Così i sovietici vinsero mille bottiglie di vino fotografando la faccia nascosta della Luna

NASA
Certo, la gara che al Cremlino premeva di più vincere era quella contro gli Stati Uniti nel raggiungimento di questo importante obiettivo nella corsa allo Spazio, ma furono contenti anche di vedersi pagare la scommessa da parte dell’imprenditore vinicolo francese Henri Maire

Prima che, nel 1969, Neil Armstrong mettesse piede sulla Luna, il satellite della Terra era un vero mistero per l’umanità. E ancora di più, la sua “faccia nascosta”. Quello di vedere il “Far side of the Moon” (“Dark side” è astronomicamente un’espressione scorretta, anche se il disco dei Pink Floyd del 1973 l’ha resa ben più popolare), o l’“Obràtnaja storonà” (“lato opposto”), come la chiamano i russi, era un chiodo fisso per i pionieri dei programmi spaziali, tanto negli Stati Uniti quanto in Unione Sovietica.

Nel 1957, quando i sovietici lanciarono nello spazio il primo satellite artificiale della Terra, lo Sputnik 1, questo evento fu una pietra miliare per l’esplorazione spaziale. Tuttavia, le persone in tutto il mondo trovavano allora difficile credere che l’umanità potesse avanzare ancora di più in questo campo e arrivare fino a osservare la faccia nascosta della Luna.

La prospettiva sembrava così impossibile, eppure così accattivante, che un vigneron francese, Henri Maire (1917-2003), annunciò pubblicamente che avrebbe regalato 1.000 bottiglie del suo “vin fou”, che produceva nel dipartimento del Giura, a chiunque fosse stato in grado di vedere per primo la faccia nascosta della Luna. Ovviamente, pensava che fosse una cosa fantascientifica. Ma gli scienziati sovietici stavano già lavorando al raggiungimento dell’obiettivo…

Il programma

La missione per fotografare la faccia nascosta della Luna era guidata da Sergej Koroljov (1907-1966), il padre della cosmonautica sovietica e la mente della maggior parte dei rivoluzionari risultati sovietici nell’esplorazione spaziale.

Sergej Koroljov, padre della cosmonautica sovietica; fu l'ideatore della maggior parte delle conquiste sovietiche nel settore dell'esplorazione spaziale

Il piano era relativamente semplice: lanciare un oggetto cilindrico – una sonda spaziale – nello spazio verso la Luna e lasciare che la gravità facesse il resto del lavoro. La sonda spaziale era dotata di telecamere, di un sistema di elaborazione di pellicole fotografiche, batterie, un trasmettitore radio, un giroscopio per mantenere l’orientamento e la velocità angolare e alcuni ventilatori per il controllo della temperatura.

Il dispositivo non aveva motori a razzo da utilizzare per le correzioni di rotta, poiché gli scienziati si affidavano invece alla gravità della Luna, affinché li aiutasse con la cosiddetta “manovra di assistenza gravitazionale”: secondo i piani, la sonda spaziale avrebbe dovuto viaggiare verso la Luna e una volta catturata dalla gravità della Luna, passare dietro il satellite da sud a nord e tornare sulla Terra.

La sonda spaziale destinata a vedere per prima la faccia nascosta della Luna prese il nome di “Luna 3” (Луна-3). Sorprendentemente, la parte più impegnativa non fu calcolare l’orbita della Luna, ma gestire le attrezzature e il personale a terra.

Una gestione tribolata

Il segnale emesso dal Luna 3 veniva ricevuto da un’antenna radio montata sulla cima di una montagna in Crimea. Per la disperazione di Koroljov, lo staff locale segnalò problemi di comunicazione: il Luna 3 non riceveva alcuni dei comandi impartiti dalla Terra. Il capo della missione ordinò alla sua squadra di seguirlo in Crimea per sistemare urgentemente la situazione.

Questa antenna ricevette le prime foto della faccia nascosta della Luna

Ricostruzione cinematografica del momento in cui gli scienziati sovietici fotografarono il lato oscuro della Luna

Una volta che Koroljov fu arrivato in Crimea, prese in mano la situazione e mise in piedi misure senza precedenti: su suo ordine, le navi della Flotta del Mar Nero dovettero interrompere tutte le comunicazioni, mentre un’imbarcazione fu inviata nel Mar Nero alla ricerca di possibili fonti di interferenza radio. Alla polizia stradale fu invece chiesto di bloccare tutte le strade vicino all’osservatorio.

