La Corte suprema mette al bando i Testimoni di Geova

Vietata la loro attività in tutto il territorio russo poiché considerati “estremisti”. Oltre 165.000 i fedeli in tutto il Paese che ora rischiano fino a sei anni di carcere. Il corrispondente di Rbth ha partecipato al loro recente congresso a Mosca. E racconta come è andata

Testimoni di Geova pregano a Rostov sul Don. Fonte: Getty ImagesTestimoni di Geova pregano a Rostov sul Don. Fonte: Getty Images

Rispondendo a una richiesta del Ministero della Giustizia, il 20 aprile la Corte Suprema russa ha vietato formalmente nel Paese l’attività dei Testimoni di Geova, bollandoli come “organizzazione estremista”. La motivazione, ha spiegato a Rbth il Dicastero, è la presenza di testi scritti che predicherebbero la superiorità del movimento rispetto alle altre religioni e la giustificazione della violenza nei confronti di chi le rappresenta. Nello stesso giorno, il primo viceministro della giustizia Sergej Gerasimov ha emesso un’ordinanza che blocca l’attività di tutte le comunità dei testimoni in territorio russo, fino alla decisione della Corte.

Al processo, durato circa un mese, il Ministero della Giustizia ha fatto leva su decine di sentenze giudiziarie emesse nei confronti delle sezioni regionali dei Testimoni di Geova alle quali non è seguita una risposta da parte del Centro direzionale dell’organizzazione. Gli avvocati dei Testimoni di Geova a loro volta hanno sostenuto che le comunità locali non sono giuridicamente dipendenti dal Centro e pertanto i reclami nei loro confronti non possono portare al divieto dell’attività di tutti. Inoltre la direzione non era stata nemmeno convocata in tribunale per questi processi e non aveva ricevuto alcun avviso da parte del Ministero. Ciò nonostante da quel momento ha preferito non importare in Russia i testi dichiarati estremisti.

Ma non è la prima volta che in Russia si punta il dito contro i Testimoni di Geova. In passato non venivano riconosciuti né considerati, non avevano libertà di culto e venivano perseguitati, proprio come è accaduto nel 1951, quando su ordine di Stalin più di 8.000 fedeli vennero deportati in Siberia.

Il nuovo attacco però è parso ai Testimoni di Geova ben più feroce: se nel 1951 in tutta l’Unione Sovietica i testimoni erano circa diecimila, oggi 165.000 persone si sono ritrovate a trasgredire all’improvviso la legge (i dati arrivano da Roman Silantev, vice direttore del Centro per la Geografia delle Religioni presso il Ministero della Giustizia).

Negli ultimi anni in Russia sono state chiuse alcune comunità di testimoni, più di 60 libri sono stati inseriti nella lista dei testi di stampo estremista e il 15 marzo di quest’anno il Ministro della Giustizia ha presentato alla Corte suprema la richiesta di dichiarare l’organizzazione estremista e di vietarne le attività. 

Screenshot di uno dei siti non ufficiali dei Testimoni di Geova nel giorno in cui è stata emessa la sentenza che vieta la loro attivitàScreenshot di uno dei siti non ufficiali dei Testimoni di Geova nel giorno in cui è stata emessa la sentenza che vieta la loro attività

Il tentativo di proibire il culto dei Testimoni ha fatto scalpore anche tra funzionari e personalità pubbliche al servizio dello Stato. Maksim Shevchenko, per esempio, membro del Consiglio della Presidenza russa per lo sviluppo della società civile e i diritti dell’uomo e presidente del Centro per le ricerche strategiche delle religioni e della politica mondiale, ritiene che l’azione legale del Ministero della Giustizia violi i principi fondamentali della libertà di coscienza. “È difficile considerare i Testimoni di Geova un’organizzazione di estremisti - ha spiegato -. Non sono stati mai coinvolti in attentati terroristici né in altre azioni illegali di alcun genere. Spesso li accusano di professare la verità assoluta della loro dottrina, ma lo si può dire di molte altre confessioni. Secondo me i Testimoni sono nel mirino per una sola ragione: agendo secondo il principio ‘da persona a persona’ stanno facendo una seria concorrenza alla Chiesa ortodossa russa in molte regioni. Qui, è chiaro, c’è lo zampino del Patriarcato di Mosca e degli alti ranghi delle forze speciali che gli ruotano intorno”.

