Così un ufficiale dei servizi segreti sovietici salvò il figlio di Churchill

Foto d'archivio; Hulton-Deutsch Collection/Corbis/Getty Images; Dominio pubblico
Visto che l’inglese era pesantemente ubriaco e molesto, il russo fu costretto a usare le maniere forti, ma altrimenti Randolph Churchill sarebbe finito vittima dei nazisti in territorio jugoslavo

Alle 5 del mattino del 25 maggio 1944, la città di Drvar, nella Bosnia-Erzegovina occidentale, controllata dalle forze dell’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia, fu sottoposta a un pesante bombardamento da parte degli aerei tedeschi. Più tardi, alla periferia della città atterrarono degli alianti, dai quali sbarcarono in tutta fretta gli uomini dell’SS-Fallschirmjäger-Bataillon 500. 

Questo fu l’inizio dell’operazione tedesca “Rösselsprung” (ossia: “mossa del cavallo”), il cui obiettivo era uccidere o fare prigionieri i vertici del movimento di resistenza jugoslavo, in particolare il maresciallo Josip Broz Tito e gli ufficiali del suo staff, nonché i membri delle missioni militari sovietiche, britanniche e americane di stanza in città. 

Operazione Rösselsprung

Ma i tedeschi a caccia del leader jugoslavo avevano l’opportunità di prendere due piccioni con una fava: in quel periodo a Drvar si trovava anche l’unico figlio del primo ministro britannico Winston Churchill, Randolph (1911-1968).

Una missione speciale

“I figli dei primi ministri non saltano con il paracadute e non si presentano nei quartieri generali altrui senza obiettivi specifici”, così Stalin commentò l’annuncio di Aleksandr Golovanov, comandante dell’aviazione a lungo raggio dell’Urss, dell’arrivo del maggiore Randolph Churchill in Jugoslavia nel febbraio del 1944. 

Soldati del 500° battaglione paracadutisti delle SS

A prima vista, l’apparizione del giovane Churchill a Drvar non era legata ad alcun compito politico di rilievo. Lì si doveva occupare di giornalismo di guerra e parlò ai congressi della gioventù antifascista in Jugoslavia.

In realtà, Randolph svolgeva il ruolo di collegamento tra la leadership britannica e il maresciallo Tito. Come altri ufficiali delle missioni britanniche e americane, lavorò attivamente per far uscire l’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia dall’ala protettiva di Mosca e farlo entrare nella sfera d’influenza di Londra e Washington. 

Il Maresciallo Tito in piedi con i ministri del Gabinetto e lo Stato Maggiore nel suo quartier generale in Jugoslavia, 14 maggio 1944

La latente rivalità tra l’Urss e l’Occidente nei Balcani non impedì tuttavia a Churchill Jr. di stabilire un rapporto di amicizia con Konstantin Kvashnin  (1913-2007), un membro della missione militare sovietica. Ed è a questo ufficiale dei servizi segreti che il britannico deve la sua vita.

In trappola

I tedeschi presero molto sul serio la caccia a Tito. Oltre a un battaglione di SS, l’Operazione Rösselsprung coinvolse reggimenti di fanteria motorizzata, battaglioni di ricognizione, di carri armati e del genio militare, nonché un reggimento della Divisione speciale Brandeburgo e varie unità collaborazioniste croate. 

Randolph Frederick Edward Spencer-Churchill

Dopo aver spezzato la resistenza delle unità jugoslave, i tedeschi occuparono rapidamente la città, costringendo le sparute forze alleate a ritirarsi nelle zone montuose. Il maresciallo Tito e i suoi compagni d’armi, gli ufficiali sovietici, britannici e americani si diressero verso Kupres, mentre Randolph Churchill, Kvashnin e alcuni membri delle missioni militari occidentali rimasero in un gruppo diretto al villaggio di Tičevo.

Incalzati dal nemico, i gruppi riuscirono a prendere contatto con la base aerea di Bari. Oltre alle squadriglie britanniche e americane, in Puglia era basata anche l’Aeronautica Militare dell’Armata Rossa. 

Le truppe tedesche durante l'operazione Rösselsprung

Il gruppo Kvashnin-Churchill avrebbe dovuto evacuare per via aerea già il 1° giugno, ma il piano non si concretizzò. “Fino all’8 giugno siamo stati inseguiti tra le montagne come un branco di pecore”, ha ricordato Konstantin Kvashnin: “Ci muovevamo solo di notte e quando arrivava la luce del giorno ci nascondevamo e facevamo ricognizioni”. 

Kvashnin, che aveva una vasta esperienza nel lavoro di ricognizione e sabotaggio, fece del suo meglio per assicurare che il gruppo eludesse efficacemente il nemico. Tuttavia, a un certo punto, la trappola rischiò di scattare. I tedeschi attaccarono da tre lati, lasciando un’unica via di fuga: una pericolosa discesa lungo un ripido pendio e in una valle.  

Fuori controllo

Lo stesso Kvashnin dovette prendersi cura di Churchill jr durante la discesa. Secondo i ricordi del militare sovietico, il figlio del primo ministro britannico non era per niente sobrio in quel momento. Randolph era un forte bevitore e quella situazione di continua tensione doveva averlo spinto ad alzare ancora di più il gomito.    

Partigiani jugoslavi

L’inglese a un certo punto iniziò a cantare a squarciagola e non c’era verso di fargli chiudere il becco. Non solo rischiò in quel modo di attirare l’attenzione dei tedeschi, ma poco dopo corse anche il rischio di cadere giù nel dirupo, portando con sé Kvashnin e uno dei partigiani jugoslavi che erano in cordata con lui. Alla fine, l’ufficiale sovietico dovette stendere il maggiore ormai fuori controllo con pugno ben assestato, e così, ormai privo di sensi, riuscirono a calarlo con le corde senza problemi. 

Konstantin Kvashnin

Dopo aver liquidato il nemico, il gruppo si rifugiò in una valle sicura, dove venne presto raggiunto dagli aerei britannici in arrivo da Bari. Come si scoprì, Tito era stato evacuato qualche giorno prima: il maresciallo jugoslavo e il suo quartier generale erano stati portati in salvo dai piloti sovietici, che avevano effettuato un difficile atterraggio su una piccola testa di ponte in montagna. 

Arrivato alla base aerea in Italia, Randolph aveva già smaltito la sbornia. Salutando, strinse con forza la mano di Kvashnin. Non serbava rancore nei confronti del suo salvatore per il terribile sommommolo che gli aveva rifilato.

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