Sin dall’inizio, la Crisi dei missili di Cuba del 1962 minacciava un disastro su scala mondiale. Gli Stati Uniti chiedevano la rimozione immediata dei missili nucleari sovietici da Cuba, mentre Mosca insisteva che Washington dovesse prima rimuovere i suoi missili dalla Turchia.
Il presidente John F. Kennedy ordinò alla Marina militare statunitense di bloccare Cuba, e Nikita Khrushchev reagì inviando quattro sottomarini della classe Foxtrot (nome in codice usato dalla Nato, in Unione Sovietica erano il Progetto 641) alimentati a diesel, ciascuno dotato di siluri nucleari, nelle acque di Cuba. Il 27 ottobre il conflitto atomico fu vicino come non mai: i sovietici, che avevano una base sull’isola, abbatterono un aereo spia americano U-2, uccidendo il pilota. La guerra era a un passo.
Tensione senza precedenti
La situazione divenne ancora più calda. Al largo delle coste di Cuba, 11 cacciatorpedinieri americani e la portaerei USS Randolph avevano circondato uno dei sottomarini, il B-59. Gli americani non avevano idea che fosse armato con ordigni nucleari e cominciarono a lanciare bombe di profondità caricate alla leggera (come quelle di solito usate per le esercitazioni) per costringerlo a emergere. Gli ufficiali dovevano decidere se combattere o no.
Il capitano del sottomarino, Valentin Savitskij, cercò di contattare Mosca, ma non c’era linea. Le cariche di profondità esplodevano sempre più vicine. “Sembrava di stare seduti in un barile di metallo mentre qualcuno lo colpiva a tutta forza con una mazza”, raccontò poi Vadim Orlov, che era sul B-59 come agente di intelligence.
Il sottomarino stava per esaurire energia e aria, ed era necessario uscire in superficie, ma l’equipaggio non sapeva se le navi americane avrebbero attaccato o no. Forse la Terza guerra mondiale era già iniziata?
Entra in gioco Arkhipov
Tre ufficiali dovevano prendere la decisione: emergere seguendo le richieste americane, o lanciare siluri, compreso quello nucleare? Secondo quanto ha raccontato Orlov, il capitano Savitskij era pronto a colpire, e così anche lo zampolit (il commissario politico).
Orlov ha riferito, molti anni dopo, che Savitskij, nervoso e convinto che la guerra fosse già cominciata, gridava: “Ora li facciamo saltare in aria! Non macchieremo d’infamia la nostra Marina!” Ma il terzo ufficiale, il capitano Vasilij Arkhipov, che era responsabile dell’intera flotta, convinse i suoi colleghi che lanciare un siluro nucleare era una decisione troppo pericolosa da prendere.
Il B-59 emerse, chiedendo alle navi americane di fermare le loro provocazioni. Insieme agli altri tre sottomarini, fu poi costretto a lasciare le acque cubane e a tornare in Unione Sovietica. Ma la cosa più importante è che l’equipaggio evitò un conflitto su vasta scala. Il giorno successivo, il 28 ottobre 1962, Khrushchev e Kennedy raggiunsero un accordo. La crisi dei missili cubana finì.
Un sopravvissuto del K-19
Un motivo per cui Savitskij ascoltò Arhipov era l’autorità che aveva guadagnato in tanti anni di servizio. L’episodio più noto che lo aveva reso famoso tra gli uomini dei sottomarini era avvenuto un anno prima della crisi cubana.
Nel 1961, Arkhipov era in servizio sul K-19, un sottomarino nucleare famigerato fra gli ufficiali sovietici per le sue continue avarie e gli incidenti, tanto da essersi guadagnato il soprannome di “Hiroshima”. Nel luglio di quell’anno, il K-19 stava conducendo un’esercitazione nell’Atlantico settentrionale quando il suo reattore si ruppe, perdendo il liquido di raffreddamento.
Il livello di radiazioni salì pericolosamente (molti morirono nel giro di tre settimane per la contaminaziona), e diversi membri dell’equipaggio e ufficiali erano nel panico e cercarono di ammutinarsi. Arkhipov, che era il vice a bordo del K-19 (il comandante era Nikolaj Zateev) fu tra i pochi a rimanere calmi, mantenendo l’ordine e aiutando a organizzare una corretta evacuazione. Dimostrò lo stesso livello di compostezza al largo delle coste di Cuba un anno dopo.
Un eroe rimasto sconosciuto
Arkhipov non ha ricevuto gratifiche dopo che la crisi si risolse, almeno ufficialmente. Tutta la storia è rimasta segreta a lungo. Lui ha continuato il suo servizio, raggiungendo il rango di vice ammiraglio nel 1981. Dopo la pensione, ha vissuto tranquillamente con la sua famiglia nella Regione di Mosca.
Nel 2002, durante una conferenza dedicata al quarantesimo anniversario della Crisi dei missili di Cuba, il funzionario dell’intelligence Vadim Orlov ha rivelato i dettagli di questi eventi, tra cui la vicinanza del mondo a un olocausto nucleare e il ruolo di Arkhipov nell’evitarlo.
Molto impressionato, Thomas Blanton, direttore della National Security Archive statunitense, ha dichiarato: “La lezione che riceviamo da queste parole è che un ragazzo di nome Vasilij Arkhipov ha salvato il mondo.” I partecipanti alla conferenza hanno concordato, ma nessuno ha mai potuto ascoltare la versione di Arkhipov. Era morto infatti quattro anni prima, nel 1998.