La guida alla Siberia di Robinson Crusoe e Daniel Defoe

Katy Lobanova
Nella seconda parte del celebre romanzo di avventura del 1719 c’è anche la descrizione di un viaggio attraverso la Russia, di ritorno da Pechino, fino a Tobolsk. In realtà, lo scrittore non c’era mai stato, ma aveva letto un resoconto di fine Seicento. Ecco le impressioni del giramondo protagonista di questo immortale classico della letteratura

Alla Russia, nel romanzo “Ulteriori avventure di Robinson Crusoe” di Daniel Defoe (1660-1731), è dedicatoa solo il settimo capitolo, ma è sufficiente a tratteggiare un quadro molto impressionante. E ciò, nonostante lo scrittore britannico non avesse mai messo piede nel Paese e si basasse, per tratteggiare le avventure del suo personaggio, sugli appunti di viaggio (1692-1695) di Eberhard Isbrand Ides, mercante, diplomatico ed esploratore danese, e del suo compagno di viaggio Adam Brand, mercante tedesco, che erano andati in ambasceria, attraverso la Russia, fino in Cina, da Mosca a Pechino.
In Siberia Robinson ci entra dalla Cina nell’aprile del 1703 e per la prima volta cita la Moscovia mettendola a confronto con la Cina: “…se la distanza che separa la Cina e la Moscovia non fosse tanto enorme, e se l’impero moscovita non fosse così barbaro, debole e non comandasse così male la sua folla di schiavi, allora lo zar di Moscova senza grossi sforzi potrebbe cacciar via i cinesi dalla loro terra…”.

Sempre meglio che l’Oriente
Defoe non era clericale ed era contrario alla xenofobia, ma il suo Robinson è intollerante nei confronti dei pagani, nel novero dei quali inserisce anche i cinesi, i tatari e le popolazioni autoctone della Siberia. Nei russi invece vede in primo luogo dei fratelli cristiani. “Mi pare, che la prima città, villaggio o fortezza, appartenente allo zar di Mosca fosse Argunskoe, che sorge sulla riva occidentale de fiume Argun. Io non sono riuscito a non provare un enorme piacere nell’arrivare in un Paese cristiano, come io lo chiamavo, o quanto meno governato da cristiani. Perché, sebbene i Moscoviti, a mio avviso, non siano tanto meritevoli di esser definiti cristiani, loro si sentono tali e sono anche a modo loro molto devoti”.

Il sincretismo religioso
Il protagonista sottolinea più volte che le popolazioni locali sono rimaste fedeli alle loro fedi religiose, ai rituali e in molti posti e menti paganesimo e cristianesimo convivono, in modo sincretico: “…la popolazione è formata da pagani che offrono vittime rituali agli idoli e si genuflettono al sole, alla luna e alle stelle e a tutti i corpi celesti del cielo. Tra i selvaggi e i pagani che ho visto, questi si guadagnavano più di tutti il nome di barbari, eccezion fatta solo per il fatto che non sono cannibali, a differenza dei selvaggi d’America. Ma le loro case e i loro insediamenti sono pieni di idoli, e lo stile di vita è il più barbaro. Fanno eccezione solo le città e i villaggi vicini abitati da cristiani o da falsi cristiani della Chiesa greca, ma la loro religiosità è così mescolata con tante superstizioni, che in certe zone con difficoltà si distingue dallo sciamanesimo”.

L’abbigliamento degli indigeni
Privo di qualsiasi interesse etnografico nei confronti della popolazione locale, Crusoe, vede nei rituali pagani solo sangue e immolazioni. Organizza addirittura una sortita con i suoi per bruciare l’idolo pagano.
Non ha simpatia neppure per gli indigeni che incontra sulla strada dalla Cina fino a Tobolsk (2.400 chilometri a est di Mosca).
Robinson descrive il barbaro territorio della Tunguska (adesso compreso nel Territorio di Krasnojarsk): “Fungono da abiti per i tungusi delle pelli di animali selvatici, con le quali coprono anche le loro tende. Gli uomini non si differenziano dalle donne né per il volto né per l’abbigliamento. D’inverno, quando tutto è ricoperto di neve, vivono sotto e scavano dei corridoi per incontrarsi tra di loro”.

Il gelo siberiano
E certamente, nessun resoconto sulla Siberia sarebbe completo senza una descrizione del gelido clima. A Tobolsk, Robinson trascorre oltre metà anno, dal settembre 1703 al giugno 1704, perché la navigazione verso il Mar Bianco è legata alle stagioni e bisogna attendere il disgelo: “Ho vissuto a Tobolsk otto mesi, durante l’inverno, rigido e cupo. Il freddo era così intenso, che in strada non si poteva uscire senza essersi avvolti in una calda pelliccia e aver coperto anche il volto con una maschera di pelle; un cappuccio, a meglio dire, con soli tre buchi, due per gli occhi e uno per respirare. Per circa tre mesi, le giornate scialbe e brevi duravano al massimo cinque o sei ore, ma tutto restava chiaro e il riflesso bianco della neve, che aveva coperto tutto, faceva sì che le notti non fossero particolarmente scure”.

Luogo di deportazione
L’unica impressione positiva della Siberia Crusoe la ebbe frequentando gli alti dignitari di Tobolsk: “La cosa buona è stata che ho trovato la compagnia della buona società in questa città, spersa nel mezzo della terra barbarica, non lontano dal Mare Glaciale Artico, non troppo a Sud dell’isola di Novaja Zemlja. Non stupisce: Tobolsk serve da luogo di confino per i prigionieri politici; è piena di nobiltà, principi, gentiluomini, ufficiali e cortigiani”. Più di tutti, Crusoe si lega al principe ***, al quale arriva a proporre di fuggire in Inghilterra, ma il nobile, con dignità, si rifiuta.

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