La festa spaziale degli astronauti russi

Roscosmos cosmonauts Gennady Padalka during his tenth spacewalk on August 10.

Roscosmos cosmonauts Gennady Padalka during his tenth spacewalk on August 10.

Roscosmos
Persino durante le missioni tra le stelle gli astronauti non rinunciano a un brindisi in compagnia. Ecco come vengono aggirati i divieti di portare alcolici a bordo della navicella

L’astronauta Gennadij Padalka. Fonte: RoscosmosL’astronauta Gennadij Padalka. Fonte: Roscosmos

La professione dell’astronauta non è così romantica come potrebbe apparire dalla Terra: chiunque abbia compiuto delle missioni spaziali vi dirà che si tratta di un lavoro durissimo, che non concede neppure un po’ di tempo libero e comporta un enorme stress per l’organismo. Ma i russi persino durante le trasferte nello spazio non riescono a sopravvivere senza feste e senza intrattenersi con gli amici in compagnia di una bottiglia.

I primi alcolici inviati nello spazio nel 1971 furono quelli trasportati a bordo della stazione orbitante “Saljut 7”. Il giorno del compleanno di uno degli astronauti della missione cadeva proprio durante la trasferta spaziale e i suoi amici meccanici prima del lancio gli fecero un regalo: nascosero nel manicotto del misuratore della pressione arteriosa una bottiglia di cognac armeno.

In seguito in numerose stazioni spaziali furono rinvenuti dalle commissioni di controllo decine di nascondigli in cui erano stati occultati degli alcolici e la scoperta non venne smentita dai rappresentanti ufficiali del potere. Per esempio, il vice presidente della Commissione di selezione degli astronauti, Vyacheslav Rogozhnikov, ammette che quasi tutti gli astronauti hanno i loro “posti sicuri”. “Sarebbe tassativamente vietato introdurre dell’alcol a bordo eppure spunta sempre fuori. Da dove arrivi, non saprei dirlo”.

Specialisti al lavoro nella stazione orbitale Salyut, lanciata il 19 aprile 1971\nRIA Novosti<p>Specialisti al lavoro nella stazione orbitale Salyut, lanciata il 19 aprile 1971</p>\n
L&#39;astronauta&nbsp;Igor Volk nella Citt&agrave; delle Stelle di Mosca\nAleksandr Mokletsov/RIA Novosti<p>L&#39;astronauta&nbsp;Igor Volk nella Citt&agrave; delle Stelle di Mosca</p>\n
 
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Le tecniche per aggirare i controlli

È assai probabile che Rogozhnikov finga di non saperlo. L’astronauta Igor Volk, già eroe dell’Unione Sovietica, aveva descritto il sistema usato per trasferire a bordo della navicella spaziale tutta la “dotazione” necessaria. Nel 1984, prima del lancio della navicella “Sojuz”, aveva acquistato due secchi di cetrioli marinati e del cognac.

“Non si poteva portare a bordo del materiale che superasse il peso calcolato in base al centraggio del veicolo - racconta -. Ma io e il mio partner, Volodej Dzhanibekov, abbiamo architettato un piano. Prima del lancio ci siamo nutriti per una settimana solo di pane e tè, riuscendo a perdere un paio di chili. Abbiamo avvolto la merce nei sacchetti di cellophane e al momento di vestirci abbiamo nascosto tutto sotto gli scafandri. Sono partito così, con i cetrioli marinati legati tutt’intorno alla pancia”.

L’alcol è stato occultato tra la documentazione di bordo. “È un tomo enorme. Basta togliere la copertina e sotto al posto delle pagine si sistema il liquido. Ci sta comodamente un litro e mezzo di alcol. L’importante è non farlo gorgogliare”.

L’astronauta Georgij Grechko, scomparso di recente, che aveva trascorso nello spazio 134 giorni, 20 ore, 32 minuti e 58 secondi, aveva descritto un sistema più complicato. Quando si è in orbita per evitare l’atrofia muscolare è necessario eseguire degli esercizi almeno per due ore al giorno. A tale scopo esistono nella navicella delle tute apposite al cui interno si trovano dei meccanismi per far lavorare i muscoli in assenza di gravità. Gli astronauti quando turnavano nelle stazioni spaziali lasciavano dentro di esse il loro “gruzzolo”. 

