Nei primi anni Trenta, l’Unione Sovietica voleva dimostrare il suo status di potenza aeronautica mondiale. Così i leader del Paese ebbero l’idea di un volo di lunghissima percorrenza per gli Stati Uniti attraverso il Polo Nord. Per realizzare questo piano, venne sviluppato un aereo speciale e il progettista Andrej Tupolev fu incaricato di guidare la missione.
L’Ant-25 di Tupolev aveva un design unico: la sua apertura alare era di 33 metri e poteva essere ancora più grande. Per la prima volta nella storia, le ali di un aereo venivano anche utilizzate per immagazzinare carburante: l’Ant-25 ne poteva trasportare fino a sette tonnellate. Per il volo verso gli Stati Uniti, l’aereo fu rielaborato in modo specifico per sostenere il volo a temperature estremamente basse.
Nel 1935, il primo tentativo di volo verso San Francisco attraverso il Polo Nord si concluse con un fallimento, quando l’equipaggio scoprì una perdita di carburante sul Mare di Barents. Fu loro ordinato di tornare alla base. Il fallimento alimentò la convinzione che volare sopra il Polo Nord non fosse possibile. Tuttavia, i due membri dell’equipaggio del volo del 1935 erano determinati a farcela e chiesero al famoso pilota sovietico Valerij Chkalov (nella foto), soprannominato il “Lindbergh russo” se voleva prendere il comando.
Chkalov era in buoni rapporti con il leader sovietico Stalin e questo aiutò: il Cremlino avrebbe dato il via libera alla nuova impresa, ma a una condizione. Prima di recarsi negli Stati Uniti, l’equipaggio doveva tentare il volo record all’interno del territorio dell’Urss. Questo volo avvenne nel 1936 e ciascuno dei tre piloti ricevette il più alto riconoscimento sovietico: divennero eroi dell’Unione Sovietica. L’Ant-25 concluse il volo in 56 ore, raggiungendo un punto nell’estremo oriente della Russia distante 9.374 chilometri da Mosca.
Dopo il successo del volo, l’Ant-25 partì per le coste americane il 18 giugno 1937: San Francisco era la destinazione finale. L’equipaggio era lo stesso: Valerij Chkalov come capo pilota, Georgij Baidukov come copilota e Aleksandr Beljakov come navigatore. Questo volo durò 63 ore e 25 minuti, ben più a lungo del precedente. La stampa sovietica soprannominò entrambi i voli “la rotta di Stalin”.
Per la maggior parte del volo di 8.500 km, l’aereo sorvolò il ghiaccio in condizioni meteorologiche avverse, quasi senza visibilità. L’equipaggio doveva fare affidamento su attrezzature di navigazione abbastanza semplici. La temperatura nella cabina di guida scese sotto lo zero e non c’era abbastanza ossigeno. L’aereo doveva anche superare i 5.000 metri in alcuni casi, e diversi strumenti smisero di funzionare. Come potete immaginare, deve essere stato piuttosto snervante per i piloti.
Il 20 giugno, l’equipaggio scoprì che non avevano abbastanza carburante per raggiungere San Francisco, così decisero di atterrare in un aeroporto militare vicino a Vancouver (nello Stato di Washington). L’atterraggio andò liscio. I piloti russi furono accolti come eroi. Quando i giornalisti impressionati chiesero a Chkalov che tipo di motore avesse l’aereo (inglese, americano o tedesco?), lui rispose con orgoglio: “Guardate il suo emblema: è tutto nostro, russo, sovietico”. Dopo essere arrivati, gli aviatori sovietici passarono un po’ di tempo a casa del generale George Marshall, il futuro Segretario di Stato degli Stati Uniti e Segretario alla Difesa, che a quel tempo prestava servizio a Vancouver.
Negli Stati Uniti i tre piloti visitarono San Francisco, Chicago, New York e Washington, dove furono ricevuti dal presidente Franklin D. Roosevelt. Il presidente rimase a parlare con i piloti per due ore invece dei 15 minuti previsti. Gli aviatori erano accompagnati dall’ambasciatore sovietico negli Stati Uniti (l’unica persona in abito chiaro nella foto).
Quando tornarono in Unione Sovietica furono personalmente accolti da Stalin. Chkalov ha ricordato che quando rientrarono in Unione Sovietica era quasi impossibile dormire perché tutti volevano parlare con il suo equipaggio.
Due anni dopo, Vladimir Kokkinaki (nella foto) e Mikhail Gordienko volarono senza scali fino in Canada. Il percorso attraversava l’Islanda e la Groenlandia. Attraversarono oltre 8.000 chilometri in 53 ore. Dalla fine degli anni Cinquanta, il percorso fu utilizzato dagli aerei commerciali che coprivano la tratta tra Mosca e New York.
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