L’idea di spostare la capitale balza in testa ai russi ciclicamente. E nella multisecolare storia del Paese ogni tanto è stata realizzata: dalla Rus’ antica alla Federazione Russa, la capitale ha cambiato sede almeno otto volte. Ma non è nulla in confronto alla frequenza di questo pensiero ai tempi nostri. E per convincere della bontà della proposta, ecco tirar fuori tutti gli argomenti possibili e immaginabili. Per esempio, che abbandonando Mosca si potrebbe finalmente vincere la corruzione, o che la capitale deve aver sede nel centro geografico dello Stato (in Siberia, quindi) per essere più facilmente raggiungibile da tutta la popolazione. Oppure, ecco i più originali sostenere che se la capitale fosse stata spostata a Novosibirsk dopo il crollo dell’Urss molti degli investimenti finiti in Cina sarebbero rimasti nel Paese, negli ultimi 25 anni. (http://news.ngs.ru/articles/51012651/) La richiesta di trasferimento è stata sollevata l’ultima volta nell’agosto del 2017, ma il sindaco di Mosca, Sergej Sobjanin ha immediatamente quantificato i costi di una simile operazione in svariate migliaia di miliardi di rubli, mettendo subito a tacere i promotori. Ma è un silenzio che, come tutti sanno, non durerà molto.
In Russia ci sono le “Vacanze dell’Anno nuovo”. Dopo Capodanno per nove o dieci giorni l’intero Paese si ferma. Ufficialmente. Ma cercare di parlare di affari importanti è di fatto impossibile già dopo la metà di dicembre. Tutti vi rimanderanno a “dopo le feste”. Quando ormai hanno fatto indigestione dei cibi festivi e l’ennesimo programma tv a tema natalizio fa venire l’allergia, i russi iniziano ad avere nostalgia del lavoro. Ma ovviamente, appena tornano in ufficio o in fabbrica, immediatamente si rendono conto dell’errore, e aspettano il fine settimana come la manna dal cielo.
In totale, i russi godono di circa 118 giorni festivi all’anno (senza contare le ferie retribuite), battendo alla grande ogni record mondiale. Secondo alcuni queste festività lunghe e abbondanti “hanno un effetto negativo sulla salute dei cittadini”, perché le persone con reddito basso non hanno nient’altro di meglio da fare in quei giorni che starsene a casa a bere. Secondo altri, al contrario, in caso di riduzione del numero dei giorni liberi, il popolo sarebbe condannato al super lavoro e allo stress. Entrambe le fazioni hanno lobby accanite che si confrontano continuamente, e alla fine tutto resta come prima.
Nel Paese dove la frase “Chi non lavora, non mangia”, della Guida della Rivoluzione Lenin, era una pietra miliare, sorprendentemente si incoraggia l’ozio (vedi punto 2). Il grande oblomovismo (quell’atteggiamento di apatica e fatalistica indolenza resa celebre da Oblòmov, il protagonista dell’omonimo romanzo del 1859 di Ivan Goncharov) è ormai qualcosa di geneticamente radicato nei russi: si vorrebbe sì mettersi a fare qualcosa di utile per sé e per la società, “ma allora, quando vivere?”. Meglio sprofondarsi a pensare al destino dell’umanità sul divano, che fare qualcosa per cambiarlo.
Ma mostrare di essere poveri, anche in Russia non piace e ci se ne vergogna. Così, a Mosca le ragazze sono disposte a togliersi il pane di bocca, pur di mettere da parte i soldi per comprarsi una borsa Fendi e mostrare ai vicini di pianerottolo e ai potenziali fidanzati di non essere una poveretta senza dote. Mentre in provincia il mercato dei tarocchi è fiorentissimo: con imitazioni più o meno riuscite di tutti i principali brand.
Convenzione tacita: se sei povero, nascondi la cosa finché puoi, e se arriva il punto in cui non puoi più fingere, accusa gli altri della tua condizione. Così, nelle masse, secondo le indagini statistiche, è diffusissima l’idea che tutto nella vita sia deciso dai contatti giusti, dalla fortuna, dalle condizioni esterne, e che darsi da fare sia inutile.
A questa domanda, quasi sicuramente verrà risposto con un’altra domanda “E quanto ricchi, e quanto onesti?”. La convinzione che in Russia la ricchezza in modo pulito non si possa raggiungere e che per aver avuto successo ci sia stato in qualche momento della vita da fare i furbi o da rubacchiare, è diffusa come gli oroscopi sui giornali. Persino un quarto di secolo dopo le privatizzazioni, quando le proprietà statali divennero di punto in bianco proprietà privata di pochi super ricchi, la maggioranza delle persone continua a ritenere i ricchi dei mascalzoni.
Anche se l’imprenditore ha una brillante istruzione, grandi capacità e meriti, gli toccherà spesso cercare di dimostrare di essere una persona per bene, e comunque non gli crederanno.
La cucina ogni tanto è capace di suscitare dilemmi metafisici. Per esempio, per i russi, succede con la scelta tra cetrioli in salamoia e sott’aceto. Spiegare la differenza tra i due tipi non è semplice: sostanzialmente è questione di presenza/assenza di aceto e della dose di sale e di aneto. Senza fine si può ridere della battuta, fatta a ogni tedesco. “Ma voi in Germania non avete i cetrioli in salamoia?”. “No, solo sott’aceto”. “Ecco perché avete perso la guerra!”. I cetrioli dell’una o dell’altra ricetta non mancheranno mai sulla tavola, in qualsiasi momento dell’anno.
Il dilemma che si pone il più famoso degli assassini russi, Rodion Raskolnikov, protagonista di “Delitto e Castigo” di Dostojevskij, è diventato un quesito ricorrente per un’intera nazione, dalla pubblicazione del romanzo (nel 1866) in poi.
Cercando di giustificare se stesso dopo il feroce duplice omicidio, Raskolnikov pensa una teoria: ci sarebbero dei “grandi uomini” (del tipo di Napoleone), i quali grazie al dono ricevuto possono disporre della vita dei “piccoli uomini” a loro piacimento.
Oggi la domanda risuona non solo nel momento delle disquisizioni filosofiche, ma anche nelle liti con il capo, sul lavoro, o con gli adolescenti che, come ogni sera, rumoreggiano sotto la finestra della camera da letto.
Non c’è niente di più universale, in Russia, che regalare agli uomini, il 23 di febbraio (in occasione della Festa dei difensori della patria, che sempre più, negli anni, da festa militare si è trasformata in una specie di analogo maschile dell’8 marzo) sapone da barba o calzini. Evidentemente in qualche tempo ormai lontano le russe hanno deciso che questo è ciò che di meglio possono donare ai loro uomini. Per cui il dilemma di solito si limita a: calzini alla moda insolitamente colorati o classico calzino nero da tutti i giorni, facile da accoppiare dopo il lavaggio in lavatrice? Oppure sapone da barba o schiuma? Importante che ci sia la dirimente scritta “For men”. I più fortunati ricevono il completo: calzini+sapone da barba. Per cui i più pragmatici non comprano questi due prodotti con l’avvicinarsi della festa, attendendo il “rifornimento annuale”.
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