“Una volta dentro una tuta smessa abbiamo rinvenuto una fiaschetta da un litro e mezzo con la scritta 'Eleuterococco B' (un tonico naturale)”, ricorda Grechko. “Ma quando l’abbiamo aperta ci siamo accorti che all’interno c’era del cognac! Avevamo calcolato che ogni giorno avremmo potuto bere 8,5 centilitri di cognac prima di addormentarci, ma siamo riusciti a far fuori solo mezza fiaschetta. L’altra metà è stato impossibile versarla. I liquidi nello spazio hanno peso zero come l’aria e per questo se l’avessimo versata mescolandosi con l’aria si sarebbe trasformata in schiuma, perciò siamo stati costretti a lasciarla lì dov’era. Siamo rimasti sbalorditi quando gli astronauti che ci avevano sostituito sono tornati sulla Terra e ci hanno raccontato di aver finito il cognac! Come avevano fatto? Erano riusciti a escogitare un trucco. Uno di loro si era sistemato sotto il soffitto, reggendo la fiaschetta con le labbra, mentre un altro gli ha dato un colpo in testa. Il primo dei due è caduto giù e il liquido gli è finito per inerzia direttamente in bocca. Poi si sono dati il cambio. Come hanno detto, 'un buon livello di istruzione superiore non è tutto, occorre avere anche la giusta dose di immaginazione'".

Astronauti nello spazio\nRoscosmos<p>Astronauti nello spazio</p>\n
Astronauti nello spazio\nRoscosmos<p>Astronauti nello spazio</p>\n
 
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Effetto sonnifero

Il decreto in vigore che vieta ufficialmente il consumo di alcol nello spazio è ritenuto da molti astronauti semplicemente nocivo. Aleksandr Lazutkin, che ha trascorso in orbita 184 giorni, lo dice apertamente: “Una volta si è verificata una situazione d’emergenza, la composizione dell’aria all’interno dei vani si era modificata e persino i medici del Centro di controllo missioni consigliavano di assumere un po’ di alcol per neutralizzare gli effetti negativi”.

Concorda con lui anche il due volte eroe dell’Unione Sovietica, Valerij Rjumin. “Chiunque compia dei voli nello spazio ve lo confermerà: un goccio di cognac allenta la tensione e ha un effetto benefico sull’organismo. Molto tempo prima del lancio avevo acquistato 12 bottiglie di cognac armeno. L’avevo travasato in morbidi sacchetti di polietilene chiusi da un tappo a vite. La cosa più complicata era introdurli nel veicolo, aggirando gli innumerevoli controlli. Io e l’ingegnere di bordo eravamo stati incaricati di occuparci dell’abitabilità della nuova stazione orbitante mentre era ancora in costruzione negli stabilimenti e abbiamo approfittato di questa opportunità. Abbiamo occultato 6 litri di cognac in alcuni nascondigli. Neppure tanti se si considera che era stata programmata una missione della durata di sei mesi dov’era previsto che si alternassero due spedizioni esplorative, il che significava un gruppo di altri sei astronauti. Naturalmente i padroni di casa accoglievano festosamente i nuovi ospiti offrendogli una una sorpresa speciale: un piccolo sorso del 'magico elisir'".

"Quando la giornata era stata dura o l’indomani ti attendeva un esperimento difficile, ti sdraiavi nella cuccetta e non c’era verso di chiudere occhio. Ma l’elisir ti “salvava”. Non si poteva bere tutto d’un fiato. Lo tenevi un po’ in bocca, sulla lingua, e poi lo assaporavi lentamente. L’intero processo durava una decina di minuti. Quella minuscola dose d’alcol aveva un effetto fantastico nello spazio: rilassava, allentava la tensione. Subito ti addormentavi e l’indomani mattina ti svegliavi in forma. Era molto meglio dei sonniferi che creano subito dipendenza. A detta di tutti, nello spazio il cognac armeno è la bevanda alcolica migliore. Sono convinto che si debba legalizzare il consumo di piccole dosi di alcol a bordo dei veicoli spaziali, da sostituire magari ai sonniferi”.

Al rientro

Ma, per quanto possa apparire strano, le difficoltà peggiori per un astronauta che ha bisogno di eliminare lo stress iniziano quando ritorna a casa. Quasi tutti raccontano che è molto difficile liberarsi dell’abitudine di “collocare” gli oggetti in aria. “È accaduto anche a me - racconta Pavel Vinogradov, che ha compiuto sette passeggiate nello spazio -. Quando sono tornato la prima volta da una missione, ho chiesto a mia moglie un bicchier d’acqua, l’ho bevuto… e l’ho rovesciato a terra senza accorgermene”.

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