L'assemblea

Il quartier generale dei Testimoni di Geova in Russia si trova a San Pietroburgo. Abbiamo telefonato quando era ancora in corso il processo per vietare l’organizzazione, dopo che il Ministero della Giustizia aveva bloccato ufficialmente ogni loro attività. L’ufficio, con nostra grande sorpresa, era aperto, e ci ha risposto una cordiale voce maschile. Chiedendo di poter partecipare alla riunione dei Testimoni a Mosca - nonostante fosse già in atto il divieto di assemblea - l’uomo ci ha dato l’indirizzo: via Mikhalkovskaya 36. “Ogni sabato e domenica”. 

La sede si trova a 12 chilometri dal Cremlino, in un edificio costruito negli anni Venti del Novecento per ospitare un lanificio. In epoca sovietica qui c’era un Palazzo della cultura, ora secondo il catasto appartiene a un privato. I fedeli lo chiamano “la sala dei regni dei Testimoni di Geova” ed è chiaro che è di loro proprietà.

Accanto alla “sala dei regni” c’è una fila di alcune decine di persone. All’ingresso si trovano le guardie (anch’esse Testimoni, come veniamo a sapere in seguito) con le giacche nere. Una di loro ci chiede lo scopo della nostra visita, poi ci lascia passare. 

La sala è strapiena. Al loro interno ci sono almeno trecento persone. Non facciamo in tempo a sederci che si avvicina un signore (Anatolij, sorvegliante, si legge sul badge). Inizia un interrogatorio sul nostro conto e ci informa che non si possono fare fotografie. 

Scopriamo di aver avuto un bel colpo di fortuna, visto che non siamo capitati solo a un’assemblea, ma addirittura al congresso che si svolge ogni sei mesi e raduna quasi tutta la dirigenza dei Testimoni. Nella sala (che a quanto pare è quella “piccola”) viene trasmessa una diretta sullo schermo: la riunione si svolge nella sala principale al primo piano, dove ci sono ancora più persone.

Fedeli durante una funzione. Fonte: Getty ImagesFedeli durante una funzione. Fonte: Getty Images

I fedeli

Sullo schermo ci sono due uomini seduti su un palco, uno di fronte all’altro. Mettono in scena un dialogo tra due fratelli. Il minore ha la moglie molto malata a cui serve una trasfusione di sangue – severamente proibita ai membri dell’organizzazione – ed è venuto per chiedere un consiglio. “Mi serve l’aiuto di chi ha le idee chiare”. Il dialogo si conclude con l’ammonimento del fratello maggiore: “L’importante è credere in Geova. E anche se una persona muore, Geova può farla tornare in vita”. In sala scoppia un applauso.

Quasi tutti i presenti hanno in mano una Bibbia e un taccuino su cui prendono appunti. Il pubblico mostra un grande interesse per l’ultimo intervento, la relazione del supervisore locale Nikolaj (il supervisore locale tra i Testimoni di Geova è a capo di alcune comunità cittadine tra i 50 e i 100 membri, svolge con loro attività di insegnamento vivendo grazie alle loro offerte). Nikolaj sembra un membro del komsomolets (l’Associazione dei giovani comunisti in Urss, ndr), un giovane ben pettinato con lo sguardo di fuoco. Intervallando il discorso con pause a effetto, racconta con voce drammatica quale sia il peccato peggiore – la mancanza di fede – e come starne lontano. E avverte: “Presto Geova distruggerà il vecchio mondo delle ingiustizie e soltanto coloro che non si sono allontanati dalla fede saranno pienamente ricompensati”. Alla fine della relazione, su richiesta di Nikolaj, la sala si alza e intona il “canto numero 43” (“Siate vigili, saldi e forti”) che ricorda un po’ la marsigliese. Il supervisore rivolge quindi al pubblico una domanda: “Non vogliamo ringraziare con umiltà chi ha organizzato in condizioni così difficili questo congresso?”. Scrosciano gli applausi.

All’ingresso vengono messe due grandi scatole con la scritta “Offerte per la causa mondiale”. I fedeli iniziano a estrarre il portafogli. Non siamo riusciti a sapere quanto sia stato raccolto, ma erano in tanti a mettere banconote non di piccolo taglio, dai mille ai cinquemila rubli (dai 17 agli 87 dollari circa).

