Kim Philby (1912-1988) se la rise guardando “17 momenti di primavera” (in russo: “Semnadtsat mgnovenij vesny”), una celeberrima serie tv sovietica in 12 puntate su un agente segreto dell’Urss operante nella Germania nazista. “Una spia con una tale espressione del volto non sarebbe durata un giorno”, disse Philby, un inglese che, quando la serie uscì, nel 1973, viveva a Mosca ormai da parecchio tempo. Si riferiva alla severa fisionomia del personaggio di Stierlitz, interpretato dal grande attore Vjacheslav Tikhonov (1928-2009).
Sapeva di cosa stava parlando. Per molti anni, Kim Philby aveva lavorato per l’Urss, ed era stato a capo di una cellula di spie sovietiche a Londra. Allo stesso tempo, era responsabile del dipartimento dedicato alla lotta al comunismo presso il Secret Intelligence Service (Sis) britannico. In altre parole, il suo compito sarebbe stato quello di catturare persone come lui. Ma anche in questa situazione piena di incredibili rischi, Philby era sempre rimasto un inappuntabile gentleman ed era adorato dai colleghi. Fino a quando non emerse che era una spia sovietica. Da allora si guadagnò il poco lusinghiero titolo di “Britain’s greatest traitor”; il “più grande traditore della Gran Bretagna”.
Harold Adrian Russell Philby (Kim era un soprannome) nacque in una famiglia benestante: suo padre, St John Philby (1885-1960), fu un esploratore, lavorò nell’India britannica, in seguito si convertì all’Islam e fu consigliere del re Abd al-Aziz dell’Arabia Saudita. Tali sono le ironie del destino: St John persuase i sauditi a cooperare con la Gran Bretagna e gli Stati Uniti e non con l’Urss, mentre suo figlio lavorò per Mosca per trent’anni.
Il giovane Kim ebbe un’istruzione di prima classe a Cambridge. Mentre era lì, si associò ai socialisti britannici, una cosa di cui in seguito disse: “Quando ero un studente universitario di diciannove anni che cercava di formarsi le sue opinioni sulla vita, mi sono guardato bene intorno e ho raggiunto una semplice conclusione: i ricchi se l’erano passata dannatamente troppo bene per troppo tempo e i poveri troppo male, ed era ora che tutto cambiasse”.
Questo desiderio di portare l’uguaglianza nel mondo lo portò a lavorare per la principale fortezza della Sinistra all’epoca: l’Unione Sovietica. Nel 1933, Philby fu reclutato a Vienna da Arnold Deutsch, un agente dell’intelligence sovietica. Più tardi, quando venne accusato di tradimento, Philby ribatté sempre con calma di essere rimasto fedele alle proprie convinzioni e che ciò era più importante della lealtà verso il suo Paese.
Kim Philby (il secondo a sinistra), inviato come giornalista in Spagna
Getty ImagesArnold Deutsch convinse Philby che, come agente segreto all’interno del controspionaggio britannico, avrebbe fatto molto di più per la causa comunista di qualsiasi altro convinto socialista. Così, a partire dagli anni Trenta, Kim iniziò a nascondere le sue idee politiche: come corrispondente di “The Times”, scrisse reportage dalla Spagna fascista elogiando pubblicamente il generale Franco. A poco a poco, il Sis iniziò a interessarsi al giornalista e gli offrì un lavoro. Philby, ovviamente, accettò.
Dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale nel 1939, Philby divenne un agente indispensabile per l’intelligence sovietica. Grazie alla decrittazione del codice Enigma, gli inglesi riuscirono a leggere i radiogrammi tedeschi segreti durante la guerra, ma visto che Winston Churchill non aveva tanta fretta di condividere tutte le informazioni con i suoi alleati sovietici, Kim Philby svolgeva segretamente quel lavoro per lui.
La Battaglia di Kursk
Ivan Shagin/Sputnik“Probabilmente avete sentito tutti storie secondo cui il Sis è un’organizzazione dall’incredibile efficienza, e una cosa molto, molto pericolosa. Beh, in tempo di guerra, onestamente non lo era”, raccontò Philby a un seminario per funzionari dell’intelligence della Germania dell’Est nel 1981. Ogni giorno riusciva a lasciare l’ufficio con una grande valigetta piena degli ultimi documenti e rapporti e li consegnava al suo contatto. Quest’ultimo li fotografava e li mandava a Mosca, mentre Philby rimetteva poi gli originali al loro posto il mattino successivo, senza che nessuno se ne accorgesse.
