Molto prima della rivoluzione di Saur del 27 aprile 1978, con la quale venne abbattuto il regime di Mohammed Daud Khan, e del coinvolgimento militare sovietico negli affari afgani nel dicembre del 1979, i soldati sovietici avevano già combattuto sul suolo afgano. Segretamente, vestiti da gente del posto, ma al suono delle tipiche grida militari russe “Hurrah!” parteciparono attivamente alla guerra civile della fine degli anni Venti.
La situazione politica in Afghanistan fu sempre oggetto di particolare attenzione per la leadership sovietica, poiché influenzava direttamente la sicurezza della vicina regione dell’Asia centrale sovietica. Ecco perché, quando nel 1929 il re locale Amanullah Khan fu deposto dai rivoluzionari e questo portò allo scoppio della guerra civile, l’Urss non poté rimanere in disparte.
Da un lato, c’era il popolo che lottava contro l’élite, e tali iniziative hanno sempre ottenuto il sostegno dell’Unione Sovietica in tutto il mondo. Ma dall’altro, l’Afghanistan sotto Amanullah Khan aveva goduto di buoni rapporti con l’Unione Sovietica. I Paesi avevano ampliato la cooperazione economica e militare, il sovrano afgano aveva effettivamente tenuto a bada i Basmachi, i ribelli anti-sovietici dell’Asia centrale che avevano riparato in Afghanistan dall’Urss durante la Guerra civile russa e terrorizzavano il territorio sovietico con numerose incursioni. La scelta di Mosca nel tentativo di trarre il massimo vantaggio dalla situazione fu dunque difficile.
Chi appoggiare?
Sorprendentemente, l’Unione Sovietica non si affrettò a sostenere le masse rivoluzionarie di contadini guidate dal “figlio di un trasportatore d’acqua”, Habibullah Kalakani. Georges (Georgij) Agabekov, un agente dei servizi segreti sovietici in Afghanistan negli anni Venti che aveva disertò poi in Occidente nel 1930, affermò che le opinioni erano divise su quale parte l’Urss dovesse prendere nel conflitto in corso. (Georges Agabekov, “OGPU: il terrore segreto russo”, 1931).
La polizia segreta sovietica, l’Ogpu, il predecessore del futuro Kgb, sollecitò il sostegno per i rivoluzionari, che rappresentavano l’ampia popolazione. L’Ogpu supponeva che sostenere Habibullah avrebbe aiutato a sovietizzare l’intero Afghanistan.
Un’opinione opposta fu espressa dal Commissariato del popolo per gli affari esteri (dal 1946 in poi Ministero degli esteri sovietico). I diplomatici sostenevano che Habibullah Kalakani, di etnia tagica, aveva il forte sostegno dei milioni di tagichi che vivevano nella parte settentrionale dell’Afghanistan, sui confini con l’Urss. Secondo il Commissariato, se Habibullah avesse vinto e rafforzato il suo potere, avrebbe inevitabilmente cercato di espandere la sua influenza sulle repubbliche sovietiche dell’Asia centrale e di destabilizzare il confine sovietico-afghano.
Le parole dei diplomatici sovietici si rivelarono vere: Habibullah strinse un’alleanza con il leader di Basmachi Ibrahim Bek e le incursioni di Basmachi nell’Urss sono aumentarono in modo significativo. L’altro fattore contro Habibullah era che era attivamente sostenuto dagli inglesi. Così, la leadership sovietica scelse di aiutare Amanullah Khan con truppe e riportare la stabilità nella regione.
Campagna segreta
L’Unione Sovietica non volle mostrare apertamente al mondo il suo coinvolgimento militare nella guerra civile in Afghanistan. Gli oltre 2000 soldati dell’Armata Rossa che presero parte alla campagna afgana erano vestiti come soldati afghani. Erano guidati dall’ex attaché militare sovietico in Afghanistan, Vitalij Primakov, che fingeva di essere un “turco del Caucaso”, l’ufficiale Ragib-bey.
L’unità era accompagnata dal consiglio afgano nell’Urss, guidata da Ali Gholam Nabi Khan, che gli dava una parvenza di legalità. Il consiglio fece infatti finta di essere un’unità di sostenitori di Amanullah Khan che erano stati costretti a lasciare il Paese e ora erano pronti a tornare a combattere per il loro re.
Ben equipaggiata, dotata di mitragliatrici e artiglieria, l’unità militare entrò in Afghanistan il 15 aprile 1929. Con il supporto aereo, l’unità distrusse le truppe di confine afgane e avanzò ulteriormente nella provincia di Balkh verso la città chiave di Mazar-i-Sharif. Contemporaneamente, il deposto sovrano Amanullah Khan lasciò Kandahar, dove si era nascosto dopo essere fuggito da Kabul, e con 14.000 soldati si diresse verso la capitale afgana, occupata da Habibullah.
Durante la battaglia per prendere Mazar-i-Sharif, i soldati sovietici dimenticarono che dovevano fingere di essere afgani e attaccarono con le tipiche grida russe di “Hurrah!”
Dopo che Mazar-i-Sharif fu presa, gli afgani proclamarono la jihad contro gli invasori e bloccarono le truppe sovietiche nella città. Per aiutare i soldati di Primakov, una seconda unità di 400 uomini guidati da “Zalim Khan” (in realtà il comandante della cavalleria sovietica Ivan Petrov) entrò nel Paese.
Le forze armate sovietiche riuscirono a rompere l’assedio, a sbaragliare le guardie nazionali di Habibullah e le unità Basmachi, e si precipitarono, attraverso la città di Balkh, verso Kabul. Tuttavia, il 22 maggio, arrivò la notizia che le truppe di Amanullah Khan avevano subito una disastrosa sconfitta vicino a Kabul e lui stesso era fuggito dal Paese. Le ragioni per le truppe sovietiche di rimanere in Afghanistan erano sparite e l’unità fu richiamata urgentemente a casa.
Durante l’operazione militare afgana, le truppe sovietiche uccisero oltre 8.000 soldati nemici e persero 120 uomini. Nei documenti militari sovietici l’operazione fu menzionata come una lotta contro i banditi nell’Asia centrale sovietica. Fu a lungo proibito di scrivere di questa campagna nella letteratura storica.
Se volete saperne di più sul secondo (1979-1989), e ben più noto, intervento sovietico in Afghanistan, leggete qui
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