Come un gruppo di marinai russi creò una repubblica autonoma su un’isola del Baltico nel 1917

Nonostante gli appena 18 chilometri quadrati di territorio, era armata fino ai denti e avrebbe potuto radere al suolo Tallinn. A comandarla c’era Stepan Petrichenko, che pochi anni più tardi avrebbe guidato anche la Rivolta antibolscevica di Kronshtadt

La “Repubblica sovietica dei marinai”

L’idea di organizzare una “repubblica” indipendente sull’Isola di Nargen (l’odierna Naissaar, in Estonia), al largo di Tallinn, venne a Stepan Petrichenko (1892-1947), un ufficiale della corazzata russa “Petropavlovsk”, nel dicembre 1917. Il tempismo fu perfetto.

Vista aerea su Naissaar, Estonia

In Russia era da poco avvenuta la Rivoluzione bolscevica. L’esercito, stanco di anni di sanguinose battaglie, ormai era quasi completamente a pezzi. Inoltre, l’attenzione di tutto il Paese era puntata su Brest-Litovsk, dove il 15 dicembre era stata finalizzata una tregua con la Germania ed erano iniziate le trattative sulla tanto attesa pace.

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Di conseguenza, nessuno impedì a questi 90 marinai della Flotta del Baltico che si trovavano a Reval (Tallinn) di prendere il controllo dell’isola di Naissaar, situata a pochi chilometri dalla città, e di proclamare “la Repubblica Sovietica dei marinai e dei costruttori” (in russo: “Советская республика матросов и строителей”; “Sovetskaja Respublika matrosov i stroitelej”). Formalmente, utilizzava il sistema politico della Russia sovietica, con un governo sotto forma di Consiglio dei commissari del popolo e del suo presidente (Petrichenko). In effetti, sull’isola era in corso un vero caos anarchico.

L’isola della “libertà”

Diverse centinaia di residenti locali, per lo più svedesi di Estonia, vennero sfruttati senza pietà. Le tasse erano completamente arbitrarie. Fondamentalmente, i marinai prendevano quello che volevano e quando volevano. Anche le donne venivano violentate molto spesso.

La corazzata imperiale russa Petropavlovsk; a destra, Stepan Maksimovich Petrichenko

Quando le risorse iniziarono a esaurirsi, Petrichenko iniziò a guardare verso Tallinn. Questo spaventava, perché nelle sue mani non ci sarebbe più stata solo un’isola semideserta, ma un centro urbano di importanza strategica.

Nonostante le sue dimensioni modeste (18 chilometri quadrati), l’Isola di Naissaar era letteralmente stipata di fortificazioni e batterie di artiglieria costiera, create per proteggere efficacemente Tallinn da eventuali avvicinamenti della flotta nemica. Ora i cannoni furono però voltati verso la città stessa.

L'isola Naissaar

Minacciando di non lasciare una sola casa in piedi (e i cannoni a lungo raggio di cui disponevano i marinai erano perfettamente in grado di realizzare questa minaccia), i marinai chiesero che gli abitanti fornissero loro cibo, alcol e prigionieri della prigione locale per pulire l’isola dalla neve e per svolgere tutti i lavori domestici.

Il crollo inglorioso

La maggior parte del tempo i marinai di Naissaar lo trascorrevano in una profonda ubriachezza, ma, tuttavia, seguivano la vita politica nella “vicina” Russia. Il governo della “repubblica” era profondamente indignato dalle informazioni pervenute da Brest-Litovsk sull’intenzione dei bolscevichi di lasciare l’intera regione baltica ai tedeschi e si disse determinato a combattere il nemico fino alla fine.

Marinai rivoluzionari della corazzata Petropavlovsk a Helsinki, estate 1917

Tuttavia, come si scoprì poi, lo spirito combattivo esisteva solo a parole. A febbraio i negoziati tra bolscevichi e tedeschi furono interrotti e l’esercito tedesco riprese le ostilità, giungendo entro la fine del mese alla periferia di Tallinn.

Nonostante il fatto che la guarnigione di Naissaar avesse una potenza di fuoco sufficiente per difendere l’isola e coprire la città, decise di fuggire. Il 26 febbraio, senza opporre resistenza e senza nemmeno far saltare in aria le fortificazioni e le armi, i marinai si imbarcano sulle navi e si recano a Helsingfors (Helsinki), e da lì a Pietrogrado (San Pietroburgo). Sull’isola lasciarono una decina di compagni completamente ubriachi.

Stepan Petrichenko, leader della rivolta di Kronstadt, tra gli oppositori russi emigrati in Finlandia

Dopo la fine ingloriosa della Repubblica di Naissaar, il suo leader, Stepan Petrichenko, non solo non cadde nell’oblio, ma svolse un ruolo chiave nell’evento che scosse l’intera Russia sovietica. Nel marzo 1921, nella base navale di Kronshtadt, vicino a Pietrogrado, migliaia di marinai della flotta del Baltico, “la bellezza e l’orgoglio della rivoluzione”, si ribellarono, sotto la sua guida, alla dittatura bolscevica. Avrebbe poi vissuto a lungo in Finlandia, a quanto pare lavorando anche come agente sovietico. Nel 1941 fu arrestato dai finlandesi e poi espulso in Urss, dove morì, nel 1947, durante un trasferimento dal lager di Solikamsk al carcere di Vladimir


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