Fonte: Mary Evans Picture Library/Global Look Press
“Non ci sarà alcuna pietà verso le spie e i traditori della patria”, recitava il titolo di un articolo pubblicato sul giornale Bolshevik nel 1937. Una frase che potrebbe tranquillamente essere il motto dei servizi segreti sovietici, con l’unica differenza che con il termine “traditori” si faceva riferimento a tutti coloro che in qualche modo avrebbero potuto minacciare il Partito Comunista e gli interessi dei suoi leader.
Le spie sovietiche non risparmiavano nessuno e non si facevano scrupoli a eliminare i “nemici dello Stato”, anche se essi vivevano lontano dai confini russi. Ma quali sono stati i più audaci omicidi commessi durante il periodo sovietico?
Aleksandr Kutepov, leader del Movimento Bianco in Europa
L’ufficiale imperiale russo Aleksandr Kutepov (1882 – 1930) dedicò la propria vita al servizio della monarchia. E quando scoppiò la Rivoluzione d’Ottobre egli non ebbe alcun dubbio su quale fazione appoggiare. Il colonnello Kutepov divenne uno dei principali comandati dell’esercito bianco che unì le forze contro i bolscevichi durante la guerra civile (1917-1922). Ma il suo coraggio non fu sufficiente per evitare il fallimento dell’esercito bianco e così nel 1920 Kutepov lasciò la Russia per rifugiarsi in Europa.
Fonte: Aleksandr P. Kutepov / Legion Media
La sua crociata contro il comunismo però continuò e nel 1929 divenne presidente dell’Unione militare russa (ROVS), un’organizzazione degli emigrati simpatizzanti del movimento bianco, desiderosi di sconfiggere i bolscevichi. Fu proprio in quel periodo che Kutepov organizzò alcuni attacchi terroristici in Unione Sovietica e un’esplosione a Leningrado. Non sorprende quindi che la sua vita fosse in pericolo.
Le circostanze della sua morte non sono molto chiare (tutte le informazioni ufficiali sono ancora riservate) ma venne visto per l’ultima volta a Parigi il 26 gennaio 1930. Secondo le informazioni fornite da un testimone, Kutepov sarebbe stato avvicinato da due agenti vestiti da ufficiali della polizia francesi, che lo avrebbero intimato a fermarsi e a salire a bordo della loro auto. Secondo una versione, Kutepov sarebbe morto a seguito di un infarto, mentre un’altra ipotesi sostiene che gli agenti, nel tentativo di rapirlo, gli avrebbero dato una dose eccessiva di morfina per sedarlo, che lo avrebbe ucciso.
Lev Trotskij, un bolscevico caduto in disgrazia
Durante la guerra civile Trotskij (1879 – 1940), per molto tempo leader dei boscevichi e comandante dell’Armata Rossa, venne a lungo definito il secondo uomo più importante del partito dopo Lenin.
Dopo la morte di Lenin (1924) Stalin fece da parte i sostenitori di Trotskij, concentrando il potere nelle proprie mani. Tre anni più tardi Trotskij venne espulso dal Partito Comunista e mandato in esilio in Messico.
Fonte: DPA/Global Look Press
In breve tempo però Stalin si rese conto che Trotskij avrebbe potuto rappresentare un pericolo anche fuori dal Paese, visto che, nonostante fosse in esilio, continuava a pubblicare libri e articoli che denunciavano il regime di Stalin. Fu per questo che Stalin decise di sbarazzarsi del proprio oppositore.
L’assassinio venne architettato da Pavel Sudoplatov, vice direttore del dipartimento estero dell’Nkvd: Ramón Mercader, agente segreto spagnolo naturalizzato sovietico, riuscì ad avere accesso al cerchio di amicizie di Trotskij in esilio e iniziò spesso a fargli visita.
Il 20 agosto 1940, rimasti soli in una stanza, Mercader colpì Trotskij, sfondandogli il cranio con una piccozza da ghiaccio.
Nonostante la profonda ferita, Trotskij sopravvisse quasi fino al giorno dopo ma Mercader venne condannato a 20 anni di carcere in Messico.
Stepan Bandera, simbolo del nazionalismo ucraino
Ancora oggi Stepan Bandera (1909 – 1959) resta una delle figure più controverse del periodo post-sovietico. Molti suoi connazionali lo vedono come un combattente per la libertà dell’Ucraina orientale negli anni Venti e Trenta. Altri invece, sia in Russia sia in Ucraina, soprattutto coloro che rimpiangono il passato sovietico, lo condannano per la sua vicinanza ai nazisti durante la Seconda guerra mondiale e per i massacri nei confronti di civili innocenti. In tutto ciò, una cosa resta ben certa: era un grande avversario dell’Unione Sovietica.
Fonte: CTK/Global Look Press
Negli anni Cinquanta Bandera, che in precedenza fu anche imprigionato nel campo di concentramento di Sachsenhausen, si stabilì a Monaco dove iniziò a collaborare con le agenzie di intelligence occidentali con la speranza di sconfiggere il comunismo e liberare l’Ucraina.
Era già stato minacciato di morte e per questo le persone a lui vicine gli consigliarono di lasciare la città per un po’. Egli accettò, ma non fece in tempo a mettere in pratica il proprio piano che un ultimo fatale attentato gli costò la vita.
Il 15 ottobre 1959 l’agente del Kgb Bohdan Stashinskij gli tese un agguato all’ingresso di casa e lo colpì con una particolare pistola caricata con fiale di vetro contenenti cianuro di potassio.
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