Perché l'URSS non si unì agli Alleati nel 1939?

Pavel Kuzmichev; Fedor Kislov/МАММ/MDF/russiainphoto.ru
All’inizio della Seconda guerra mondiale Mosca, Londra e Parigi cercarono di stringere un'alleanza contro Hitler. Ma andò così male che Iosif Stalin preferì sottoscrivere un accordo direttamente con la Germania...

Nella primavera del 1939 la situazione in Europa era ormai sull’orlo del disastro. La politica di pacificazione promossa dal Regno Unito e dalla Francia nel tentativo di contenere Hitler soddisfacendo le sue crescenti aspirazioni di grandezza risultò fallimentare. 

Il primo ministro britannico Neville Chamberlain e il primo ministro francese Eduard Daladier permisero alla Germania di annettersi l’Austria (Anchlussed), quindi obbligarono la Cecoslovacchia a cedere a Hitler la regione di Sudetenland, in gran parte popolata da tedeschi. 

Rientrando da un viaggio a Monaco, dove aveva firmato un trattato con Hitler, Neville Chamberlain si vantò di essere tornato portando con sé “la pace per i nostri tempi”. Ma solamente pochi mesi dopo, nel marzo del 1939, Hitler ruppe il trattato, deciso a occupare anche il resto della Cecoslovacchia: ormai era evidente che fermare la Germania era un’impresa impossibile. E per questo i paesi occidentali iniziarono a guardare verso Mosca. 

La mano tesa di Stalin

Diversi giorni prima che le truppe tedesche occupassero la Cecoslovacchia, Stalin tenne un discorso durante il Congresso del Partito Comunista a Mosca. “Gli Stati aggressori ci stanno portando alla guerra, violando gli interessi degli Stati non aggressivi, soprattutto l’Inghilterra, la Francia e gli Stati Uniti - disse -. Noi sosteniamo le nazioni vittime dell’aggressione e ci battiamo per l’indipendenza delle loro patrie”: un chiaro segnale che Mosca era pronta a dialogare con le democrazie occidentali, nonostante le considerasse ancora delle ostili nazioni capitaliste. Stalin si era reso conto che l’URSS aveva estrema necessità di allearsi con la Gran Bretagna e la Francia per scongiurare la minaccia nazista. 

Nel 1939 formare una coalizione a due fronti contro Hitler sembrava un'opzione più che valida per fermarlo. E quando Hitler si impossessò della Cecoslovacchia, infrangendo i precedenti accordi con la Gran Bretagna e la Francia, anche l’Occidente si rese conto del reale pericolo che egli rappresentava. 

Ma visto che i vicini dell’URSS, della Gran Bretagna e della Francia temevano Stalin ancor più di Hitler, non fu facile stringere un’alleanza. 

Il tira e molla

Tuttavia Neville Chamberlain, che aveva un ruolo cruciale nel plasmare la politica delle democrazie occidentali, odiava il Comunismo e la semplice idea di collaborare con Stalin lo ripugnava. “Devo confessare la mia più profonda diffidenza nei confronti della Russia - scrisse in una lettera indirizzata a un amico nel marzo del 1939 -. Non ho alcuna fiducia nella sua capacità di mantenere un’offensiva efficace, anche se lo volesse. E nutro diffidenza nei confronti delle loro motivazioni, visto che mi sembra che abbiano ben poco a che fare con le nostre idee di libertà”. 

Perché Chamberlain era così scettico? Non si trattava solo delle sue posizioni anti-comuniste: il fatto è che se l’Armata Rossa si fosse ritrovata a combattere contro la Germania nazista nella primavera del 1939, la Polonia o la Romania avrebbero dovuto lasciarla passare attraverso il proprio territorio. Un’ipotesi tutt’altro che probabile. 

“L’Unione Sovietica aveva dispute territoriali aperte sia con la Polonia che con la Romania (rispettivamente per l’Ucraina occidentale e la Bielorussia occidentale, e la Moldavia, ndr)”, fa notare lo storico Oleg Budnitsky, direttore del Centro internazionale per la Storia e la Sociologia della Seconda guerra mondiale. “Questi due paesi temevano che, se avessero lasciato entrare le forze sovietiche nel proprio territorio, esse non se ne sarebbero più andate”. 

E visto che la Gran Bretagna e la Francia garantivano il proprio sostegno alla Polonia e alla Romania, Chamberlain non se la sentiva di mettere pressione ai propri alleati. Ma buona parte dell’opinione britannica la pensava in un altro modo: il futuro premier Winston Churchill tenne un eloquente discorso al Senato, sostenendo che “non c'è modo di mantenere un fronte orientale contro l'aggressione nazista senza l'aiuto attivo della Russia”. Secondo i sondaggi nazionali che si tennero nel giugno del 1939, l’84% degli inglesi era a favore di un’alleanza militare tra inglesi, francesi e sovietici. E così Chamberlain e Daladier avviarono a malincuore i negoziati con Stalin. 

I colloqui

Dal 15 giugno al 2 agosto i portavoce britannici, francesi e sovietici si riunirono a Mosca per stabilire i termini politici della possibile convenzione. Ma come terminò l’incontro dopo due mesi di colloqui? Secondo il progetto iniziale, tutte e tre le potenze - e ogni stato confinante con la Germania - avrebbero dovuto garantire aiuto militare reciproco in caso di aggressione tedesca. Si arrivò così a un accordo preliminare... ma quando iniziarono i colloqui diretti tra le missioni militari, tutto crollò come un castello di sabbia. Mentre l’URSS inviò come rappresentante ai negoziati il Maresciallo Kliment Voroshilov, ministro sovietico della Difesa, nonché stretto collaboratore di Stalin, la Gran Bretagna e la Francia inviarono a Mosca solo funzionari minori: l’Ammiraglio Reginald Drax e il Generale Aimé Doumenc, che non erano nemmeno autorizzati a prendere decisioni senza l’approvazione dei rispettivi governi. 

Un vicolo cieco

“I sovietici rimasero di stucco davanti a rappresentanti di così basso livello - spiega Oleg Budnitsky -, e per questo non presero molto sul serio quei colloqui”. 

Inoltre i negoziati arrivarono subito a un punto morto nel momento in cui Voroshilov chiese a Polonia e Romania di lasciar passare l’Armata Rossa attraverso i loro territori per combattere la Germania. Drax e Doumenc non erano autorizzati a dare una risposta alla richiesta di Voroshilov, e ovviamente Polonia e Romania non sarebbero state d’accordo. “Stalin riteneva che quegli Stati fossero dei semplici burattini, e che Francia e Gran Bretagna avrebbero potuto esercitare una pressione su di loro per farli cedere. Ma la faccenda era ben più complessa”, dice Budnitsky. 

La conclusione di Voroshilov fu spiazzante: “La missione sovietica ritiene che senza una risposta positiva a questa richiesta, tutti gli sforzi per raggiungere un accordo militare siano destinati a fallire”. I colloqui furono ufficialmente interrotti il 21 agosto 1939. 

Appena due giorni dopo, il ministro degli Esteri tedesco Joachim von Ribbentrop arrivò a Mosca per firmare un trattato di non aggressione (che includeva un protocollo segreto sulla "divisione delle sfere di influenza" in Polonia). Stalin preferì un accordo concreto con Hitler, piuttosto che portare avanti “colloqui inutili” con Londra e Parigi.

Per utilizzare i materiali di Russia Beyond è obbligatorio indicare il link al pezzo originale

Questo sito utilizza cookie. Clicca qui per saperne di più

Accetta cookie