Che hobby avevano gli zar russi?

Legion media, Pixabay, Museo Ermitage, Paul Delaroche/Kunsthalle Hamburg, Dominio pubblico
Per rilassarsi dalle alte responsabilità di autocrati, i monarchi di Russia amavano andare a caccia, dipingere, suonare la tromba, ma c’era anche chi adorava cavare i denti (anche sani) e fare operazioni chirurgiche, e se l’intervento andava male, dissezionare il cadavere, dando ai presenti lezioni di anatomia umana

Ivan il Terribile e le scienze occulte

Tra i sovrani europei del XVI secolo era di moda interessarsi alle scienze occulte: in particolare all’alchimia e all’astrologia. Il nonno di Ivan il Terribile (1530-1584), Ivan III, detto il Grande (1440-1505), si era interessato alle proprietà segrete delle pietre preziose; e suo nipote ospitò vari maghi a corte. Dall’Inghilterra, invitò l’astrologo di origine tedesche Eliseus Bomelius. Bomelius preparò veleni, che Ivan usò attivamente per eliminare i dignitari indesiderati, e fece previsioni astrologiche. A Mosca fu maledetto, veniva chiamato il “malvagio stregone Bomelius”, ed era considerato un negromante. Bomelius fu cotto vivo allo spiedo come un porco arrosto quando Ivan scoprì che passava informazioni segrete alla Svezia.

Ma il fascino del sovrano per l’astrologia non scomparve con la violenta morte di Bomelius. Come testimoniò l’esploratore e diplomatico Jerome Horsey (c. 1550 – 1626), più di 60 maghi furono portati a Mosca dalla Lapponia, e, su richiesta di Ivan il Terribile, gli predicevano, studiando le stelle, il successo delle campagne militari, delle riforme o dei “cambiamenti negli incarichi di potere”. Secondo la leggenda, gli stregoni predissero anche che il sovrano, sarebbe morto giocando a scacchi, un altro suo famoso hobby.

Alessio Mikhajlovich e la falconeria

Tra tutti i tipi di caccia, attività che i monarchi russi tradizionalmente praticavano come intrattenimento reale, lo zar Alessio Mikhajlovich (1629-1676), il padre di Pietro il Grande, preferiva cacciare con rapaci portati in Russia dai Paesi orientali. Una quantità incredibile di 75 mila rubli veniva assegnata alla falconeria reale all’anno (il bilancio generale dello Stato era di un milione e trecentomila). Lo zar aveva a Mosca un cortile di falchi con tremila esemplari, e la caccia era sotto la giurisdizione del “Prikaz Tahnykh Del” (“Dicastero degli affari segreti”), l’organismo che si occupava della sicurezza dello Stato.

Quando lo zar era giovane, andava a caccia quasi ogni giorno. Membri della famiglia reale e ambasciatori stranieri venivano invitati a partecipare alla falconeria. Lo zar si recava in pompa magna in campagna: a Sokolniki, Kolomenskoe, Preobrazhenskoe, dove in un campo ben falciato, sulle rive di un fiume o di un lago, venivano montate tende eleganti e offerti rinfreschi. Al segnale del lo zar, i servi spaventavano le anatre e la selvaggina usando corni e tamburi. Lo zar osservava come i falchi e gli sparvieri lanciati dalle mani dei falconieri volavano in alto nel cielo e – amava particolarmente questa parte – come si gettavano a capofitto sulla preda. Dopo la caccia, al monarca veniva portato il falco che quel giorno era stato il cacciatore migliore. A volte, lo stesso Alessio Mikhajlovich interpretava il ruolo del falconiere: era esperto nella caccia e scrisse persino una guida per l’addestramento dei falconieri.

Pietro il Grande e la Medicina

È difficile citare un hobby in particolare di Pietro il Grande (1672-1725). Si dice infatti che padroneggiasse alla perfezione 14 “mestieri”: carpentiere, falegname, fabbro, cartografo, costruttore navale… Ma la cosa preferita di Pietro I era eseguire interventi chirurgici. Ad Amsterdam, visitò il museo anatomico del professor Frederick Ruysch (1638-1731) e prese lezioni da lui, e nel 1699 aprì corsi anatomici per boiardi a Mosca. Come scrisse il biografo di Pietro il Grande, Ivan Golikov, lo zar ordinò di informarlo delle operazioni e delle autopsie, e “raramente c’era un evento del genere a cui non fosse presente… e spesso aiutava persino nelle operazioni. Nel corso del tempo, acquisì così tante abilità che era molto esperto di anatomia e nell’estrarre il sangue, e toglieva i denti con grande passione.”

