Karyakin e la rivoluzione negli scacchi

Lo scacchista russo Sergej Karyakin.

Lo scacchista russo Sergej Karyakin.

: Sergej Savostyanov/TASS
Nononstante la giovane età, è considerato il più grande maestro di scacchi della storia. Gli sponsor gli danno la caccia e ha accesso alle più alte stanze del potere. Ecco chi è il geniale Sergej Karyakin, che Rbth ha sfidato in una insuale partita a videogame

Sergej Karyakin è il piu famoso scacchista russo della nuova generazione. Il suo match per la conquista del record mondiale nel novembre 2016 è stato visto in internet da decine di milioni persone. Di lui si dice che negli scacchi sappia sempre trovare una via d’uscita dalle situazioni peggiori e disperate. Ha una perfetta “faccia da poker” ed è sempre affabile e amichevole.

Appare agli antipodi dell’immagine convenzionale dello scacchista con il maglione e gli occhiali, curvo, la scacchiera sotto l’ascella e l’aria completamente assorta.

Alcuni lo ritengono un attraente e tuttora vantaggioso investimento per un business di successo. Altri semplicemente un genio.

Ci incontriamo nel bar sport di un centro sportivo e cerchiamo di uscire dal solito cliché del “tè col giornalista”. Vogliamo battere Karyakin o almeno farlo uscire allo scoperto. E lo mettiamo alla prova con un test.

“Facciamo una partita?”, ci chiede imperturbabile, fissando l’enorme televisore al plasma e un paio di joystick. Naturalmente non ci sono gli scacchi virtuali. Ci sfideremo a un gioco non troppo intellettuale… in un combattimento all’antica.

“A Mortal kombat, forse?”. “Posso allenarmi un po’?”, dice, accettando senza esitazione la sfida.

Il suo manager Kirill Zangalis se ne sta comodamente seduto col suo notebook in un angolo lontano da noi. Il fatto che Karyakin abbia un manager è già un fatto senza precedenti: prima di lui gli scacchisti in Russia non potevano permetterselo. Zangalis è il suo promoter. Per sintetizzare la sua strategia si potrebbe dire che “il suo massimo obiettivo è quello di trasformare lo scacchista in una superstar. La ricetta del successo è quella di vincere l’attuale campionato mondiale di scacchi”.

Primo round: “Trovare gli sponsor”

“Non ho assolutamente tempo di giocare ai videogame perché prima di tutto sono impegnato nei tornei e poi devo allenarmi continuamente. E a dirla francamente mi sembrano un totale spreco di tempo”. L’eroe virtuale di Karyakin riceve un potente colpo alle gambe e il Grande maestro degli scacchi scoppia a ridere. Avevamo cercato di avvertirlo, ma lui ha scelto il personaggio sbagliato. “Sa, per tutta l’infanzia ho giocato giorno e notte a Heroes III e poi, a quanto pare, sono cresciuto”.

Karyakin giura di avere avuto a Simferopoli, dove è nato, un’infanzia come quella di tutti gli altri, fatta di giochi, ginnastica artistica e incontri con gli amici in cortile. L’unica eccezione è che ha frequentato le scuole da privatista. “Sono una persona proprio come lei, non mi piace occuparmi di cose troppo complicate”. Sarà così, ma a 10 anni aveva già fatto il giro del mondo per partecipare a tornei in 15 paesi diversi e a 12 è diventato il più giovane Grande maestro di scacchi della storia, per poi vincere a 14 le Olimpiadi degli scacchi con la squadra nazionale ucraina. E cinque anni dopo si è trasferito a Mosca.

“Non ho avuto praticamente nessun appoggio in Ucraina. Non intendo parlare dei compensi per gli allenatori e le squadre. Di allenatori forti là non ce n’erano e quando siamo diventati campioni olimpici nel 2004 abbiamo ricevuto dallo Stato 3000 dollari lordi, senza detrazioni fiscali”.

“È poco?”, “È piuttosto umiliante. Avevamo anche pensato di rifiutare le medaglie”.

Ora abita fuori Mosca sulla Rublevka (i suoi vicini di casa sono star dello spettacolo e della politica), se ne va in giro su una Mercedes nuova fiammante e il suo computer è protetto dal “Laboratorio Kasperskij”: entrambi i brand sono suoi sponsor. Gli altri loghi cuciti sulla sua giacca sono quelli del leader del mercato forex in Russia “Alpari” e del più grande produttore di titanio “Vsmpo-Avisma”. Ma solo fino a cinque anni fa nessuna impresa privata voleva investire negli scacchi. Lui e Zangalis hanno dovuto combattere contro i pregiudizi per non sentirsi più chiedere dagli investitori: “Perché mai dovremmo investire in questo sport così noioso, solo per outsider? A chi serve?” 

