Quando, come e perché Russia e Cina si sono fatte la guerra nel corso della storia

Storia
BORIS EGOROV
Oggi condividono oltre quattromila chilometri di confine, e nei secoli non sono mancati scontri locali, anche cruenti, ma si è sempre riusciti a evitare conflitti su più larga scala

1 / Assedio di Albazin

Nel 1650, i distaccamenti cosacchi inviati dallo zar di Mosca Alessio Mikhailovich per proseguire l’esplorazione a est della Siberia raggiunsero il fiume Amur, che sfocia nell’Oceano Pacifico. Fu qui che i russi, per la prima volta nella storia, entrarono ampiamente in contatto con la civiltà cinese.

Naturalmente, russi e cinesi avevano fatto conoscenza l’un l’altro molto prima: fin dal Medioevo, erano stati “presentati” dai mongoli, durante le loro campagne di conquista. Tuttavia, non c’erano stati mai contatti permanenti tra i due popoli, né interesse a stabilirli.

La situazione era ormai completamente diversa nella seconda metà del XVII secolo. L’arrivo delle truppe russe sulle rive dell’Amur, abitate da tribù di etnia Daur, che pagavano tributi alla Dinastia Qing, fu percepito da Pechino come un’invasione della sua zona di interessi. I cosacchi, però, intendevano portare con la forza il “principe Bogdaj”, di cui avevano parlato loro i Daur, all’obbedienza allo zar russo, senza nemmeno sospettare che sotto questo “principe” si nascondesse in realtà il potente imperatore cinese.

Per diversi decenni, le truppe russe si scontrarono con le truppe cinesi e manciù (la dinastia Manchu assunse nel 1636 il nome Qing e regnò sulla Cina, dopo aver conquistato Pechino nel 1644, fino al 1912). Il culmine dello scontro russo-cinese furono i due assedi del forte di Albazin (nei pressi dell’attuale villaggio di Albazinó, nella Regione dell’Amur) che la Russia era intenzionata a rendere la sua roccaforte nella conquista dell’Estremo Oriente.

Per diverse settimane, nel giugno del 1685, una guarnigione russa di 450 uomini resistette all’assedio dell’esercito Qing (da 3 a 5 mila uomini). Nonostante il grande vantaggio numerico, i soldati cinesi e manciù erano inferiori ai russi nell’addestramento al combattimento, il che permise ad Albazin di resistere. Tuttavia, non sperando nell’arrivo di rinforzi, la guarnigione capitolò a condizioni onorevoli e si ritirò, ricongiungendosi al resto dell’esercito.

La Russia, tuttavia, non aveva intenzione di arrendersi così facilmente. Un anno dopo, i russi restaurarono la fortezza fatiscente, già abbandonata dai cinesi, e la ripopolarono, ma poco dopo furono nuovamente assediati dalle truppe Qing. Come risultato dei feroci assalti, il nemico perse fino a metà degli oltre 5 mila uomini che avevano partecipato all’attacco, ma non fu in grado di riprendere Albazin.

In conformità con i termini del Trattato di Nerchinsk nel 1689, le truppe russe lasciarono la fortezza, che fu poi distrutta dai cinesi. Nonostante il successo temporaneo, le sanguinose battaglie per Albazin dimostrarono a Pechino che non sarebbe stato così facile mettere fuori combattimento i russi nell’Estremo Oriente.

2 / Ribellione dei Boxer

Alla fine del XIX secolo, le principali potenze europee, così come gli Stati Uniti e il Giappone, approfittando dell’arretratezza tecnologica della Cina, erano attivamente impegnate nello sfruttamento economico del Paese. I cinesi, non volendo vedere la loro patria diventare una semi-colonia, nel 1899 fecero scoppiare una rivolta contro la dominazione straniera nota come Ribellione dei Boxer, perché nacque negli ambienti degli Yihetuan, i gruppi di autodifesa dei villaggi.

Un’ondata di omicidi di stranieri e cristiani cinesi, incendi dolosi di chiese ed edifici delle missioni europee travolse la Cina. Il governo dell’imperatrice Cixi cambiò più volte schieramento, ora opponendosi alla rivolta, ora sostenendola. Quando, nel giugno 1900, l’Yihetuan diede inizio all’assedio del distretto delle ambasciate a Pechino, questo fu il pretesto per un intervento militare su larga scala delle grandi potenze in Cina.

