Il 13 giugno 1964, gli spettatori della Casa Centrale degli Scrittori (“Tsentralnyj dom literatov”) di Mosca, rimasero a bocca aperta, guardando quello che capitava davanti a loro, sul palco. La famosa attrice e cantante tedesca naturalizzata statunitense Marlene Dietrich (1901-1992) si inginocchiò davanti a un uomo anziano, visibilmente imbarazzato, in segno del più profondo rispetto per lui. Ma a chi la diva mondiale non aveva esitato a inchinarsi?
Quest’uomo era lo scrittore sovietico Konstantin Paustovskij (1892-1968). Quattro volte nominato al premio Nobel per la Letteratura, era noto a tutti gli scolari dell’Unione Sovietica: alcuni suoi racconti facevano parte del programma obbligatorio.
Paustovskij era letto anche all’estero. Non si può dire che fosse famoso come Tolstoj o Dostoevskij, ma i suoi titoli erano venduti anche nelle librerie d’Europa e degli Stati Uniti. Uno di loro era finito nelle mani di Marlene Dietrich. Si trattava del racconto “Il telegramma”, che raccontava di come una figlia che si trasferisce in una grande città si dimentica in fretta della sua amorevole madre, che è rimasta in un remoto villaggio, e non trova nemmeno il tempo di salutarla quando sta per morire.
“Questo racconto mi fece una tale impressione che non riuscii a dimenticare né la storia, né il nome dell’autore, di cui in precedenza non avevo mai sentito parlare”, scrisse la Dietrich nelle sue memorie, in cui un intero capitolo è dedicato a Paustovskij.
Nel 1964 la Dietrich volò nell’Unione Sovietica per una serie di concerti. Non appena scese dalla scaletta dell’aereo, chiese di Paustovskij, dicendo che sognava di incontrarlo. Si scoprì che lo scrittore, ormai settantaduenne, che soffriva di asma e aveva avuto diversi attacchi di cuore, era in ospedale.
Tuttavia, lo storico incontro ebbe luogo. Prima del concerto alla Casa Centrale degli Scrittori, il traduttore dell’artista la informò che Paustovskij era in sala. “Questo è impossibile!”, Marlene non ci credeva. Ma davvero lo scrittore e sua moglie erano tra il pubblico.
Dopo lo spettacolo, alla cantante venne chiesto di non lasciare il palco. Paustovskij si alzò dalla sala e andò verso di lei. “Ero così scioccata dalla sua presenza che, non potendo dire neanche una parola in russo, non ho trovato altro modo per esprimere la mia ammirazione che inginocchiarmi davanti a lui”, ha ricordato la Dietrich.
Non fu così facile per lei. Aveva già 63 anni, il suo abito era attillatissimo, e non riusciva più a rialzarsi. Il dottore corse sul palco e urlò a Paustovskij che si era piegato per aiutarla: “Non faccia sforzi!”. La aiutarono altri e lo scrittore “baciò la mano dell’attrice e l’imbarazzo scomparve”, ha ricordato la sua figliastra, Galina Arbuzova.
Poi restarono a chiacchierare per diverse ore e, dopo essersene andata dall’Urss, la Dietrich continuò ad approfondire l’opera dello scrittore sovietico, leggendo con piacere il suo “Cronaca di una vita”. “È il migliore tra gli scrittori russi che conosco. L’ho incontrato troppo tardi”, disse la stella del cinema quattro anni dopo quell’incontro, quando lui morì.
Dove soggiornò Marlene Dietrich a Mosca? All’Hotel Metropol, ovviamente
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