Queste misure contribuirono a migliorare il segnale, ma sorse un nuovo problema. Con sua sorpresa, Koroljov apprese che l’osservatorio avrebbe potuto non avere abbastanza pellicola magnetica per registrare le immagini del paesaggio lunare.

“Sergei Pavlovich [Koroljov] montò su tutte le furie. Ed era comprensibile. Dopo tutto, se fossimo stati avvertiti, avremmo potuto portare con noi la pellicola da Mosca”, ha scritto l’accademico Boris Chertok, assistente di Koroljov durante il lancio.

Ironia della sorte, quella pellicola era così scarsa perché veniva estratta dai palloni aerostatici da ricognizione americani che spiavano l’Urss, quando venivano abbattuti. La sua qualità era ancora ineguagliata da parte dell’industria sovietica.

Infuriato, Koroljov ordinò che altri pezzi di pellicola fossero consegnati all’osservatorio da Mosca in tutta fretta; in aereo e poi in elicottero.

La mattina presto del 7 ottobre 1959, il team di scienziati sovietici attese con il fiato sospeso il momento in cui il Luna-3 si avvicinava alla Luna. All’improvviso, la prima immagine iniziò ad apparire sulla carta.

Un modellino della stazione sovietica Luna-3

Il responsabile della ricezione dei dati guardò il foglio e, con grande sorpresa degli altri, fece a pezzi la prima foto della faccia nascosta della Luna. La qualità dell’immagine non era buona e lui evidentemente era pronto a scommettere che le prossime foto sarebbero venute meglio.

Una delle prime foto scattate da Luna-3 al lato nascosto della Luna

Con sollievo di tutti, le foto seguenti erano davvero di qualità migliore. Koroljov prese la prima foto della faccia nascosta della Luna di qualità decente e ci scrisse su: “La prima foto della faccia nascosta della Luna che non avrebbe dovuto essere rivelata”. La autografò a la dedicò al direttore dell’Osservatorio astrofisico della Crimea, Andrej B. Severnyj.

Un francobollo sovietico dedicato alla foto scattata alla faccia nascosta della Luna

Ancora una volta, la scienza dell’Urss aveva trionfato. I sovietici procedettero velocemente a nominare gli oggetti geografici scoperti sulla Luna, ed è per questo che ci sono così tanti nomi russi sulla faccia nascosta: il Mare Moscoviense (in russo: “Море Москвы”; “Mare di Mosca”), il Cratere Komarov, il Cratere Titov, il Cratere Tsiolkovskij, il Cratere Lomonosov, il Cratere Mendeleev, il Cratere Kurchatov, e così via… In seguito questo ha provocato qualche controversia, ma l’Unione Astronomica Internazionale ha deciso di non modificarli. Le prime storiche foto uscirono sulla prima pagina del quotidiano sovietico “Pravda” e la notizia fece il giro del mondo.

E il vino?

Il francese Henri Maire, che era stato un grande innovatore a livello commerciale nel settore del vino, tra trovate pubblicitarie e la rivoluzione della vendita per corrispondenza, lesse del successo sovietico e pagò la sua scommessa. Spedì 1.000 bottiglie di vin fou (“vino folle”, perché anticamente le bottiglie del vino frizzante spesso scoppiavano) per posta all’Accademia delle scienze dell’Urss.

Il presidente dell’Accademia ordinò la consegna di parte delle bottiglie al team che aveva lavorato al progetto Luna 3. “Abbiamo avuto l’onore di ricevere diverse decine di bottiglie dal magazzino dell’Accademia delle scienze. Ne riceverete un paio ciascuno, il resto sarà distribuito tra i membri dell’apparato e altre persone non partecipanti al progetto”, spiegò Koroljov al suo staff.

Anni dopo, quando la figlia di Koroljov, Natalia Koroleva, venne a conoscenza di questo aneddoto storico, si impegnò a trovare almeno una di quelle bottiglie. Si scoprì che l’ex segretaria di Koroljov ne aveva una, anche se vuota.

Oggi, una replica in miniatura del Luna 3 e la bottiglia originale possono essere visti al Museo della Cosmonautica di Mosca.


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