Con che frequenza utilizzate Facebook per comunicare con i vostri amici? Ad esempio, per invitarli a una festa o ricordar loro che siete tornati dalle ferie o dal viaggio di lavoro? Azioni piuttosto semplici, se compiute attraverso l’invio di un SMS o la pubblicazione di un post... Ma cosa succederebbe se doveste avvisare tutti, uno per uno, personalmente?
Le esigenze e le dinamiche delle persone vissute nel XIX secolo non erano molto diverse dalle nostre. Con la differenza che, al contrario di noi, all’epoca si utilizzavano dei “social network di carta”: ovvero i biglietti da visita... accompagnati da una maggior cultura delle visite a domicilio.
"In carrozza vicino al Cremlino", di Rudolf Frentz (1888-1956)
Auction House SOVKOM“Giovedì alle 6 del pomeriggio Maria Ivanovna è salita in carrozza ed è partita per fare alcune visite con un registro in mano: quel giorno ha fatto 11 visite; il venerdì, prima di pranzo, 10; dopo pranzo, 32; il sabato, 10; per un totale di 63. E ne ha lasciate un’altra dozzina per dopo”, scrisse lo storico russo Mikhail Gershenzon a proposito dell’usanza delle visite.
Come probabilmente avrete intuito, Maria Ivanovna si recava in visita da amici, parenti e conoscenti. Nell'Impero russo del XVIII-XIX secolo, era questo il modo tradizionale di socializzare dei nobili! Ognuno, nelle classi alte, aveva una cerchia di persone a cui faceva visita, con le quali scambiava inviti e informazioni… un po’ come sul news feed di Facebook.
Senza l’abitudine di fare e ricevere visite, non si poteva pretendere di essere accettati all’interno della classe nobile, tantomeno di godere dei suoi benefici: come la possibilità di trovare un buon marito per la propria figlia, di iscrivere l'altro figlio in un reggimento di Guardia, di essere promosso di grado e così via.
In società, era buona norma andare a trovare i propri amici e conoscenti regolarmente. Alcune famiglie - soprattutto a San Pietroburgo - annunciavano un giorno preciso di ricevimento. Nella Mosca più “tradizionale”, invece, si poteva far visita a qualcuno in un giorno qualsiasi. Le visite erano socialmente obbligatorie quando si verificava un evento importante nella vita di qualcuno, come un matrimonio. Mikhail Bouturlin, nobile russo, membro dell'alta società moscovita all'inizio del XIX secolo, scrisse di aver inaugurato le visite insieme a sua moglie subito dopo il matrimonio: “Per amore del vecchio stupido galateo moscovita, che mia suocera continua ad osservare, il giorno dopo il nostro matrimonio ci siamo seduti in carrozza e abbiamo passato tre giorni interi visitando tutte le zie, gli zii, i cugini e le cugine possibili e immaginabili... Oh, come ho maledetto questa barbara usanza!”.
"Paesaggio di campagna russa" 1811, gouache, di Andrej Martynoff (1768-1826)
Legion MediaEra considerato il massimo dell'ignoranza dimenticare di fare gli auguri a una madrina o un padrino nel giorno del suo onomastico, di salutarli alla vigilia della loro partenza o di augurare loro buon viaggio. Gravissimo anche non andare a trovare i nonni per “salutarli” la domenica prima della Quaresima, per scambiarsi il pane e il sale.
Fra visite di condoglianze per la morte di qualcuno, visite di auguri, congratulazioni, ringraziamento, incontri celebrativi e d’addio… la vita in società era una vera fatica!
Ma cosa accadeva se una persona andava a visitare degli amici e non li trovava a casa? Lasciava il proprio biglietto da visita personale. Lentamente, l'invio dei biglietti da visita prese il posto delle visite vere e proprie: un’usanza alla moda importata dall'Inghilterra durante gli anni della “anglomania”, ovvero subito dopo la guerra del 1812. Era considerato un gesto d'onore recarsi personalmente e lasciare il proprio biglietto da visita a casa di amici o parenti; era scortese, invece, lasciare un biglietto da visita a casa di una persona di rango superiore, come il proprio capo: queste visite si tenevano di persona, alla vecchia maniera. Ai destinatari meno importanti, invece, si poteva tranquillamente inviare un lacchè con un bigliettino.
"Il salotto negli appartamenti della contessa Anna Sheremeteva sul Boulevard Poissonnière a Parigi", pittore sconosciuto, 1842
Museo Statale storico“La spesa più ingente con l’arrivo del Nuovo Anno era quella dei biglietti da visita”, scrisse lo storico russo Sergej Knyazkov (1873-1919). “Per la città si aggiravano lacchè in carrozza, a piedi e a cavallo. Mosca è talmente grande che la consegna poteva rivelarsi davvero difficile e pesante. Ma i portalettere avevano la loro consolazione: avevano i loro luoghi di ritrovo a Okhotnyj Ryad, dove mettevano a confronto gli indirizzi della consegna successiva, per scambiarsi i biglietti e ottimizzare i viaggi. Ovviamente questo scambio di indirizzi e biglietti non era privo di errori: c’era, infatti, chi riceveva la missiva di una persona sconosciuta e chi si congratulava con una persona con la quale aveva rotto i rapporti da tempo”.
Il biglietto da visita del principe Vladimir Urusov
Foto d'archivioI bigliettini, finemente decorati con scritte e ghirigori, si accatastavano negli ingressi delle residenze nobiliari, sopra un tavolino da caffè o malamente nascosti dietro una specchiera. Quando entrava un ospite, infatti, egli poteva valutare il livello di popolarità e i legami sociali di una famiglia gettando una semplice occhiata alla quantità di bigliettini collezionati.
Il biglietto da visita del principe Pyotr Trubetskoj (1858-1911)
Foto d'archivioE c’era chi era disposto ad allungare una generosa ricompensa al portiere pur di mettere le mani sui biglietti da visita di persone famose, come principi, conti e ricchi uomini d’affari, solo per il gusto di poterli poi sfoggiare sul proprio tavolo d’ingresso, vantando così alte conoscenze.
Chi non poteva permettersi di pagare un servo per consegnare le missive, doveva fare i conti con questo improrogabile galateo. “Nella nostra provincia è così: che il ciel non voglia che qualcuno dimentichi di recapitare il bigliettino agli amici durante le feste religiose. Invece di pregare come un cristiano, di ascoltare la messa e di celebrare pacificamente la festa con le proprie famiglie, signore e signori, dalla mattina alle due del pomeriggio, galoppano, corrono di strada in strada, si incontrano, si inchinano gli uni agli altri, e dopo aver consegnato le cartoline a parenti e amici, tornano a casa, carichi di freddo, noia e fastidio”, scrisse una rivista popolare nel 1823.
Il biglietto da visita del conte Aleksej Tolstoj (1882-1945)
Foto d'archivioMa con l'installazione dei telefoni, a partire dagli anni Ottanta del XIX secolo, i biglietti da visita persero via via di importanza, anche se le ricche famiglie di nobili continuarono ad aggrapparvisi, senza voler sentire ragione, come si fa con le vecchie e buone abitudini, fino agli anni Dieci del XIX secolo.
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