Verso l'università globalizzata

Victoria Belyaeva (Foto: Darya Kezina)

Victoria Belyaeva (Foto: Darya Kezina)

Victoria Belyaeva, direttore del Centro per le Comunicazioni e il Protocollo Internazionali dell'Università Federale degli Urali, ci parla delle sfide da affrontare per il futuro dell'istruzione

Quando è nata l'idea di unificare le due più antiche e famose Università russe nella capitale degli Urali Ekaterinburg, l’opinione pubblica ha avuto reazioni eterogenee. Oggi l'Università Federale degli Urali intitolata al primo Presidente della Russia, Boris Eltsin, è una sorta di città della Scienza. Qui studiano più di 50mila studenti, praticamente in quasi tutti i rami della formazione (fatta eccezione per Giurisprudenza) e hanno sede una serie di centri di ricerca: nanotecnologie, cosmonautica, ricerca nucleare inclusi. Di come le cose siano cambiate in questi ultimi anni abbiamo discusso con il direttore del Centro per le Comunicazioni e il Protocollo Internazionali dell'Università Federale degli Urali, Victoria Belyaeva.

Come si sta realizzando il percorso di integrazione nel contesto formativo mondiale?

Una delle maggiori priorità è l'internazionalizzazione dell'istruzione. La collaborazione con varie Università e organizzazioni internazionali. Ad oggi esistono più di 300 accordi con Università straniere. Avviene un regolare scambio di studenti e docenti, abbiamo progetti in comune, borse di studio, laboratori scientifici.

Come si sta sviluppando attualmente il rapporto con l'Italia?

Fra i paesi dell'Europa, l’Italia è uno dei nostri principali partner strategici. Abbiamo una struttura universitaria analoga, molti interessi comuni relativi allo sviluppo integrato della formazione e stretti legami culturali. Abbiamo iniziato a collaborare con le Università italiane ancora prima che l’Università tecnica venisse unita a quella classica; abbiamo da subito collaborato con l’Università e il Politecnico di Torino. In passato all’interno dell’Università Federale degli Urali c’era un college italiano: è per questo che abbiamo molti studenti che parlano perfettamente l'italiano. Al momento sono operativi nove accordi con atenei italiani, organizziamo regolarmente gemellaggi tra studenti, conferenze e progetti. Ad esempio, l'Università di Genova e l’Università Federale degli Urali hanno presentato un progetto congiunto per la depurazione dell’acqua. Nel corso dell'ultimo semestre, 18 studenti degli Urali sono stati formati presso l’ateneo di Firenze, tre a Torino. Mentre da noi sono arrivati cinque studenti del vostro paese. Gli italiani sono interessati soprattutto all’ambito economico e alle scienze sociali.

Quali difficoltà incontrate nel processo di internazionalizzazione dell'istruzione?

Dopo essere stati undici anni fa tra i membri del processo di Bologna, ci troviamo adesso di fronte al compito di adeguare il sistema ai tre livelli di istruzione superiore presenti in Europa (laurea breve, laurea specialistica e post-laurea). Negli ultimi anni è cambiato molto. Ci sono maggiori opportunità di partecipare a mostre internazionali e interagire con Università internazionali. Molti laureati ricevono due lauree: una dall’Università degli Urali e l’altra dall’ateneo straniero. In alcuni istituti che fanno parte  dell’Università Federale degli Urali c’è una doppia direzione scientifica per i candidati.

Ci sono degli aspetti da migliorare?

Ci sono inevitabilmente dei problemi. Uno dei principali è la conoscenza della lingua inglese. Per diventare un’Università di livello mondiale, è necessario creare nuovi programmi di studio in inglese La semplice traduzione del corso non risolve nulla: è necessario cambiarlo dalla base ed essere pronti a insegnare nella lingua internazionale in maniera libera e davanti ad un pubblico non abituato. Deve essere un’Università straniera per studenti provenienti da diversi paesi. Gli insegnanti adesso stanno studiando attivamente l’inglese, ma ci vuole tempo e fatica.

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