La famiglia dello zar Nicola II
Vladimir Boiko/Global Look Press“Valutiamo molto seriamente la versione di un omicidio rituale. Molti membri della commissione della Chiesa [per l’indagine sull’omicidio dei Romanov] non hanno dubbi sul fatto che l’omicidio avesse un carattere rituale”, ha detto il vescovo Tikhon, un influente vescovo della Chiesa ortodossa russa (spesso accreditato come il consigliere spirituale di Putin), alla conferenza dedicata alla scomparsa della famiglia reale.
Questa affermazione ha suscitato molto scalpore poiché alcuni la interpretano come una allusione di natura antisemita su quei tragici eventi, motivo per cui il vescovo Tikhon ha poi dovuto offrire alcuni chiarimenti. Come ha sottolineato, “anche dopo la sua abdicazione, l’imperatore era rimasto una figura simbolica e sacra.” “I bolscevichi e i loro sostenitori non erano affatto estranei a tipi di simbolismo completamente inaspettati e variegati”.
Ha negato con veemenza ogni interpretazione antisemita delle sue parole. Ma la frase “uccisione rituale” era destinata a suscitare commenti e polemiche, nonostante le obiezioni del vescovo. Questo si deve al fatto che la versione dell’omicidio rituale è stata proposta subito dopo l’uccisione e al momento aveva un chiaro sapore antisemita.
Nacque tra coloro che nel 1919 avevano il compito di indagare sull’assassinio della famiglia imperiale. Gli investigatori furono scelti tra le fila degli oppositori politici dei bolscevichi, i bianchi. Il giornalista britannico Robert Wilton, che era vicino agli ambienti delle indagini, ha scritto nel suo libro, pubblicato pochi anni dopo, di “iscrizioni cabalistiche” (cioè relative ai rituali esoterici occulti della cultura giudaica) trovate nel seminterrato della casa di Ekaterinburg dove i Romanov furono uccisi. Quelle iscrizioni erano: “1918 года” [anno 1918], “148467878 р” e “87888”. Come si è scoperto, erano davvero state messe agli atti nel corso dell’indagine.
La stanza di Casa Ipatev dove lo zar Nicola II, i membri della sua famiglia e della servitù furono assassinati
Global Look PressGli investigatori, tuttavia, non hanno prestato attenzione a queste scritte. Ma non così fece l’emigrato russo Mikhail Skarjatin. A metà degli anni Venti dichiarò di essere riuscito a decifrare quei simboli. Affermò che contenevano un messaggio nascosto: “Qui, per ordine delle forze segrete, lo Zar fu sacrificato per la distruzione della Russia. Tutte le nazioni sono informate di questo”. “Le forze segrete”, nella sua visione, erano “gli ebrei che aspiravano al caos e al conseguente dominio del mondo”. Questa sua “scoperta” fu in seguito resa popolare da quegli ambienti dell’emigrazione russa, che erano solidali con i nazisti e con l’antisemitismo hitleriano.
Strettamente connesso con la storia dell’uccisione rituale è un altro fatto che rimane discusso ancora oggi, ed è ancora più raccapricciante. Riguarda il destino dei corpi della famiglia imperiale Ci sono voluti decenni prima che i cadaveri fossero ritrovati. E questo è stato il brodo di coltura ideale per la diffusione di voci e leggende terrificanti. Il capo della commissione d’inchiesta organizzata dai bianchi, Mikhail Ditrikh, scrivendo nel 1922 dichiarò che c’era l’ipotesi che i membri della famiglia imperiale fossero stati decapitati dopo essere stati fucilati. Le loro teste sarebbero state poi messe in grandi barattoli e trasportate a Mosca, per essere mostrate alla leadership sovietica. Successive indagini e perizie forensi hanno dimostrato che questa teoria era falsa.
I presunti crani della famiglia imperiale
Anatolij Semenikhin/TASSAllo stesso tempo, la Chiesa non ha ancora riconosciuto i resti trovati nel 1991 come quelli dei Romanov. Inoltre, il Comitato Investigativo russo si è impegnato a studiare la versione dell’omicidio rituale. Quindi, è troppo presto mettere un punto fermo in merito alle uccisioni e alle circostanze che le accompagnarono.
Quasi cento anni dopo gli omicidi, non è ancora noto chi abbia effettivamente dato l’ordine di fucilare la famiglia reale. Fu una decisione di Lenin o un’iniziativa locale dei bolscevichi radicali di Ekaterinburg?
I ricercatori che propendono per la prima ipotesi, di solito si riferiscono ai diari di Lev Trotskij della metà degli anni Trenta. Trotskij era secondo solo a Lenin, quanto a potere, nei primi anni della giovane repubblica sovietica, e scrisse di aver chiesto a Jakov Sverdlov (1885-1919), uno dei principali leader bolscevichi, cosa fosse successo allo zar. Secondo quanto riferito da Trotskij, Sverdlov (in onore del quale tra il 1924 e il 1991 fu ribattezzata Ekaterinburg) disse che l’imperatore era stato ucciso a colpi d’arma da fuoco insieme alla sua famiglia, poiché tale decisione era stata presa al Cremlino. Trotskij, che era famoso per aver fatto ricorso a misure estremamente dure durante la guerra civile, ha accennato nei suoi scritti di essere rimasto sorpreso dalla gravità di questa azione. Tuttavia, secondo i protocolli esistenti della sessione del governo, lui stesso era presente alla riunione del 18 luglio [il giorno dopo l’omicidio], quando i comunisti di alto rango furono informati dell’omicidio dello zar. Quindi, avrebbe dovuto già sapere cosa era successo allo zar, elemento che getta dubbi sulla sua testimonianza risalente ad alcuni anni dopo, quando era già caduto in disgrazia, dopo la presa del potere da parte di Stalin, ed era costretto all’esilio.
Ci sono anche prove che i bolscevichi pianificassero inizialmente di istruire un processo a Nicola II e per questo non fossero interessati a una sua uccisione sommaria. Si sostiene tuttavia che a metà luglio 1918 la situazione cambiò, che Ekaterinburg stava per essere presa dagli oppositori dei bolscevichi e che Lenin avrebbe potuto temere che lo zar deposto diventasse un punto di riferimento per gli anti-bolscevichi. Tuttavia, come afferma lo storico Genrikh Ioffe, quelle forze antibolsceviche non erano monarchiche. “[Combattevano sotto] la bandiera della democrazia, non certo per la restaurazione della monarchia.”
In questo contesto lo zar non era affatto utile e non era una “figura sacra e simbolica” come sostiene il vescovo Tikhon. “Lo stesso Nicola e la dinastia si erano molto compromessi prima della rivoluzione… nessuno pensava seriamente al loro ritorno”, afferma Ioffe. Ciò rende più probabile che l’ordine che autorizzò l’uccisione di Nicola e della sua famiglia sia stato dato dai comunisti locali.
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