La scelta di aderire alla congregazione

All’uscita si avvicina il sorvegliante Anatolij e chiede se vogliamo sapere qualcosa in più sui Testimoni di Geova. Ci scambiamo i numeri di telefono. Conosciamo poi Ekaterina, una donna di mezza età, con la quale prendiamo accordi per andare a un tè “geovista”, che si svolge ogni fine settimana a casa di un membro della comunità. Ekaterina ci racconta che i testimoni hanno molti divieti: non si può lavorare nel servizio pubblico, partecipare alle manifestazioni (non importa se a favore o contro il governo), entrare nell’esercito, alzarsi durante l’inno e nemmeno gemere durante i rapporti sessuali con il coniuge.

Testimoni di Geova nel quartiere Odintsovo di Mosca. Fonte: Aleksandr Artemenkov / TassTestimoni di Geova nel quartiere Odintsovo di Mosca. Fonte: Aleksandr Artemenkov / Tass

Le chiediamo come sia entrata a far parte dell’organizzazione e racconta: molti anni prima il patrigno l’aveva picchiata e lei, stesa a terra in preda alla disperazione, si è messa a pregare Dio. In quel preciso istante hanno suonato alla porta dell’appartamento. Sulla soglia c’erano dei Testimoni di Geova. Ekaterina ha comprato due libretti che poi le hanno cambiato la vita e anche quella del suo patrigno. Ora vanno insieme porta a porta a raccontare chi sono i Testimoni di Geova e a offrire i loro libri. Che sia vera o inventata questa storia è un classico per tutti gli adepti. Il fondatore della dottrina (1931), il giudice americano Joseph Rutherford, racconta di essere approdato alla nuova fede più o meno nello stesso modo: durante gli studi di legge lavorava come venditore di libri di bassa qualità; le persone lo insultavano in malo modo e così decise che quando avrebbe iniziato a guadagnare avrebbe comprato i libri di un giovane venditore. Alla fine quei libri furono proprio i testi degli “studenti biblici”. Rutherford lo prese come un segno dall’alto e si dedicò anima e corpo all’attività.

Ekaterina sostiene di non guadagnare un centesimo dai libri e al contrario fa offerte di 50-100 dollari ogni mese per la “causa mondiale”. A noi non chiede nulla, ma a distanza di pochi giorni iniziano ad arrivare fiumi di sms: “Non prendertela. Con noi si avvererà tutto”. “Quello che ho tentato di dire è la Rivelazione nell’originale. L’Anticristo è già sulla terra, il conto alla rovescia è partito”. “Per vostra informazione: tutti e 5 i film di ‘Terminator’ sono stati girati da ebrei messianici degli USA”. “So già tutto da 20 anni, ma per questo cercano tutti di mandarmi al manicomio”. Il giorno dell’attentato a San Pietroburgo scrive: “Rivelazione, capitolo 15, verso 2. Controlla. Lì parla di questo mare di vetro e fuoco”.

“Non ci arrenderemo”

L’azione penale ora prevede fino a sei anni di reclusione. E Vladimir Ryachovskij, membro del Comitato della Duma di Stato della Federazione russa per le organizzazioni civili e religiose, ritiene che la “persecuzione” sarà inevitabile: “Per il momento in molti dicono: ‘È difficile che si arrivi a tanto’. Io dico che ci si arriverà senza ombra di dubbio. È già successo. Nel 2009 hanno chiuso la comunità locale a Taganrog, poi nel 2012 hanno fatto delle riprese, dimostrando che si stava svolgendo un’assemblea, ed è stata aperta un’indagine. Soltanto alla fine del 2015 c’è stata la sentenza. Si è arrivati a multe e libertà condizionale, ma erano pur sempre sentenze di colpevolezza. Ora è ancora più serio e non si parla di una singola comunità, ma di tutta la Russia”.

Telefoniamo al sorvegliante Anatolij. “Che cosa farete ora che la Corte ha vietato del tutto l’attività dei Testimoni?”. “Pregheremo” risponde, e poi aggiunge: “Chiunque abbia provato ad annientarci è finito male. Hitler voleva bruciarci nei forni, Stalin cacciarci in Siberia e dove sono ora? Sono maledetti. E noi siamo vivi. Continuiamo a vivere. Non abbiamo intenzione di arrenderci”. 

“E Anatolij cosa farà per non arrendersi?”. Non risponde. La dirigenza, secondo lui, proverà a fare ricorso (e ci vorrà un mese di tempo). Senza violenze né estremismi.

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