Le truppe della cosiddetta Alleanza delle otto nazioni (Usa, Gran Bretagna, Francia, Italia, Impero austro-ungarico, Impero russo, Impero tedesco e Impero giapponese) in agosto occuparono la capitale cinese dopo aspre battaglie, e il distaccamento russo del tenente generale Nikolaj Linevich fu il primo a irrompere in città. Dopo aver salvato i diplomatici, gli alleati sfilarono in parata proprio di fronte al palazzo degli imperatori cinesi, noto come la Città Proibita, il che venne considerato un grave insulto in Cina.

La Manciuria divenne un altro importante teatro di operazioni militari tra russi e cinesi. La Russia aveva grandi progetti per questa regione. Approfittando della pesante sconfitta della Cina nella Prima guerra sino-giapponese nel 1895, riuscì a concludere una serie di accordi con il governo cinese, secondo i quali ottenne il diritto di affittare parte della Penisola di Liaodong (dove fu immediatamente creata la base navale di Port Arthur; oggi Lüshunkou), nonché di costruire una linea che la raggiungesse, la Ferrovia Orientale Cinese, che percorre tutta la Manciuria. Apparteneva completamente alla Russia e per proteggerla furono dislocati fino a cinquemila soldati russi.

Tale aperta penetrazione della Russia nella regione, alla fine, porterà a uno scontro disastroso con i giapponesi nel 1904; la Guerra russo-giapponese. Tuttavia, un paio di anni prima, l’attacco alle posizioni russe in Manciuria era stato condotto dall’Yihetuan. I ribelli cinesi distrussero tratti della ferrovia in costruzione, e dopo aver inseguito e catturato i costruttori russi, operai delle ferrovie e soldati, li torturarono brutalmente e li uccisero.

Il resto del personale e delle guardie furono in grado di rifugiarsi ad Harbin, la città in cui si trovava l’amministrazione della ferrovia russa dal 1898. Per quasi un mese, dal 27 giugno al 21 luglio 1900, una guarnigione russa di 3.000 uomini combatté contro 8.000 ribelli Yihetuan e contro le truppe Qing, che in quel momento li sostenevano.

Per salvare la situazione, altre truppe russe furono inviate in Manciuria. Allo stesso tempo, San Pietroburgo sottolineò più volte che la Russia non intendeva impadronirsi del territorio cinese. Dopo aver liberato Harbin dall’assedio e dopo la partecipazione alla soppressione della Ribellione dei boxer, le truppe furono effettivamente ritirate, ma non prima che il governo Qing nel 1902 confermasse ancora una volta i diritti della Russia sulla base navale di Port Arthur e sulla Ferrovia Orientale Cinese.

3 / Conflitto per la Ferrovia Orientale Cinese

Ma per una ferrovia così importante gli scontri armati erano destinati a riscoppiare circa trent’anni dopo, quando Cina e Russia erano ormai Stati completamente diversi. La caduta dell’Impero russo e lo scoppio della Guerra civile sulle sue rovine portarono alla temporanea perdita del controllo da parte dei russi sulla Ferrovia Orientale Cinese. Anche i giapponesi provarono a metterci le mani sopra, ma senza successo.

Quando l’Urss si rafforzò e tornò a sollevare la questione della Ferrovia Orientale Cinese, dovette accettare di condividere il controllo su di essa con la Repubblica di Cina, cosa che si rifletté nel trattato del 1924. Ma la gestione congiunta fu caratterizzata da continui conflitti. Numerosi emigrati Bianchi che si erano stabiliti ad Harbin, interessati a incitare l’ostilità con i bolscevichi, aggiunsero benzina sul fuoco.

Nel 1928, il partito Kuomintang di Chiang Kai-shek fu in grado di unire la Cina sotto i propri vessilli e di concentrarsi sulla nazionalizzazione forzata della Ferrovia Orientale Cinese: le truppe cinesi occuparono sezioni della linea, arrestarono dipendenti sovietici e li sostituirono con cinesi o emigranti Bianchi.

