Dieci fatti sulla Battaglia di Berlino che probabilmente non conoscete

Storia
BORIS EGOROV
Quale altro esercito oltre all’Armata Rossa partecipò all’assalto per la conquista della capitale del Terzo Reich? Quali stranieri difesero quel che restava della Germania nazista fino all’ultimo? Ecco le risposte a queste e molte altre curiosità storiche

La battaglia di Berlino, che ebbe luogo da metà aprile ai primi di maggio del 1945, sarebbe potuta iniziare già all’inizio di febbraio. A seguito dell’Operazione Vistola-Oder, la grande offensiva strategica sferrata dall’Armata Rossa a partire dal 12 gennaio, le truppe sovietiche erano ormai a soli 60-70 chilometri dalla capitale tedesca. Il 1° Fronte bielorusso, sotto il comando del maresciallo Georgij Zhukov, era pronto a sferrare l’attacco decisivo su Berlino. Tuttavia, l’offensiva venne impedita dagli attacchi disperati del nemico al 1° Fronte ucraino e al 2° Fronte bielorusso, nonché dal trasferimento di truppe tedesche dalla Curlandia in Pomerania. Di conseguenza, a Zhukov fu ordinato di aiutare i Fronti vicini e l’operazione di Berlino fu rimandata fino alla primavera.

L’assalto decisivo a Berlino sollevò la questione di chi alla fine avrebbe preso la città: il 1° Fronte bielorusso di Zhukov o il 1° Fronte ucraino di Ivan Konev? Stalin diede segretamente il permesso di condurre una sorta di “competizione” tra i due marescialli. Konev fu così coinvolto dalla sfida, che i suoi uomini, che si precipitavano verso il centro della capitale del Reich, violarono le linee di demarcazione tra i due gruppi militari, causando confusione e disordini nelle retrovie delle truppe di Zhukov. Di conseguenza, venne poi deciso che i soldati del 1° Fronte bielorusso avrebbero preso il cuore della città e il 1° Fronte ucraino li avrebbe aiutati.

L’Armata Rossa non fu il solo esercito a partecipare all’assalto a Berlino. Supporto le fu fornito dalla 1ª Armata dell’Esercito polacco, con una forza di duecentomila persone, che rappresentavano circa il 10 per cento di tutte le truppe in avanzamento. Gli alleati, equipaggiati con armi sovietiche, erano agli ordini del governo provvisorio comunista della Repubblica di Polonia e combatterono sotto la loro bandiera e nella loro divisa nazionale. L’episodio più notevole della loro partecipazione furono i combattimenti nell’area del parco Tiergarten, quando i soldati della 1ª Divisione, intitolata a Tadeusz Kosciuszko, appoggiarono i carri armati sovietici del 2° Corpo corazzato della Guardia, che erano rimasti privi della copertura della propria fanteria.

All’inizio della battaglia di Berlino, la Germania aveva già perso tutti i suoi alleati. Tuttavia, migliaia di stranieri avevano continuato a lottare per lei. Tra gli altri, c’era un battaglione della 1ª Divisione lettone delle SS,  e poi c’erano danesi, svedesi, norvegesi e olandesi della divisione SS Freiwilligen-Panzergrenadier “Nordland”, nonché i francesi della divisione SS “Carlo Magno” (“Charlemagne”). Inoltre, la capitale del Terzo Reich fu difesa da diverse centinaia di spagnoli, che, dopo che la 250 Infanterie-Division della Wehrmacht, meglio conosciuta come “Divisione Blu” (fatta di volontari iberici), venne ritirata dal fronte orientale nel 1943, avevano deciso di rimanere in Germania e continuare la lotta contro l’Unione Sovietica.

Per l’obice sovietico da 203 millimetri B-4, soprannominato dai tedeschi “la mazza di Stalin”, nulla era impossibile. Aveva facilmente fatto a pezzi le fortificazioni della Linea Mannerheim, in Finlandia, e poteva trasformare un edificio di più piani in macerie in poche decine di minuti. Ma proprio a Berlino la formidabile arma trovò pane per i suoi denti: la torre antiaerea della Luftwaffe nell’area dello zoo di Berlino. Nonostante un lungo e insistente bombardamento, solo un angolo di questo massiccio edificio risultò danneggiato. La guarnigione al suo interno si arrese solo quando erano ormai terminati i combattimenti in tutto il resto della città.

Il Reichstag non venne preso al primo tentativo. L’assalto del 29 aprile fallì e fu possibile conquistarlo solo entro la sera del 30 aprile. Il giorno successivo, quando i vessilli sovietici sventolavano già su questo simbolo del Terzo Reich, 1.500 tedeschi tentarono di uscire dai sotterranei dell’edificio, ma senza successo.

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Anche gli “amerikantsy” (“americani”) presero parte alla battaglia per Berlino. Si trattava dei carri armati medi “Sherman” M4A2 forniti dagli Stati Uniti all’Unione Sovietica nell’ambito del programma Lend-Lease. Solo il 2° Corpo corazzato della Guardia perse 209 di questi carri armati negli scontri in giro per la città.

Nonostante Berlino sia abbastanza lontana dal Mar Baltico, la Marina sovietica prese parte attiva alla battaglia per la città. Dal 23 al 25 aprile, usando il fiume Sprea, piccole imbarcazioni della Flottiglia di Dnepr, avanzando sotto il fuoco nemico, trasportarono oltre 16.000 soldati e 100 pezzi di artiglieria nell’area dei combattimenti.

Berlino divenne così l’unica capitale di un Paese dell’Europa occidentale ad essere stata presa per ben tre volte nella storia dall’esercito russo. La città fu conquistata per la prima volta nel 1760, durante la Guerra dei sette anni, e la seconda durante la Guerra della Sesta coalizione contro la Francia napoleonica, nel 1813.

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Paradossalmente, quando l’Armata Rossa prese d’assalto la capitale del Terzo Reich, parte del territorio dell’Unione Sovietica era ancora occupata dai tedeschi. Fino a 250 mila soldati nemici erano rimasti bloccati nella cosiddetta Sacca di Curlandia, nella Lettonia occidentale, che ricevette il soprannome ironico di “Campo per prigionieri di guerra armati”. Questo gruppo capitolò il 10 maggio, ma migliaia di collaborazionisti baltici e un certo numero di tedeschi non posarono le armi, iniziando una guerriglia nelle foreste locali contro le forze sovietiche almeno fino a luglio e in modo sporadico fino a ottobre.


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