triste destino: una volta entrati, non c'era modo di uscirne.

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La strada che porta alla criminalità

Solonik

I sicari di “alto livello” che eccellevano in questo “mestiere” spesso provenivano da un ambiente militare o dalle forze dell'ordine. Il famigerato killer Aleksandr Solonik, alias “Sasha Makedonskij”, che vantava 43 omicidi confermati nel suo curriculum, aveva prestato servizio nell'esercito sovietico prima di entrare nei ranghi della polizia.

Pustovalov

Un altro killer professionista, Aleksandr Pustovalov, alias “Sasha Soldat” (35 omicidi confermati) era stato arruolato nel corpo della Marina ed era noto per essersi offerto volontario in prima linea quando scoppiò la Prima guerra cecena nel 1994.

Queste persone erano state addestrate a uccidere da professionisti e col tempo hanno affinato alla perfezione quel loro spietato “talento”. Altri invece intrapresero la strada del crimine per caso: cresciuti in povertà, circondati da altri criminali fin dalla nascita, sembra quasi che la vita non avesse dato loro alternativa.

“Un giorno siamo andati in spiaggia con degli amici, abbiamo nuotato tutto il tempo e mangiato anguria. Quando è calata la sera, tra gli amici più grandi si diffuse un certo mormorio: dicevano di aver visto un uomo che era venuto a nuotare con un bambino. E mi dissero di aspettare in macchina. Capii subito che sarebbe stato commesso un crimine, perché conoscevo bene i miei amici e sapevo cosa facevano per vivere”, ricorda Aleksej Snezhinskij.

Il sicario Aleksej Snezhinskij, condannato

Effettivamente, i peggiori timori di Snezhinskij furono confermati: vide il corpo esanime dell'uomo che aveva visto sulla spiaggia e il figlio di quattro anni che piangeva lì vicino. Uno degli amici di Snezhinskij mise la mano sulla bocca del bambino per soffocare le sue grida.

Snezhinskij disse di aver preso il bambino con sé e di aver cercato di calmarlo, dicendogli che il padre era vivo e che lo avrebbe aspettato a casa. Con discrezione riuscì a portare il bambino dai suoi parenti e lo lasciò davanti alla porta. Subito dopo, raggiunse i suoi amici nel loro appartamento.

“Vedi, Aleksej. Non è un grosso problema uccidere qualcuno”, disse un suo amico ridendo. In pochi anni, Snezhinskij divenne il killer di riferimento della criminalità organizzata di Kazan. Prima di essere arrestato, eseguì almeno sei omicidi su commissione.

Le tecniche più diffuse

Con il dilagare degli omicidi su commissione, negli anni '90, proliferarono anche i metodi di uccisione: i sicari utilizzavano coltelli, pistole, kalashnikov, fucili di precisione, granate, ordigni esplosivi improvvisati, veleni e persino componenti radioattive. Tuttavia, il metodo più diffuso era sempre lo stesso: “Da quando si diffusero i grandi condomini abitativi, la presenza di un estraneo vicino all’abitazione smise di suscitare allarmismo”, ha scritto l'autore Walter Grauckrieger nel suo libro sugli omicidi su commissione. “Ovviamente i criminali ne hanno subito approfittato, sviluppando il cosiddetto ‘schema del vialetto’, che è diventato un classico per molti decenni. L'assassino con la pistola si nascondeva nell'ingresso o in prossimità di esso, e poi sparava tranquillamente alla vittima mentre tornava a casa”.

Ma il posto più comodo per un sicario era l'ascensore. “L'ascensore e l'auto sono due luoghi da cui non si può scappare”, sostiene Snezhinskij. L'ex sicario ha raccontato che una volta un ascensore è stato intenzionalmente programmato per mancare il piano giusto e consegnare la vittima al sicario aggirando gli uomini della sicurezza, che erano in attesa su un altro piano.

Ciò che rendeva “impeccabile” il lavoro dei sicari sovietici, era un omicidio a sangue freddo cui faceva seguito una rapida e puntigliosa rimozione di ogni prova.

Una scena tratta dal film

Ma molti di loro non restarono impuniti: alcuni, come Aleksej Sarkozij, furono uccisi da un killer; altri, come Aleksej Snezhinskij, furono arrestati, processati e condannati. Altri ancora, come Sasha Makedonskij o Liming Max, furono brutalmente uccisi dai loro stessi “colleghi”.

“Ho capito fin dall'inizio la strada che stavo percorrendo”, disse Snezhinskij, sostenendo di essere stato costretto a collaborare con il pubblico ministero quando si ritrovò lui stesso a essere bersaglio della criminalità organizzata.

Durante un’udienza in tribunale, Snezhinskij avrebbe detto alla madre di un uomo che aveva ucciso: “Eravamo ragazzi. Facevamo giochi duri e da adulti”.

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