Come sono diventati miliardari i primi oligarchi russi?

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È morto il primo super ricco della storia sovietica. Artem Tarasov seppe sfruttare alla svelta le nuove potenzialità aperte dalla perestrojka. E gli altri? Abramovich, per esempio, all’inizio faceva bambole di gomma in casa

Fonte: V.Tarabashchuk/TASSFonte: V.Tarabashchuk/TASS

Qualcuno di loro non aveva mai sognato i milioni, per qualcun altro erano stati il pensiero fisso di una vita intera. Ma l’epoca degli “oligarchi russi” la inaugurarono persone per le quali la strada verso il primo milione non fu certo tracciata dai giacimenti di petrolio o di diamanti.

Il primo milionario sovietico ad essersi arricchito legalmente, Artem Tarasov, è morto il 23 luglio scorso all’età di 67 anni. Pioniere del business, era tra quelli che diceva di non aver mai sognato di fare i soldi. Si occupava di scienza, ma l’epoca di Mikhail Gorbachiov offrì opportunità che sarebbe stato stupido non sfruttare. Sull’onda della Perestrojka, molti divennero protagonisti della grande finanza passando per il commercio di ferri da stiro o di bambole.

Artem Tarasov: dollari dalle prostitute e computer

Artem Tarasov. Fonte: KommersantArtem Tarasov. Fonte: Kommersant

Tutto iniziò alla fine degli anni Ottanta, quando al comune cittadino venne permesso di avere un conto in banca e di aprire un’attività economica.  La domanda era solo: in che modo guadagnare?

Tarasov e i suoi amici decisero di iniziare con un’agenzia matrimoniale. «Bisogna qui chiarire che a quel tempo, senza la residenza, a Mosca non si poteva trovare un lavoro. E la residenza la si poteva ottenere solo sposandosi. Capite perché nei primi cinque giorni vennero da noi 4 mila persone? Ognuno pagava 25 rubli (43 dollari, al cambio dell’epoca). In tutto guadagnammo 100 mila rubli di quel tempo (172.000 dollari) da dividere tra le dodici persone che erano in società. 14.300 dollari a testa in cinque giorni, quando lo stipendio medio mensile era di 224 dollari (130 rubli)”, così Tarasov raccontava l’inizio delle sue fortune.

Ma il business il sesto giorno finì. Le autorità sovietiche ritennero che un’agenzia matrimoniale in Urss era qualcosa di immorale. Il secondo tentativo fu la riparazione degli elettrodomestici di importazione. Non c’era nessuno in grado di sistemare quella roba, né si trovavano i pezzi di ricambio. Ed ecco poi che fondarono la cooperativa “Technica”. Ebbero la pensata di russificare i software e poi rivenderli allo Stato.

Fonte: Nikolaj Moshkov/TASSFonte: Nikolaj Moshkov/TASS

“E che pensate? In un mese di lavoro guadagnammo un milione di rubli (1,7 milioni di dollari). Lavorando ai prezzi ufficiali di Stato! Eravamo tutti, sono sincero, sotto choc, quando questo milione saltò fuori all’improvviso. Eravamo convinti che presto ci avrebbero presi e fucilati”, ricordava Tarasov.

Ma se i sistemi operativi c’erano, i personal computer ancora no.

“Iniziò tutto così: andammo da delle prostitute e comprammo da loro dollari al cambio di 3 rubli”. Per mezzo di conoscenti mandarono poi quei dollari all’estero, dove comprarono computer che portarono in Russia. “Quando un computer arrivava, ci era costato in totale 2.586 dollari, e lo rivendevamo agli uffici statali per 86.200”.

German Sterligov: canzoni alla stazione e Borsa

Fonte: Mitya Aleshkovskij/TASSFonte: Mitya Aleshkovskij/TASS

L’imprenditore ortodosso German Sterligov, prima di iniziare a vendere sepolture d’élite e il pane probabilmente più caro di Russia (1650 rubli per una pagnotta; oltre 23 euro), i primi grandi guadagni li fece mettendo a regime le potenzialità non sfruttare delle stazioni. Convinse i direttori delle stazioni della capitale che le sale d’aspetto erano ottimi palcoscenici per concerti.

