La ginnasta russa Evgenia Kanaeva (Foto: Vladimir Pesnya/RIA Novosti)
La ginnasta Evgenia Kanaeva, vincitrice della classifica stilata dall’agenzia R-Sport sulle atlete di maggiore successo del 2012, non ha preso volontariamente parte nella scelta della migliore atleta, augurandosi l’impossibile: mettere tutte al primo posto.
Nell’intervista con i corrispondenti di R-Sport, la due volte campionessa olimpica ha raccontato dei tifosi di Taiwan, dei sorrisi veri e del cioccolato che si è mangiata di nascosto dall’allenatore.
Evgenia,
la sua disciplina sportiva è molto soggettiva.
Lo
si può dire praticamente per ogni sport. Anche nel calcio o nell’hockey ci sono
i favoriti. Capita che a un allenatore piaccia una ginnasta, mentre un’altra
non abbia doti particolari, che però compensa con un grande entusiasmo e tanta
passione… Prima di tutto però c’è l’impatto visivo; tutti all’inizio guardano
l’aspetto esteriore di una persona, a maggior ragione nella ginnastica
artistica. In questo caso, se sei l’allenatore è molto difficile prendere una
decisione. Con me si allenavano ragazze molto brave, di gran lunga più
dotate di me. Avevano un punteggio più alto e un corpo migliore, il viso più
espressivo. Nell’insieme erano ginnaste stupende. In potenza però... quel che
succede alla fine non lo sa nessuno.
Parlava
del lavoro dell’allenatore.
È molto importante capitare con l’allenatore giusto, ma
anche quello non è il fattore decisivo, perché se una persona è destinata a
diventare uno sportivo, se ci mette tutta l’anima, in qualche modo la noteranno
e la faranno entrare nella squadra. Nella ginnastica artistica russa c’è una
decina di atlete, le migliori, sempre in gara, ma quando inizia il campionato,
ecco che gli allenatori si mettono a scegliere le ragazze dal cinquantesimo
posto, dal quarantacinquesimo.
È
opinione diffusa che nella ginnastica l’allenatore sia un dittatore. Ne ha
incontrati così?
Non
saprei… (ride). Abbiamo un lavoro ben
preciso. Sì, passiamo molto tempo in palestra, ma non siamo recluse. Si lavora
ogni giorno, questo è vero. Ci prendono e ci dettano quello che dobbiamo fare
in quello specifico allenamento. Quando la ginnasta diventa più matura ha il diritto di dare dei suggerimenti.
Si
può arrivare con un gelato?
No,
certamente no. Ma non tanto perché sia pericoloso, quanto piuttosto perché è
considerata una mancanza fondamentale di rispetto nei confronti
dell’allenatore.
E
di nascosto si può?
Di
nascosto lo mangiano tutte. Ma è un segreto di Pulcinella. Persino io mangiavo
cioccolato, non in segreto, ma davanti all’allenatore. A volte era lui stesso a
darmi qualcosa di dolce, quando mi mancavano le forze. Ogni sportivo deve capire
quello che vuole ottenere e cosa è intenzionato a fare per raggiungerlo. E
ancora: come riesce a fare i conti con il proprio aspetto esteriore.
Sì,
ma in altri sport c’è una qualche obiettività: i gol, il punteggio, i secondi.
Nella ginnastica artistica è tutto e soltanto lasciato al giudizio soggettivo.
E i criteri di sicuro ci sono, ma sono in pochi a capirli.
Ci
sono, ma se la ginnastica fa in modo che non ci sia niente su cui essere
fiscali… Mettiamo il caso di un giro con la gamba avanti; l’atleta scrive sul
biglietto un giro e ne fa due. Nessuno può dire che non abbia eseguito fino in
fondo il movimento. Ed è sempre così… Esegui un salto e non ti allunghi bene in
spaccata? Vai oltre. Molto poi dipende dall’espressività, dal sentimento,
ultimamente ci stanno facendo più attenzione. La disciplina è artistica, ma
secondo me l’importante è non superare il limite e lo si può fare soltanto se
non si perde di vista la sincerità. Nel mondo peraltro non ce n’è abbastanza,
di sincerità, come di bontà. Nello sport è la stessa cosa.
Come
si riesce a fare un sorriso vero?
In
nessun modo, non si può far venire. Riga dritto, ama la gente, apprezzala, non
giudicare e non essere invidioso. Il rendimento sportivo dipende da che persona
sei nella vita. Se sei positivo, con pensieri sani, non te la prendi con gli
altri, non entri in conflitto con nessuno – se non in qualche episodio – anche
nello sport riuscirai a raggiungere l’armonia.
Non
si può essere sempre così sull’onda!
Non
è possibile sempre, ma bisogna cercare di motivarsi per il meglio. Anche a me a
volte mancano le emozioni positive; ci sono anche le lacrime, lo stress e i
pensieri negativi.
Ma
quando sale sul tappeto si ha l’impressione che sia appena arrivata per
divertirsi. Anche questo di sicuro non è premeditato?
Nella
ginnastica ci insegnano fin da quando siamo piccoli a portare in scena le
emozioni e quando riesci ad arrivare a un torneo mondiale non puoi non esserne
fiero.
Molti
sportivi si lamentano di avere un certo tipo di stipendio quando i calciatori
ne hanno un altro, ben diverso.
A
me non dispiace, sono felice della mia vita e non lavoro per i soldi. Il calcio
è uno sport popolare, come l’hockey o il tennis. C’è poco da discutere… Senza i
soldi non si va da nessuna parte, ma un vero atleta non pensa ai suoi guadagni.
Pensa all’obiettivo.
Le
ginnaste hanno tifosi che si possono definire fedeli?
Ce
ne sono molti in Spagna. Davvero un sacco! Amano da morire la ginnastica
artistica. Hanno un fuoco nell’anima che è incredibile. In Italia e Francia
fanno un buon tifo. Anche in Russia si tifa, i bambini soprattutto. Quando ci
sono stati i Mondiali a Mosca è arrivata così tanta gente che non sentivamo
nemmeno il segnale dello start. Mi ricordo che sono entrata con il nastro e
stavano urlando il mio nome… Non si può spiegare, ma avrei voluto spiccare il
volo. C’è una tifosa speciale di Taiwan, è venuta apposta in aereo per
sostenermi a Montpellier, mi ha fatto un enorme collage con migliaia di piccole
fotografie che mi ritraggono. Mentre mi esibivo lo teneva in mano. Ha
conosciuto mia mamma, è venuta alle Olimpiadi di Londra.
Quali
sono i pensieri sul prossimo futuro?
Ora
è difficile parlarne. Mi sto occupando della mia salute ed è la cosa più
importante per me. Lo sport è lo sport, è stupendo, ma voglio diventare mamma.
Per una donna nel nostro mondo è il top dei top. Secondo me.
Per leggere l'intervista in versione originale cliccare qui
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