Il re portava sempre con sé una custodia con gli strumenti chirurgici ed era pronto a cavare i denti in ogni occasione. Nella Kunstkamera di San Pietroburgo, il museo più antico della Russia, si può vedere l’intera collezione di denti estratti dall’imperatore. E alcuni di loro erano… sani.

Uno dei più stretti collaboratori di Pietro I nel 1724 scrisse nel suo diario, circa la nipote di Pietro: “Teme molto che l’imperatore le amputi la gamba dolorante: si sa che si considera un grande chirurgo e intraprende volentieri ogni tipo di intervento sui pazienti”. Quanto Pietro fosse abile come chirurgo non lo sapremo mai: in primo luogo, nessuno avrebbe accusato lo zar della morte di un paziente, e in secondo luogo, quando il paziente moriva, Pietro recitava una preghiera veloce e iniziava subito con entusiasmo a dissezionare il cadavere, spiegando in dettaglio le sue azioni e le basi dell’anatomia umana a tutti i presenti. Tuttavia, la sua passione andò a beneficio del Paese: l’imperatore fondò l’ospedale militare di Lefortovo, la prima clinica statale in Russia.

Pietro è stato anche il primo grande collezionista. Ha gettato le basi per la numismatica russa e la collezione di oggetti d’arte. Ancora oggi sono visibili nei principali musei di Russia oggetti che Pietro il Grande raccolse per il suo tesoro.

Anna I di Russia e la caccia

La nipote di Pietro il Grande, Anna Ivanovna (1693-1740), odiava i balli e i teatri. Ci andava solo in caso di maltempo. La sua vera passione era sparare. Fu persino chiamata “la Diana di Peterhof”, perché a Peterhof, una delle residenze estive degli imperatori, trasformò uno dei padiglioni in una sorta di lussuoso capanno di caccia (Diana era la Dea latina della caccia, corrispondente alla greca Artemide). Proprio dietro al padiglione, nel Parco Inferiore di Peterhof, iniziava una riserva di caccia con grossa selvaggina: in particolare cervi e caprioli.

Inoltre, una gran varietà e quantità di animali selvatici fu portata da tutto il Paese e liberata nel parco di Peterhof, nel quale l’imperatrice adorava passeggiare armata. Nel corso dell’estate del 1739 uccise nove cervi, sedici capre selvatiche, quattro cinghiali, un lupo, 374 lepri e 608 anatre! Anche nella carrozza imperiale teneva una carabina a canne mozze, con cui amava sparare ad anatre e corvi mentre andava a tutta velocità.

Nicola I: la pittura e la tromba

Fin dall’infanzia, Nicola (1796-1855) mostrò una propensione per il disegno, e delle scienze militari, parte fondamentale della sua istruzione, gradiva soprattutto la parte relativa alle fortificazioni e ai lavori di ingegneria, specialmente dove c’era da progettare e disegnare. Era quella la passione del futuro imperatore, che sapeva anche realizzare incisioni su rame e poi adorava colorarle con gli acquerelli.

Un’altra sua passione era il design delle uniformi militari. Mentre era ancora granduca, Nicola disegnò e fece decine di schizzi di nuove uniformi per l’esercito russo, e una volta diventato imperatore, realizzò le sue idee: con lui, le uniformi militari e civili finalmente ottennero standard rigorosi.

Nicola fu anche il primo zar russo a suonare strumenti a fiato. Aveva un flauto, un corno, una cornetta e una cornetta a pistoni, tuttavia, il monarca chiamava tutti questi strumenti “tromba”. Aveva un buon orecchio musicale, e compose persino piccole marce, che eseguì in concerti domestici.

Nicola II e la fotografia

Nicola II (1868-1918) padroneggiava la tecnica del disegno non peggio del suo bisnonno, ed era anche appassionato di ciclismo e tennis. Ma l’hobby principale dell’ultimo imperatore era la fotografia. Grazie alla sua passione, possiamo penetrare più a fondo nella vita privata della famiglia reale.

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Scattava con una “Kodak” americana, la migliore macchina fotografica del suo tempo. Amava la fotografia anche sua moglie, Aleksandra Fedorovna. I due fotografi dilettanti della famiglia reale scattavano e stampavano fino a 2000 foto in bianco e nero all’anno, e le loro figlie adoravano colorarle. A volte la famiglia si riuniva per il suo passatempo preferito: etichettare e incollare foto nell’album.

Le foto imperiali si sono conservate grazie alla damigella d’onore Anna Vyrubova, che portò sei album all’estero e li vendette allo studente di Yale Robert Brewster, che poi donò l’archivio alla biblioteca della sua università: ora tutte queste foto sono di dominio pubblico.

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