“Solamente adesso... quando la memoria dell’ammiraglio Aleksandr Kolchak prende vita... Solo adesso si rivela il vero Kolchak: una persona di spicco, un uomo di scienza curioso, un ufficiale coraggioso, un professionista militare di alta classe”. Così viene descritto l’ammiraglio Kolchak nella prefazione di una recente raccolta di alcuni suoi scritti.
Nel 1921 il premio Nobel per la Letteratura Ivan Bunin disse: “Il tempo trascorrerà e il nome di Kolchak sarà scritto con caratteri d’oro nelle cronache russe, per la sua memoria eterna e la gloria”.
E sembra che ora questo momento di gloria per Kolchak sia finalmente arrivato. La senatrice russa Elena Mizulina lo ha infatti definito un eroe e si è presa in considerazione l’ipotesi di collocare una targa commemorativa sull’edificio dove egli visse. Non molto tempo fa, poi, il film “L’ammiraglio” lo raffigurò come una sorta di “ultima nobile speranza dell’impero”.
Quella riabilitazione rifiutata
Ciò che risulta discordante nella raffigurazione positiva di quest’uomo è la decisione presa da un tribunale russo che ha deciso di non riabilitare Kolchak. Secondo la legge russa, infatti, continua a essere un criminale, proprio come venne giudicato nel 1920 quando venne catturato dai rivoluzionari siberiani che lo dichiararono colpevole dell’uccisione di migliaia di lavoratori e contadini che si erano ribellati alla sua autorità.
Nei documenti presentati al pubblico ministero militare si fa riferimento al presunto sostegno offerto da Kolchak alle potenze alleate, tra cui Gran Bretagna, Francia, Giappone e Stati Uniti, che intervennero a fianco dei bianchi durante la guerra civile che scoppiò dopo la rivoluzione del 1917.
Quei legami con il Regno Unito e gli Usa
In epoca sovietica Kolchak veniva descritto soprattutto come una marionetta nelle mani delle potenze straniere. È probabile che si tratti di un giudizio alquanto severo, ma gli stretti legami tra Kolchak, il Regno Unito e gli Usa sono ben documentati.
Così come spiega lo storico Oleg Budnitskij, non fu un caso che proprio Kolchak si fosse trasformato nel leader del movimento antibolscevichi in Siberia. “Ovviamente il fatto che fosse molto conosciuto da varie figure politiche inglesi e americane ha avuto molta importanza”, dice Budnitskij.
E Kolchak, che si vide costretto a dimenttersi dal ruolo di comandante della Flotta del Mar Nero a seguito delle sommosse rivoluzionarie nell’estate del 1917, alla fine abbandonò la Russia.
Pochi mesi prima delle sommosse bolsceviche, egli visitò sia il Regno Unito, sia gli Stati Uniti. L’obiettivo ufficiale del suo viaggio negli Usa fu tenere alcune conferenze legate all’attività mineraria, ma fu ricevuto da un capo del Dipartimento di Stato e dallo stesso Presidente Woodrow Wilson.
Successivamente i britannici conferirono a Kolchak un posto ufficiale dopo aver chiesto alle autorità di Londra che gli permettessero di continuare la lotta contro la Germania tra le fila dell’Esercito britannico. E tutto ciò proprio nel momento in cui i leader bolscevichi stavano cercando di concludere una pace separata con Berlino. I britannici accettarono il contributo di Kolchak e quest’ultimo venne spedito in Mesopotamia.
Tuttavia durante il viaggio ricevette un ordine dal Dipartimento di intelligence del Capo di Stato maggiore imperiale, che suggeriva a Kolchak di recarsi nell’Estremo oriente russo. Gli inglesi, così come Kolchak stesso spiegò più tardi, volevano sfruttarlo per creare lì una forza anti-bolscevichi.
Nell’autunno del 1918 Kolchak arrivò a Omsk, in Siberia, come ministro della guerra del governo liberale anti-bolscevichi della Siberia. Ma ben presto Kolchak si trasformò in un dittatore e venne proclamato Governante supermo della Russia.
Gli ufficiali francesi presenti in quel momento a Omsk affermarono che il golpe fu appoggiato dai militari inglesi, così come riporta lo storico Vladimir Khandorin in un suo libro. O perlomeno furono informati della cospirazione.
Da Governante supermo, Kolchak mantenne stretti rapporti con la missione militare inglese. Il suo capo, Alfred Knox, disse che “non vi erano dubbi che Kolchak fosse il miglior russo per i nostri obiettivi nell’Estremo oriente”.
Il sostegno straniero
Kolchak riuscì a sfruttare l’appoggio militare straniero. In Siberia e nell’Estremo oriente fece affidamento su unità militari francesi, inglesi, cecoslovacche, americane, giapponesi. E le sue forze ricevettero rifornimenti dall’estero.
Il livello di dipendenza dello stesso Kolchak con i suoi alleati si rivela nella sua risposta data a un socio, il generale Konstantin Sakharov, il quale chiese a Kolchak il motivo per cui egli non volesse riportare la monarchia in Russia. Il Governante supremo rispose: “Che cosa direbbero i nostri alleati, gli stranieri?”.
In un primo momento il sostegno straniero aiutò Kolchak e nella primavera del 1919 i suoi uomini presero gli Urali, si spinsero fino alle rive del Volga e iniziarono a minacciare Mosca. Ma i bolscevichi mobilitarono le proprie forze e sconfissero le truppe dell’ammiraglio. Kolchak venne consegnato da un capo francese nella città di Irkutsk. Dopo una breve indagine sul suo conto, venne giustiziato.
Nell’anno in cui si ricorda la Rivoluzione russa, la sua figura è tornata al centro dell’attenzione e viene rimessa nuovamente in discussione, insieme alla luci e ombre che caratterizzarono il suo operato.