Seppur in numero ancora limitato, aumentano le denunce delle donne vittime di violenza (Foto: PhotoXpress)
Decine di telefonate al giorno. Centinaia di voci di donne che, nascoste dietro a una cornetta, trovano il coraggio di denunciare infinite violenze. Sono questi i numeri del Centro Nazionale per la Prevenzione della Violenza "Anna", che dal 1993 opera in Russia per prestare aiuto alle vittime di maltrattamenti. La sua direttrice, Marina Pislakova, di storie ne ha raccolte tante.
Per quanto riguarda la violenza domestica, quali
sono le dimensioni del fenomeno all'interno della Federazione?
Più che parlare di aumento o diminuzione del numero di
casi di femminicidio registrati, mi piacerebbe soffermarmi sul notevole aumento
delle denunce da parte delle vittime. Nel nostro Paese sta crescendo l'attenzione
riservata a questo problema e c'è una sempre maggior consapevolezza che lo
Stato e la società devono intervenire per fermare queste situazioni.
Quali sono i motivi che spingono l'uomo a
comportarsi così?
Le cause della violenza da parte di mariti e compagni
possono essere riconducibili a diverse motivazioni. Spesso alla base di queste
aggressioni ci sono infanzie difficili, durante le quali i minori hanno
assistito loro stessi a maltrattamenti in famiglia. Questo atteggiamento è
quindi diventato un comportamento ai loro occhi tollerabile. Quasi normale.
Bisognerebbe poi aprire una parentesi per affrontare gli aspetti patriarcali
della nostra società, analizzando il ruolo della donna al giorno d'oggi.
Quante donne si rivolgono ai vostri consulenti?
Ogni mese al nostro
numero di telefono arrivano circa 300 chiamate. Una cifra considerevolmente più
alta rispetto al passato. C'è una
diffusa voglia di dire basta. Di porre fine alle violenze, anche se i numeri
sono ancora troppo bassi rispetto ai soprusi che effettivamente si verificano.
Il nostro numero di telefono è attivo tutti giorni ed è raggiungibile non solo
da Mosca, ma anche da altre città, in forma assolutamente gratuita.
Qual è il target di donne che decide di alzare il telefono per denunciare la
violenza?
Registriamo persone di tutte le età, dai 20 ai 60
anni. Si tratta perlopiù di donne che lavorano, che hanno un impiego e una
certa posizione nella società. La cosa
interessante da notare è che il 65 per cento delle vittime si rivolge a noi, e
non alle forze dell'ordine. Credo che la spiegazione per questo comportamento
sia da ricercare nella mancanza di una legislazione efficiente, che garantisca
un intervento immediato e sicuro. Ora come ora, la normativa non permette agli
organi competenti di intervenire in maniera del tutto adeguata.
Cosa fate per aiutare le donne che si rivolgono
a voi?
Attraverso il servizio di assistenza telefonica
indichiamo il centro di accoglienza più vicino alla vittima, nelle diverse
regioni del Paese. Questo è il primo aiuto che possiamo fornire. Poi mettiamo a
disposizione diversi servizi: dagli avvocati, che possono fornire assistenza
legale e studiare i casi, agli psicologi.
C'è chi sostiene che in Russia ci sia una certa
indifferenza nei confronti del femminicidio e della violenza domestica. È
vero?
Purtroppo è un problema che riguarda molti Paesi.
Spesso non c'è una vera presa di coscienza della gravità delle situazioni. Le
donne si isolano, non denunciano, e si avvia così un processo parallelo di
silenzio che vede la società intera chiudere gli occhi, senza quindi reagire.
Una legge ad hoc potrebbe aiutare a risolvere
questo problema?
Sicuramente sì. Un provvedimento in materia è in fase
di elaborazione, grazie a una commissione di esperti che sta lavorando per
sciogliere i nodi di un progetto di legge che ha trovato negli anni diversi
ostacoli. Contiamo che sia tutto pronto quanto prima, per poter dare una svolta
importante ai diritti e alla tutela delle donne russe.
L'intervista è stata pubblicata nel numero cartaceo di "Russia Oggi" del 30 maggio 2013
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