I sovietici conobbero la Coca Cola per la prima volta negli anni Trenta in occasione della visita di una delegazione ufficiale in America. L’idea di “colonizzare” l’URSS con l’iconico marchio americano era un’opzione troppo costosa per l’epoca, e per questo si ipotizzò di avviare una produzione con ingredienti completamente diversi, utilizzando il tè georgiano al posto delle foglie di coca. Ma questa nuova bevanda, ribattezzata Ruscola, non vide mai la luce del giorno!
Dopo la Seconda guerra mondiale, la Coca Cola ebbe la possibilità di affacciarsi sul mercato sovietico grazie a un personaggio molto famoso: il generale Marshal Georgy Zhukov, che per primo assaggiò la bibita frizzante, offertagli dal generale Dwight D. Eisenhower.
Per Zhukov, però, sarebbe stato estremamente sconveniente bere in pubblico la bevanda simbolo dell’America. Si chiese quindi all’azienda di brevettare una versione speciale della Coca, incolore come la vodka e imbottigliata in una confezione più discreta. Ben presto apparvero dozzine di bottigliette di Coca Cola chiara, con una stella rossa impressa sul tappo. Tuttavia Zhukov preferì conservare la Coca Cola bianca solo per uso personale, senza promuoverla nel paese.
La Coca Cola sembrava destinata a entrare nel mercato sovietico, se non fosse che lo storico rivale PepsiCo era già sul piede di guerra.
All’Esposizione Nazionale USA a Mosca del 1959, il vice presidente Richard Nixon, per fare un favore all’amico Donald McIntosh "Don" Kendall, CEO di Pepsi, accompagnò Nikita Khrushchev allo stand della Pepsi. Il leader sovietico rimase talmente stupito dalla bevanda, che ne bevve una mezza dozzina di bicchieri.
Il giorno successivo la foto di Khrushchev con un bicchiere di Pepsi in mano finì sulle prime pagine di tutti i giornali, dando al brand un’altissima visibilità. “Khrushchev vuole essere amichevole”, recitava all’epoca la pubblicità della Pepsi. “Siate amichevoli, bevetevi una Pepsi”. Per la Coca-Cola fu un colpo durissimo.
Le trattative per portare la Pepsi in Unione Sovietica durarono più di un decennio. La bevanda entrò nel mercato URSS solo nel 1972, quando la PepsiCo iniziò a fornire attrezzature e concentrato per i futuri impianti di produzione. Il primo stabilimento della Pepsi venne aperto a Novorossiysk, sulla costa del Mar Nero, nel 1974.
Monetizzare la bevanda, però, non fu semplice: i rubli sovietici non erano scambiati a livello internazionale, dal momento che il Cremlino aveva proibito le esportazioni di valuta. La soluzione fu quella di utilizzare il baratto: il concentrato di Pepsi veniva infatti concesso in cambio di partite di vodka Stolichnaya.
I dirigenti della Coca Cola inorridirono nel vedere come la concorrente Pepsi si stava imponendo con relativa facilità in Unione Sovietica. Il CEO della Coca Cola, J. Paul Austin, decise quindi di far leva sulla sua amicizia con il presidente USA Jimmy Carter per avere accesso diretto ai leader sovietici. Come risultato di questa operazione, la Coca-Cola entrò finalmente nel mercato sovietico. Nel 1979 a Mosca, Kiev e Tallin apparve la Fanta, l’aranciata frizzante, introdotta nel mercato in versione limitata.
Ma furono le Olimpiadi di Mosca del 1980 a offrire alla Coca Cola un’opportunità d’oro: nonostante il dichiarato boicottaggio da parte degli USA ai Giochi, a seguito dell’invasione sovietica in Afghanistan, la Coca Cola ignorò la presa di posizione, facendo leva sul fatto che il brand era già stato sponsor e partner delle Olimpiadi fin dal 1928. La multinazionale, dissero, era al di sopra della politica. E così la Coca Cola divenne la bevanda principale dei Giochi di Mosca.
Nel 1986 venne finalmente avviata la produzione di Coca Cola in Unione Sovietica. Come forma di baratto, vennero concesse auto Lada in cambio del concentrato per la preparazione della bibita.
Con l’ingresso della Coca Cola nel mercato sovietico negli anni Ottanta, il braccio di ferro tra i due colossi di bibite gassate si fece più duro. La Pepsi fu la prima società straniera a farsi pubblicità sulla tv sovietica e scelse come volto per il proprio spot quello di Michael Jackson. La Coca Cola, invece, fu il primo brand estero ad esporre un cartellone pubblicitario su un edificio nel centro di Mosca.
Nel 1989 la PepsiCo e il governo sovietico firmarono un incredibile accordo di baratto, che prevedeva la fornitura del concentrato in cambio di 17 sottomarini dismessi e tre navi da guerra, che l’azienda riuscì a rivendere a pezzi.
Con il crollo dell’Unione Sovietica, i due colossi delle bibite gassate si risvegliarono in un mondo completamente nuovo: non solo ebbero accesso a un mercato fino a prima inaccessibile, ma riuscirono a penetrare anche nei negozi di tutte le ex repubbliche sovietiche. In quel momento iniziò un nuovo braccio di ferro per conquistare i cuori (e i portafogli) di milioni di nuovi potenziali clienti.
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