Visto che i cinesi iniziarono ad ammassare rapidamente le loro forze armate al confine con l’Urss, il comando dell’Armata Rossa decise che l’Armata Speciale della Bandiera Rossa dell’Estremo Oriente, che era in pesante inferiorità numerica (16 mila uomini contro 130 mila cinesi dislocati in diverse posizioni), avrebbe dovuto agire preventivamente e distruggere i singoli raggruppamenti nemici uno per uno, prima che avessero il tempo di convergere e riunirsi.

Durante tre operazioni offensive nell’ottobre-dicembre 1929, le truppe della Repubblica Cinese furono sconfitte. I cinesi contarono oltre 2 mila morti e oltre 8 mila prigionieri, l’Urss perse invece meno di 300 soldati. Come spesso accaduto durante i conflitti russo-cinesi, il miglior addestramento al combattimento dei soldati russi giocò un ruolo fondamentale, annullando la superiorità numerica del nemico.

Come risultato dei negoziati di pace, l’Urss vide il ritorno allo status quo nella questione del controllo sulla Ferrovia orientale cinese e si assicurò il rilascio dei lavoratori sovietici arrestati dai cinesi. Tuttavia, lo spargimento di sangue per la ferrovia fu vano. Due anni dopo, la Manciuria fu invasa dal Giappone; una potenza militare molto più forte della Cina. L’Unione Sovietica, ritenendo di non poter mantenere il controllo sulla Ferrovia Orientale Cinese, la cedette allo Stato fantoccio giapponese del Manciukuò nel 1935.

4 / Battaglie per l’Isola Damanskij

Negli anni Sessanta, una Cina molto più forte si sentiva abbastanza sicura da fare rivendicazioni territoriali ai suoi vicini. Nel 1962 scoppiò una guerra con l’India per la regione contesa dell’Aksai Chin. All’Unione Sovietica, i cinesi chiesero la restituzione della piccola isola deserta Damanskij (conosciuta in Cina come “Zhēnbao Dao”; “Isola Preziosa”), di 0,74 km², sul fiume Ussuri.

I negoziati del 1964 non portarono da nessuna parte e, sullo sfondo del generale deterioramento delle relazioni sovietico-cinesi, anche la situazione intorno all’Isola Damanskij si fece sempre più tesa. Il numero delle provocazioni raggiunse le 5mila all’anno: i cinesi entravano continuamente in modo dimostrativo in territorio sovietico, falciando l’erba e pascolando del bestiame, gridando che erano sulla loro terra. Le guardie di frontiera dovevano letteralmente respingerli.

Nel marzo 1969, il conflitto entrò in una fase “calda”. I combattimenti nell’isola coinvolsero più di 2.500 soldati cinesi, ai quali si opposero circa 300 guardie di frontiera. La vittoria della parte sovietica venne assicurata grazie al coinvolgimento dei sistemi di lancio multiplo BM-21 Grad.

“Diciotto veicoli da combattimento spararono una salva e 720 razzi da cento chilogrammi piovvero sul bersaglio in pochi minuti! Ma quando il fumo si diradò, ci si rese conto che non un singolo proiettile aveva colpito l’isola! Tutti e 720 i razzi erano finiti 5-7 km più in là, in profondità nel territorio cinese, distruggendo un villaggio dell’esercito con tutti i quartieri generali, i servizi delle retrovie, gli ospedali da campo, e tutto ciò che c’era in quel momento! Ecco perché c’era silenzio, perché i cinesi non si aspettavano tanta sfacciataggine da noi!”, ha ricordato un partecipante agli eventi, Jurij Sologub.

Come risultato delle battaglie per l’Isola Damanskij, morirono 58 soldati sovietici e almeno 800 cinesi (secondo Pechino, solo 68). L’Urss e la Cina congelarono il conflitto, trasformando di fatto l’isola in una terra di nessuno. Il 19 maggio 1991 l’Urss cedette definitivamente l’isola alla Repubblica Popolare Cinese.


Come Cina e Urss arrivarono a un soffio dal far scoppiare la Terza guerra mondiale