Mologa, oggi, non c'è più. Non ci sono più le sue strade, le piazze, i luoghi di ritrovo degli abitanti. Non ci sono più le loro discussioni, gli sguardi, la condivisione delle paure e delle speranze. Mologa è cancellata. Sommersa, da oltre settant'anni. Restano i ricordi, pochi, conservati al sicuro in un Museo. Resta una comunità, un'associazione, che ancora raccoglie i racconti e le parole di chi ha assistito alla deliberata decisione di sacrificare una città per il "bene superiore della Nazione".
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Oggi, quello che resta di Mologa, riposa sul fondale del lago artificiale di Rybinsk, nascosta sotto metri d’acqua e solo di tanto in tanto, in media una volta ogni sette anni, quando il lago si insabbia, fa capolino ricordando al mondo di essere esistita.
Ma facciamo un passo indietro. Nel 1935 l'Unione Sovietica decide di costruire la Centrale Elettrica di Rybinsk. L'obiettivo è produrre l’energia necessaria per soddisfare il fabbisogno della crescente industria e migliorare, in modo sostanziale, la navigabilità del Volga.
Presto il progetto venne attuato e, anche grazie alla forza lavoro di centinaia di detenuti, venne costruita una diga non lontano da Rybinsk. La prima “chiusa” della diga viene decisa per il 13 aprile del 1941.
Si sfruttano le piene primaverili e i fiumi Volga e Sheksna, non trovando sbocchi per disporsi in modo naturale, cominciarono a esondare, andando a occupare, nel corso di sette anni e sette piene primaverili, 4.500 chilometri quadrati di territorio.
Nasce così il lago artificiale di Rybinsk, in quegli anni il più grande in assoluto di tutta l’Unione Sovietica. La superiorità tecnologica viene festeggiata. Ma le acque del nuovo fiume inghiottirono centinaia tra paesi e città e cambiarono in modo radicale il destino di migliaia di persone.
"A più di settanta anni dall’accaduto – racconta Anatoly Klopov, il giovane responsabile del Museo della provincia di Mologa - si dibatte ancora su quanto fosse necessario cotruire la Centrale Elettrica di Rybinsk". E le opinioni, anche tra gli stessi nativi di Mologa, non smettono di essere fortemente contrastanti. Ancora Klopov: "Molti ancora oggi piangono la propria patria perduta e vedono nelle acque del lago di Rybinsk una forza innaturale che si impadronì delle loro vite. Altri invece, forse la maggior parte, guardano agli enormi sacrifici compiuti in passato con spirito patriottico: la centrale aiutò fortemente il Paese durante la Seconda Guerra Mondiale, dando energia a molte delle industrie moscovite. E non smette di aiutare il Paese anche oggi".
Certo, i sacrifici, lo spirito comunitario, patriottico. Ma la scomparsa di Mologa non smette di rappresentare un punto oscuro per chi l'ha vissuta. Perchè alla perdita della propria dimensione esistenziale si legavano le difficoltà di vivere in una “colonia” di detenuti.
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Nikolay Novotelnov, classe 1925, vive, tutt'oggi, insieme alla moglie, nella sua casa originaria di Mologa trasportata e ricostruita alle porte di Rybinsk. E, nonostante un’infanzia persa nel dolore e nella difficoltà di riorganizzare una nuova vita accettabile, legge i propri sacrifici in nome del progresso. "Finchè mio padre nel 1936 non venne calunniato e, accusato di aver riso di Stalin, fu inviato in un campo di concentramento a Magadan dove morì nel 1941, vissi a Mologa una buona infanzia". Poi, "mio fratello venne mandato al fronte e fu dichiarato disperso e, al momento del trasferimento, io mi trovai solo con mia madre. La mia infanzia in quel momento finì. Ma più di tanto non mi lamento: ho una moglie, sopravvissuta del Blocco di Leningrado, con la quale vivo dal 1950. Ma soprattutto, noi abbiamo due figli, quattro nipoti e tre pronipoti che ci ricordano, in ogni istante, che, nonostante tutto, la vita prosegue".
Come prosegue la vita di Maria Kuvshinnikova, nata nel 1921 in un sobborgo a 500 chilometri da Mologa. Oggi vive nella sua dacia a pochi chilometri dal centro di Rybinsk. E ricorda le distese dei pascoli di Mologa, perse per sempre, le erbe salutari di cui, da piccola, si nutrì in abbondanza, che le regalano, a quasi cent’anni, una memoria e una salute di ferro.
L'acqua del lago che diventa specchio per la nostalgia. Uno specchio incrinato che lascia affiorare i rimpianti: "Penso ai miei concittadini, lavoratori instancabili, che non si risparmiavano mai".
Il testo è stato pubblicato nell'edizione cartacea di "Russia Oggi" del 25 luglio 2013
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