Il generale cileno Augusto Pinochet
APNegli anni '70 il KGB era così potente che riuscì a utilizzare i principali giornali del mondo capitalista per perseguire i propri interessi. E fu proprio quello che accadde al New York Times durante l'operazione Toucan.
Lanciata nel 1976, l'operazione congiunta dei servizi speciali sovietici e cubani aveva lo scopo di screditare l'immagine, agli occhi del mondo, del leader cileno Augusto Pinochet, che riteneva il comunismo il suo principale nemico.
In quello stesso anno il New York Times pubblicò 66 articoli sulle violazioni dei diritti umani in Cile, dedicando meno di 10 articoli a simili problemi in Cambogia e a Cuba.
Il KGB inoltre falsificò la "corrispondenza" tra Pinochet e Miguel Contreras, capo della Direzione nazionale cilena dei servizi segreti (DINA), descrivendo in maniera dettagliata un presunto piano per neutralizzare gli oppositori del regime che vivevano in esilio in diversi Paesi. I giornalisti americani, credendo a quelle lettere, infierirono un ulteriore colpo alla reputazione del dittatore latinoamericano.
Fu la più grande e complessa operazione di intelligence nella storia dell'Unione Sovietica. Nel 1981 il KGB e il GRU (Direttorato principale per l'informazione, o intelligence militare) furono incaricati di effettuare l'operazione Nuclear Missile Attack (RYAN il suo acronimo russo).
Lo scopo di RYAN era quello di scoprire i possibili preparativi statunitensi per un attacco nucleare contro l'URSS e di sviluppare la giusta strategia per contrastare tale attacco. I timori della leadership sovietica nacquero poco dopo la salita al potere di Ronald Reagan, convinto anticomunista, e il conseguente inasprimento della politica statunitense nei confronti dell'URSS.
Come parte dell'operazione, venne incrementata l’attività degli agenti dei servizi segreti sovietici che operavano al di fuori dei paesi del Patto di Varsavia; venne imposta una maggior sorveglianza nei confronti di quegli individui che avevano l’autorità di ordinare un attacco missilistico nucleare, o nei confronti di chi era responsabile del lancio di missili balistici o di missili da crociera, e degli alti funzionari del comando dell'aviazione militare dei paesi membri della NATO. Inoltre venne istituita un'intera rete di agenti "dormienti" che dovevano entrare in azione in caso di scoppio di una guerra nucleare.
L'URSS staccò la spina alla costosa operazione nel 1984, dopo la morte di coloro che l'avevano avviata, ovvero Yurij Andropov, Segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, e il ministro della Difesa Dmitrij Ustinov.
Qui vi abbiamo raccontato 5 cose da sapere su Yurij Andropov, l’unico capo del KGB che salì al comando dell’Urss.
L'Ayatollah Fadlallah
APIl 30 settembre 1985 alcuni membri del gruppo Hezbollah rapirono quattro diplomatici sovietici, due dei quali erano agenti del KGB, proprio fuori dall'ambasciata dell'URSS a Beirut. I rapitori chiedevano che Hafez al-Assad annullasse il controllo di sicurezza nel nord del Libano pianificato dalle forze siriane.
Per dimostrare che facevano sul serio, i rapitori spararono a uno degli ostaggi. Mosca fece pressione su al-Assad e l'operazione venne interrotta. Ma Hezbollah non aveva fretta di rilasciare i cittadini sovietici, e continuava ad avanzare nuove richieste.
La dirigenza del KGB cominciò quindi a cercare altre soluzioni. Vennero identificati i nomi dei principali rapitori e il luogo in cui i diplomatici erano tenuti prigionieri. Ma l'idea che gli Spetsnaz, le forze speciali sovietiche, prendessero d'assalto l'edificio venne rapidamente respinta: si temeva una reazione eccessiva e incontrollabile.
Un incidente casuale giocò a favore dei sovietici: nel corso di una sparatoria con l'esercito libanese, uno dei sequestratori e il fratello di un altro dei rapitori vennero uccisi. Nonostante l'Unione Sovietica non c'entrasse nulla, si sparse la voce che i russi stavano pareggiando i conti di nascosto con coloro che avevano rapito i loro concittadini.
Il KGB decise così di approfittare della situazione e Yurij Perfilyev, capo della sezione del KGB in Libano, incontrò il fondatore e leader spirituale di Hezbollah, l'Ayatollah Fadlallah. Fadlallah accolse calorosamente l'ufficiale sovietico, ma durante la conversazione ostacolò ogni tentativo di Perfilyev di risolvere la questione degli ostaggi.
Perfilyev cominciò quindi a rivelare cose che non avrebbe potuto rivelare, senza il permesso dei propri superiori: disse che la residenza dell'ayatollah Khomeini a Qom era vicina al confine sovietico e che, a causa di alcuni malfunzionamenti tecnici durante le esercitazioni militari, un missile avrebbe potuto arrivare a Qom per puro caso. "E Dio o Allah non voglia che questo missile abbia una testata".
La minaccia funzionò. Dopo un silenzio glaciale, Fadlallah disse: "Penso che andrà tutto bene". Due giorni dopo gli ostaggi vennero rilasciati.
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