Gli “artisti” li trovava per strada. Si esibivano per 15 minuti, raccoglievano i soldi e via, verso la successiva stazione, mentre al loro posto saliva sul palchetto il gruppo successivo. “I soldi li portavamo a valigiate. In un paio di mesi ci comprammo la macchina. Il problema più grande era cambiare gli spiccioli in banconote. Allora non esisteva alcun tipo di affitto degli spazi e non pagavamo nessuno, neanche gli sbirri, cosa di cui si offendevano sempre molto. Era il 1988”, ha raccontato il businessman.

Fonte: Boris Kavashkin, Lyudmila Pakhomova/TASSFonte: Boris Kavashkin, Lyudmila Pakhomova/TASS

Ma già nel corso di quell’anno vietarono l’attività di organizzazione di concerti e Sterlingov si riciclò in un altro business. Aveva visto in un film americano come funzionava Wall Street. Affittò una sala, appese degli schermi, installò dei computer e aprì la prima Borsa del Paese, chiamandola “Alisa”. Solo nel primo giorno guadagno 10,3 milioni di dollari.

Il tentato colpo di Stato in Unione Sovietica del 1991 fu solo d’aiuto.

“Io mi trovavo a New York, nella nostra filiale, e il costo delle obbligazioni russe in un attimo cadde quasi a zero. In quello stesso giorno noi ne comprammo un sacco. E tre giorni dopo le vendemmo. Io lo dissi subito: entro tre giorni tutto si calma. E così fu. La redditività dell’operazione fu di oltre il mille per cento”.

Roman Abramovich: bambole di gomma

Fonte: Sergej Guneev/RIA NovostiFonte: Sergej Guneev/RIA Novosti

Fin dagli ultimi anni della scuola, Roman Abramovich acquistava sigarette, cioccolata, jeans, profumi a un prezzo e li rivendeva a molto di più. La laurea decise di non prenderla, convinto com’era che, “per comprare tutto il mondo”, come desiderava fare, non gli sarebbe servita.

A 22 anni gli venne l’idea della cooperativa “Ujut”, “Comfort”: commercio di giocattoli in polimeri (anche un amico di Abramovich si occupava già dello stesso business). Con la prima moglie e sua figlia iniziarono a produrre bambole direttamente nel loro appartamento. All’inizio apparvero in vendita negli hotel, poi nelle stazioni della metropolitana e infine nei negozi. Come risultato, mezza Russia fu riempita dei giocattoli della ditta Ujut.

Fonte: Aleksandr Graschenkov/RIA NovostiFonte: Aleksandr Graschenkov/RIA Novosti

E se lo stipendio medio era di 100, 200 rubli (172-344 dollari) al mese, Abramovich guadagnava già venti volte tanto.

Ma i giocattoli degli anni delle cooperative furono abbandonati a favore del petrolio. “Le bambole non sono mai state il fine. Erano uno dei tanti mezzi per arrivare all’obiettivo ultimo, che era mettere in piedi un business che potesse davvero crescere”, ha raccontato il proprietario del Chelsea che, secondo Forbes, nel 2017, ha una ricchezza di 9,1 miliardi di dollari.

Mikhail Khodorkovskij: fornitore di liquidità

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Il diligente chimico Mikhail Khodorkovskij, poi capo del gigante petrolifero Yukos, e infine oligarca caduto in disgrazia, iniziò di pari passo con Tarasov: registrarono infatti le loro attività nello stesso giorno.

Khodorkovskij e i suoi soci aprirono una Nttm, un Centro scientifico-tecnologico di attività della gioventù; un nuovo tipo di impresa commerciale permessa dalla perestrojka.

Nel 1987 in tutta l’Unione Sovietica ce ne erano appena 33. Così come le cooperative, esse avevano diritto a convertire in contanti denaro altrimenti trasferibile solo con il bancogiro. “Di fatto, dopo la nuova legge sull’imprenditoria privata, tutti avevano questa possibilità, bisognava solo darsi una mossa e non aspettare la manna dal cielo”, ha ricordato Khodorkovskij.

La sua Nttm fu una delle prime del Paese che si occupò di convertire in liquidità grandi somme, con grandi commissioni. Fabbriche, centri scientifici, gruppi edili preferivano fare scambi attraverso la Nttm, perché nel sistema statale c’erano troppe pastoie burocratiche.

Nel 1988 il centro fece utili per circa 137 milioni di dollari e in poco tempo Khodorkovskij ebbe la possibilità di fondare un credito cooperativo.

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