La tradizione della falconeria

La falconeria, una tradizione da sempre viva in Russia (Foto: Itar Tass)

La falconeria, una tradizione da sempre viva in Russia (Foto: Itar Tass)

Dagli zar della dinastia Romanov al Cremlino del XXI secolo fino all’aeroporto Domodedovo di Mosca: l'addestramento dei rapaci è ancora molto attivo nel Paese

Presso i popoli slavi la caccia con i falconi era praticata fin dall’antichità: le prime testimonianze sui falchi addestrati risalgono al XII secolo. Un tempo la caccia coi falconi era un passatempo assai diffuso nella corte imperiale, mentre oggi ai rapaci sono stati affidati “compiti” di estrema importanza per l’uomo

Gli uccelli rapaci, soprattutto i girifalchi – alcuni tra gli uccelli più grandi e più belli della famiglia dei falconidi – erano tenuti in grande considerazione nella Russia antica. Circola una leggenda secondo la quale il falconiere di Ivan il Terribile, Trifone Patrikeev, aveva perduto il girifalco prediletto dallo zar e questi diede a Trifone tre giorni di tempo per ritrovarlo, pena la decapitazione. Per tutti e tre i giorni Trifone cercò senza esito alcuno l’uccello e alla fine del terzo giorno, rassegnatosi al destino che l’attendeva, andò a dormire. In sogno gli apparve il suo santo protettore – San Trifone – con il girifalco sulla spalla, che dicendogli “Eccolo il tuo falco!” restituì l’uccello a Trifone. Il mattino seguente il falconiere ritrovò davvero l’uccello su un ramo accanto a sé. Dalla gioia Patrikeev fece costruire una chiesa in onore del santo che esiste tuttora, da più di 500 anni, sulla via Trifonovskaya a Mosca. E San Trifone, ritenuto il protettore dei cacciatori, viene ora raffigurato nell’iconografia russa con un falcone.

Un po' di storia

Alexei Mikhailovich andava molto fiero della sua collezione di uccelli. Per esempio, ad August von Meyerberg, ambasciatore di Sassonia, fu tributato il grande onore di poter esaminare alcuni esemplari di tali uccelli. A quell’epoca in Russia si era molto diffidenti verso gli europei e si riteneva che un seguace della Chiesa Cattolica potesse avere un influsso nefasto e perciò agli ambasciatori non venivano mostrati né le donne, né gli uccelli. Ma durante i colloqui con l’ambasceria tedesca lo zar apparve talmente coinvolto che furono mostrati agli inviati alcuni tra gli esemplari più belli della sua collezione e lo zar consentì persino che venissero ritratti. Oltre che per la caccia, i falconi servivano anche come prezioso strumento diplomatico. Lo zar ne faceva dono ai sovrani occidentali e orientali, mentre lo scià di Persia Abbas avviava trattative speciali con la monarchia russa per consentire ai mercanti russi di vendere rapaci agli stranieri

La falconeria raggiunse la massima diffusione all’epoca dello zar Alexei Mikhailovich, padre di Pietro il Grande, che possedeva una collezione di tremila esemplari di falchi e sparvieri. Ogni uccello era specializzato in un tipo di preda: alcuni in uccelli, altri in lepri.

I rapaci venivano catturati al Nord, soprattutto nella regione di Arkhangelsk. A parte erano indicate le modalità di trasporto per Mosca: gli uccelli venivano trasportati in speciali casse, imbottite all’interno di feltro perché potessero stare al morbido. Agli esattori delle tasse, che li scortavano, veniva raccomandato di “accudire con solerzia gli uccelli”, di nutrirli per tempo e di vietare ai postiglioni di correre troppo.

Per nutrire la collezione di uccelli imperiali, i contadini erano sottoposti a una particolare tassa, quella “sui colombi”, ed erano tenuti a versare come tributo due colombi per casa. I colombi venivano concentrati in una speciale corte, detta Corte dei Colombi, dove migliaia di esemplari erano destinati a diventare cibo per i rapaci.

Da allora si conservano a Mosca un’infinità di toponimi legati alla falconeria. Il quartiere Sokolniki (Dei falconi) era uno dei luoghi più amati dallo zar per la caccia col falcone. A Est della capitale si trova il monte Sokol, mentre nei sobborghi di Mosca esiste il villaggio di Shiriaevo: secondo una versione della leggenda proprio qui si sarebbe perduto il girifalco prediletto dello zar, di nome Shiriai, mentre, secondo un’altra, il villaggio sarebbe appartenuto al falconiere Semen Shiriaev. La stazione della metropolitana Sokol, invece, non sembra avere alcun legame con la caccia e fu chiamata così per ricordare un villaggio di artisti, costruito negli anni Venti.

Il figlio dello zar Alexei Mikhailovich, Pietro I, coltivava invece passatempi del tutto diversi. Bisognava combattere svedesi, turchi e persiani e non era proprio il momento di dedicarsi alla caccia. La “collezione” imperiale si interruppe per cause naturali: gli uccelli non vivono troppo a lungo.

Oggi è possibile documentarsi sulle specie di  falconi da caccia e sulla falconeria all’epoca degli zar nel museo del parco naturale di Kolomenskoe dove è stata allestita una mostra dal titolo “La caccia col falcone ai tempi dello zar Alexei Mikhailovich”. Kolomenskoe era proprio uno dei luoghi dove gli zar praticavano la caccia coi falconi.

Ora vivono nel parco 11 esemplari addestrati, tra cui astori, poiane codabianca, falchi sacri e persino un gufo. A Kolomenskoe vivono due falconieri: l’esperto Viktor Mikhailovich Fedorov e il suo aiutante, Volodia Skripkin.

“Ogni uccello ha un carattere particolare, non meno dei cani e delle persone - rivela Fedorov. - Un uccello è più tranquillo di un altro, e ce n’è uno che è stato soprannominato la dama capricciosa”.

Viktor Fedorov racconta ai visitatori di come quello della falconeria sia un rito bello e complesso. Gli zar uscivano per la caccia con al seguito un intero esercito, preceduto dai cani e chiuso dai cacciatori a cavallo. I cani inseguivano la preda, mentre i cacciatori facevano rullare i tamburi per spaventare le prede, per esempio, una pernice. Quando la pernice si alzava in volo, lo zar liberava il falcone che inseguiva la preda, aspettando il momento per attaccare. E, infine, dopo aver avvistato l’uccello o la lepre, si precipitava giù in basso. Attaccandola dall’alto, il falcone piombava sulla preda come un razzo. La velocità della sua caduta era ciò che gli consentiva di fare letteralmente a pezzi la preda.

Ma il rapace non portava la preda nel becco al suo padrone, tale compito spettava invece ai cani. Dopo di che restava solo da riprendere il falcone. Un tempo a questo scopo venivano legati alle zampe del falcone dei campanellini, che oggi sono stati sostituiti da microchip per il monitoraggio.

Tuttavia, l’antica arte della falconeria non è stata dimenticata. Non tutti sanno che tuttora i rapaci continuano a essere utilizzati dal governo russo. Per esempio, al Cremlino esiste una sottounità del Servizio di sicurezza federale nel cui organico figurano dei falchi sacri, il cui compito è quello di scacciare i corvi e di “regolamentare” il numero di piccioni. Queste sottounità sono presenti anche in alcuni aeroporti, in particolare a Domodedovo. Qui vengono allevati gli astori per tener lontani gli uccelli più piccoli e proteggere i passeggeri dai corvi che potrebbero incidentalmente finire nei motori.

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