“Donne” dipinto del 1894 del pittore Sergej Vinogradov (1869-1938)
Dominio pubblico“Sto avendo il sangue!”, dice la figlia dei contadini a sua madre, e la donna, per tutta risposta, le rifila un bello schiaffone. La ragazzina, naturalmente, si mette a piangere. Tuttavia, questa reazione violenta non era certamente casuale, scaturiva da precise credenze degli abitanti delle campagne russe…
I contadini del XIX secolo, giustamente, consideravano il menarca, cioè la prima mestruazione, come l’inizio della fertilità femminile. La madre schiaffeggiava la figlia non per farle del male, ma per farle venire il rossore in volto. Si riteneva che fosse un modo per avere regolarmente i “kraski” (letteralmente “le tinte”; “i colori”), un altro modo, ormai desueto, di indicare il ciclo mestruale, insieme appunto a “krovi” (plurale di “sangue”) e a “narubashko” o “byt na rubakhe” (“portare il camiciotto”).
“Ragazze di campagna”, dipinto del 1938 del pittore Sergej Vinogradov (1869-1938)
Dominio pubblicoNel governatorato di Smolensk, come scrive la storiografa Natalja Mazalova, per preservare la fertilità della ragazza dopo le prime mestruazioni, le facevano indossare il camiciotto della madre, lo stesso che la madre portava quando aveva avuto il suo primo “sangue”.
Gli slavi occidentali, in particolare i serbi, avevano un rituale più scioccante: affinché la ragazza potesse essere “felice e sana”, la madre doveva imbrattare leggermente la fronte e le sopracciglia della figlia con il suo primo sangue mestruale.
Perché sappiamo così poco delle mestruazioni delle donne nelle campagne russe? Nella famiglia contadina tutti dovevano lavorare, quindi, servivano braccia. Quando la ragazza “raggiungeva l’età”, si cercava di farla sposare quanto prima (i matrimoni si celebravano in occasione di Krasnaja Gorka, festa che ricorre nella prima domenica dopo Pasqua), per creare una nuova famiglia che a breve avrebbe procreato dei nuovi lavoratori. Per questo motivo molte donne non consideravano le mestruazioni come un fattore regolare della loro vita.
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E di che cosa si servivano le donne durante le mestruazioni? Le informazioni in merito sono poche, ma comunque si sa che nel XVIII-XIX secolo le donne istruite, e benestanti, potevano usare apposite cinture mestruali, mentre le contadine usavano stracci o, semplicemente, appallottolavano tra le cosce il fondo della lunga camicia.
Dopo le prime mestruazioni (il termine viene dall’avverbio di tempo latino “menstrum”; ossia “una volta al mese”, e in russo oltre a “menstruatsija”, ci sono, sempre a livello di lingua dotta, i termini “mésjachnye” o “réguly”)la ragazza entrava nel periodo dell’adolescenza e acquisiva dei nuovi diritti. In particolare, come scrivono Konstantin Shumov e Aleksandr Chernykh nel loro saggio “Riti e credenze degli slavi concernenti le mestruazioni”, le ragazze cominciavano a usare indumenti “da adulti”: sottogonna, “ponjova” (particolare tipo di gonna, fatta con pezzi di stoffe di diversi colori), nonché speciali teli ricamati e grembiuli che si mettevano sopra la veste.
“Figlia di boiardo del XVII secolo”, dipinto del 1903 del pittore Andrej Rjabushkin (1861-1904)
Museo Russo/Dominio pubblicoL’arrivo delle mestruazioni significava che la ragazza, come una vera donna, poteva inchinarsi di fronte agli adulti, frequentare le feste della gioventù e “fidanzarsi”, cioè scegliere il futuro marito.
La Chiesa ortodossa, in conformità all’Antico Testamento (Levitico, 15:19-33), considerava la donna con le mestruazioni impura e “in quei giorni” le proibiva di andare in chiesa e di baciare la croce e le icone.
In quel caso il matrimonio veniva rinviato, o, se si celebrava comunque, la sposa non poteva toccare la croce con le sue labbra, poteva soltanto imitare il bacio. Nel governatorato di Pskov, come scrive Natalja Mazalova, “il sacerdote domandava metaforicamente alla sposa se era “un pino o un abete”. Se la sposa rispondeva “abete”, significava che aveva i suoi giorni, per cui, prima di procedere alla cerimonia, il prete recitava una preghiera purificante”.