Il grande orgoglio personale di Philby era la Battaglia di Kursk del 1943: grazie a lui, l’Urss sapeva esattamente dove il Terzo Reich aveva intenzione di sferrare il colpo decisivo, vicino al villaggio di Prokhorovka, e respinse un potente attacco da parte dei carri armati tedeschi, il che rese poi possibile vincere la battaglia. “Quando chiedevano a Philby quale fosse il suo principale successo nella vita, rispondeva sempre ‘Prokhorovka’”, ha detto all’agenzia Ria Novosti Sergej Ivanov, capo dell’ufficio stampa del Servizio di intelligence estera russo.
Appunti di Kim Philby venduti all'asta Sotheby's
Getty ImagesDal 1944, dopo aver estromesso grazie a un intrigo il suo capo (“Fu una storia molto sporca, ma il nostro lavoro implica di tanto in tanto lo sporcarsi le mani”, ricordò l’ex agente in seguito), Kim Philby prese il comando della IX Sezione del Sis, che sovrintendeva alle operazioni anticomuniste. Nella sua nuova posizione, continuò a trasmettere informazioni a Mosca, coprendo sapientemente le tracce. Tanto che, nel 1946, ricevette l’Ordine dell’Impero britannico da re Giorgio VI.
Philby era però su un crinale sempre più ripido. In un’occasione, nel 1945, il vice-console sovietico in Turchia, Konstantin Volkov, disse agli inglesi che, in cambio di asilo politico e denaro, era pronto a rivelare i nomi di tre importanti agenti sovietici a Londra. Philby, essendo uno di loro, volò a un incontro con Volkov come rappresentante del Sis, dopo aver inviato una soffiata a Mosca. Volkov fu arrestato, e Philby disse ai suoi capi del Sis che l’incontro doveva essere stato una provocazione.
Guy Burgess
Getty ImagesNel 1951, le nuvole si addensarono di nuovo su Philby, in seguito alla fuga a Mosca di due spie sovietiche che erano state reclutate su sua raccomandazione: Donald Maclean e Guy Burgess. Maclean era già sul punto di essere scoperto, ma Burgess, che aveva organizzato la fuga di Maclean, era fuggito senza permesso, compromettendo profondamente la posizione di Philby. Il Sis sapeva che Philby e Burgess si conoscevano e decise che era possibile che Philby fosse il “terzo uomo”. Iniziarono a interrogarlo.
Kim Philby durante una conferenza stampa durante la quale proclamò la propria innocenza
Getty ImagesL’agente sovietico mantenne il sangue freddo: gli inglesi lo sottoposero a settimane di interrogatori quotidiani, ma non riuscirono a individuare una sola bugia o contraddizione. Alla fine lo lasciarono libero (anche se fu rimosso da capo del dipartimento). Fu il ministro degli Esteri in persona a comunicare che non era colpevole. Nel 1955 Philby convocò una conferenza stampa in cui espresse il suo sdegno per essere stato accusato di spionaggio. “L’ultima volta che ho parlato con un comunista sapendo che era un comunista è stato un bel po’ di tempo fa, nel 1934”, disse Philby. E tutti gli credettero.
Kim Philby
Getty ImagesNegli anni 1956-1963, Philby lavorò in Medio Oriente: apparentemente come giornalista, ma in realtà come agente del Sis (e ovviamente di Mosca). Non si sa molto di questo periodo della sua vita. Nel 1963, tuttavia, fu definitivamente scoperto il suo doppio gioco, grazie alle testimonianze fornite da nuovi disertori in Occidente, nonché da una sua vecchia ragazza che rivelò le sue convinzioni comuniste.
“Mi proposero di raccontare tutto ciò che sapevo sul Kgb, e di fare i nomi di tutti gli agenti ancora attivi in Gran Bretagna”, scrisse Philby nelle sue memorie. Ma non ebbe bisogno di raccontare niente: i compagni sovietici organizzarono la sua fuga da Beirut nell’Urss (c’è chi crede che gli inglesi abbiano intenzionalmente lasciato Philby “fuggire” all’Est per evitare lo scandalo di un processo su un colossale buco nella sicurezza statale).
Kim Philby con l'ultima moglie, Rufina Pukhova (anni '70)
Getty ImagesIn Urss, Philby divenne essenzialmente un pensionato onorario: trasmise all’intelligence sovietica tutto ciò che sapeva e occasionalmente tenne seminari per gli ufficiali dell’intelligence. Visse in un appartamento nel centro di Mosca e sposò una moscovita vent’anni più giovane di lui. Nelle poche interviste, dichiarò di non essersi pentito di nulla e parlava dell’Urss come “noi”, sebbene ammettesse che gli mancava un po’ l’Inghilterra. Come confermano gli ufficiali dell’intelligence, molte delle cose in cui Philby era stato coinvolto sono classificate ancora oggi e potrebbero rimanere avvolte nel mistero per sempre.
Il più grande fiasco nella storia dell’intelligence sovietica
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