“‘Alpari‘ è stata la prima azienda a credere in me. Insieme abbiamo ideato la campagna ‘Restituiamo la corona degli scacchi alla Russia’”.

Per il torneo di New York, il più difficile della sua vita, è stato trovato uno sponsor solo 48 ore prima della partenza. L’allenamento è durato sei mesi e le spese si aggiravano su un milione di euro. Dopo il torneo non si sono più verificati problemi con gli sponsor, anche se Karyakin ha perso.

Secondo round: “Le vittorie del campione”

“Cosa è andato storto? Forse ho commesso un errore di calcolo. In quel momento avrei dovuto battere Magnus Carlsen e invece ho puntato al pareggio e mi sono distratto”.

Il norvegese Magnus Carlsen, attuale campione del mondo, è coetaneo di Karyakin. Sono entrambi due enfant prodige e vengono continuamente messi a confronto, così come le due scuole da cui provengono, quella dell’ovest e quella dell’est. Karyakin ritiene che Magnus in linea di principio sembrerebbe imbattibile perché non mostra di avere punti deboli. È lo scacchista più versatile della storia, ma Karyakin ha i suoi assi nella manica e questo è il suo “grande segreto”.

“E lei non ha dei punti deboli?”. “Anch’io mi considero uno scacchista versatile e i miei punti deboli non sono poi così tanti. Carlsen, per esempio, era il favorito, e alla fine io ho perso in modo classico”.

“Non la irritano questi confronti continui?”.

“Oggi no, ma durante l’infanzia un po’. All’età di 14-15 anni ero già entrato nella classifica dei cento migliori scacchisti del mondo, mentre lui era ancora indietro. Si aveva l’impressione che dovesse fare ancora molti progressi. E poi in modo assolutamente meritato è diventato il numero uno”.

Qual è la sua qualità essenziale non è difficile indovinarlo, si avvicina e fa immediatamente una mossa. Un altro al suo posto impiegherebbe cinque ore, mentre lui se la cava in un’ora o due. E mentre il nostro Kitana viene scannato, ci spiegano che affrontare 70 avversari a scacchi è normale, ma superare 70 avversari è molto complicato. Per avvicinarti a ciascuno e fare una mossa devi percorrere 500 metri, e se calcoli di doverlo fare almeno 10 volte arrivi a percorrere 5 km. Solo questo è già sport.

Terzo round: “Diventare una leggenda”

- Si pone dei limiti?-  Sì, penso di smettere a 50-60 anni quando il cervello non sarà più così agile.- E quando succederà a cosa pensa di dedicarsi? Alla politica o agli affari?- Sì, penso di dedicarmi a questo.- Ma alla politica o agli affari?- Non ho ancora deciso, dipenderà dalla situazione. In ogni caso continuerò a restare legato agli scacchi. Ho già la mia scuola di scacchi all’Mgu.

E Karyakin sembra avere i contatti giusti. Discute di scacchi con il portavoce del Presidente della Russia, Dmitrij Peskov (e sostiene che giocherebbe volentieri con Putin se lui ne avesse il tempo), ed è anche amico del vicepremier della Federazione Russa, Arkadij Dvorkovich. Si rallegra per l’annessione della Crimea. La strategia decisa con Zangalis continua a essere efficace: strapperanno la corona degli scacchi a Magnus nel 2018  e “naturalmente faranno piazza pulita di tutto”.

Quando gli chiediamo se si è avvilito per la sconfitta, mi risponde di “no”, facendo di nuovo la sua famosa “faccia da poker”. Quando in uno dei match il norvegese ha sconfitto Karyakin, Carlsen è fuggito dalla conferenza stampa. Gli chiediamo da dove proviene la sua impeturbabilità. 

- L’importante è non prendersela troppo a cuore.- Bisogna alzare un muro?- Qualcosa del genere. Cercare di estraniarsi.- Si ritiene un perfezionista?- Non saprei… Mi faccia una domanda più concreta.- Per lei è importante vincere, primeggiare?- Dipende. Ai videogame non devo vincere per forza, ma non posso neppure soccombere.

E vince. Alla grande.

RBTH ringrazia il Centro ricreativo-sportivo “Match point” per l’aiuto offerto durante le riprese.

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