“Isba del governatorato di Vologda”, dipinto del 1925 del pittore Nikolaj Terpsikhorov (1890-1960)
cultinfo.ruSecondo le credenze popolari, la donna con le mestruazioni possedeva delle forze malefiche. Durante il ciclo, le donne non potevano piantare o seminare, fare lavori sui campi, toccare la farina, l’impasto e il grano, perché altrimenti si riteneva che sarebbero andati a male. Le era vietato assistere al parto, ai battesimi, ai funerali e ai matrimoni, e far da madrina ai battezzandi. Anche cucinare era sconsigliato. Insomma, le tradizioni russe raccomandavano alla donna il totale riposo.
Le mestruazioni, per i russi, non erano soltanto qualcosa di negativo. In alcune situazioni permettevano alla donna di svolgere rituali magici che, in sostanza, erano profondamente pagani. Come scrivono i ricercatori Shumov e Chernykh, “la percezione delle mestruazioni come espressione massima della femminilità… risultava talvolta più forte dei divieti, andava al di là dell’isolamento culturale, sociale ed economico della donna… rendeva desiderabili le sue condizioni e ricordava della sua unicità”.
Gli slavi della Polesia (regione paludosa tra Bielorussia e Ucraina, che raggiunge in parte anche la Russia e la Polonia) credevano che se le patate fossero state piantate da una donna in “quei giorni”, il raccolto sarebbe stato migliore. In Serbia, “la donna che ha già partorito e voleva che il figlio successivo fosse maschio, all’arrivo delle prime mestruazioni dopo il parto, doveva intingere dei chicchi di granoturco nel suo sangue, poi metterli nel suo grembiule e offrirli a un gallo; se, invece, voleva una femmina, dava il granoturco a una gallina”.
“Bucato”, dipinto del 1889 del pittore Khariton Platonov (1842-1907)
Dominio pubblicoIl sangue mestruale, di per sé, era considerato una potente sostanza magica. Si credeva che alcune gocce, aggiunte al cibo o a una bevanda, fossero sufficienti per ammaliare un uomo, mentre spalmando questo sangue sulla pelle di una persona, specie se era un bambino, si poteva provocarne la morte.
Esistevano moltissimi rituali magici per alleggerire il decorso delle mestruazioni, ma non riguardavano il “sangue”, sostanza impura, bensì l’acqua che restava dopo il lavaggio della biancheria dal sangue sporcata. La pratica più diffusa era la “divisione” dell’acqua (simbolo delle mestruazioni) in alcune porzioni, che venivano poi smaltite tutte, tranne una che si teneva “per sé”.
Nel governatorato di Nizhnij Novgorod, per alleggerire i dolori mestruali, la donna, quando faceva il bucato, per tre volte prendeva con il palmo della mano l’acqua dalla vasca e la buttava a destra o a sinistra, dicendo: “Tu non sei mia e vai a sinistra, tu, invece, sei mia e vai a destra”.
In Siberia, nel caso di menorragia (perdite mestruali particolarmente abbondanti o prolungate), le guaritrici prendevano un vaso d’acqua, andavano a un crocevia e spargevano l’acqua in tutte le direzioni. C’era anche un rituale magico più semplice: l’acqua che restava dopo il lavaggio degli indumenti mestruali, veniva versata sul tronco di una betulla o sui tronchi che formavano la base della casa di legno.
“Lattaia”, dipinto del 1826 del pittore Aleksej Venetsianov (1780-1847)
Museo Russo/Dominio pubblicoPer fermare le mestruazioni si usavano anche schegge di legno provenienti da un mulino, ad acqua o a vento, alle quali si attribuiva la capacità di “turare”. Le schegge venivano bruciate, si mescolava cenere e acqua, e l’acqua veniva poi bevuta dalla donna.
È da notare che la biancheria con tracce del sangue mestruale non si poteva né sotterrare, né bruciare, e l’acqua, nella quale tale biancheria veniva lavata, non doveva essere scaricata sulla terra, in quanto tutto ciò, come si credeva, poteva portare alla sterilità propria o altrui.
Per non avere figli, esisteva un apposito, diabolico, rituale, praticato in particolare nella regione di Smolensk. La donna prendeva la sua veste con le tracce delle mestruazioni, la metteva sulla stufa accesa o sulle pietre arroventate dentro la banja, e cominciava a versare sulla veste dell’acqua, dicendo: “Come questo sangue sta bruciando sulla stufa, così pure bruci il feto nel mio utero”. Si credeva infatti che il sangue mestruale contenesse tutti gli ipotetici figli della donna.
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