Diciotto anni fa, Elon Musk arrivò a Mosca per acquistare dei razzi dai russi per inviare dei topi da laboratorio su Marte. L’accordo non ebbe luogo: i russi chiesero troppi soldi. Musk tornò a casa, “arrabbiato e deluso”, e due mesi dopo fondò la sua SpaceX. E così tutto ebbe inizio. Da allora, Roscosmos, l’agenzia spaziale russa, ha ripetutamente espresso dubbi sul fatto che SpaceX potesse avere un qualche successo nel campo spaziale, ma allo stesso tempo ha anche dichiarato, con un po’ di dispetto: “Questa compagnia utilizza nuovi approcci e non consente a nessuno di vivere in pace”.
Il 30 maggio SpaceX ha lanciato in orbita due astronauti con il nuovo Crew Dragon, ed è la prima volta nella storia che un’azienda privata è riuscita in questo ambizioso obiettivo. “Sarà un duro colpo per Roscosmos”, hanno pensato diversi esperti, sia in Russia che all’estero. L’agenzia spaziale russa aveva infatti, dal 2011, con la chiusura del programma Space Shuttle della Nasa, il monopolio mondiale del trasporto di persone nello Spazio, verso la Stazione spaziale internazionale. Sorge la domanda: come risponderà la Russia? Cosa farà Roscosmos?
Risposta: niente di speciale. E questo, a quanto pare, sta bene a tutti.
Razzi molto economici
Molti credono che la rivoluzione spaziale di Elon Musk sia costituita da razzi multistadio in grado di atterrare in modo spettacolare su una piattaforma nell’oceano dal nome sentimentale di “Of Course I Still Love You”. In realtà, la vera rivoluzione è che i missili americani sono più economici di quelli russi.
I lanci effettuati dalla Russia hanno iniziato a diminuire sin dal 2012, nel momento in cui SpaceX ha lanciato sul mercato il suo razzo vettore pesante Falcon 9, un concorrente dei “Proton” russi. Musk ha promosso questo pesante razzo per tutte le attività, sia con carichi leggeri che pesanti. Una politica che ha pagato, e lo ha reso conveniente, perché utilizzato molte volte.
“Se dieci anni fa il nostro Proton possedeva il 60% del mercato, ora quasi tutti i suoi ordini sono passati a Falcon 9”, afferma Vitalij Egorov, fondatore del progetto “Otkrytyj kosmos” (“Spazio aperto”) ed ex rappresentante della società spaziale privata Dauria Aerospace (che produceva satelliti sotto contratto per “Roscosmos”).
Per competere in qualche modo con Falcon, Roscosmos ha dovuto abbassare il prezzo per gli acquirenti stranieri, prima da 100 milioni $ a 70 milioni $, e poi a 65 milioni $.
Nel caso dei lanci con equipaggio verso la Stazione spaziale internazionale, la Russia è rimasta monopolista più a lungo. Ma da fine maggio 2020 accade la stessa storia anche in questo campo: ora c’è un nuovo competitor, il Crew Dragon, sul quale il costo del “biglietto” per un membro dell’equipaggio è di circa 55 milioni $, mentre sulla russa Sojuz è di 90, 2 milioni $.
Tuttavia, questo non significa che nessuno volerà più sulla Sojuz, afferma il giornalista scientifico Aleksandr Berezin, e ricorda i tempi, non lunghi, in cui lo Space Shuttle consegnava persone alla stazione orbitante. Quei viaggi erano più costosi della Sojuz, “eppure, fino al 2011, c’era circa un viaggio della Sojuz ogni viaggio dello Shuttle. Lo stesso avverrà con i voli di Crew Dragon: saranno introdotti di nuovo equipaggi misti, dove cosmonauti della Russia e astronauti Paesi occidentali voleranno insieme”, ha detto Berezin. Ma con un avvertimento: stiamo parlando solo del futuro prossimo, mentre non c’è ancora chiarezza sul destino a lungo termine della Stazione spaziale internazionale.
Ritardi nell’innovazione
Immediatamente dopo il successo del lancio di Crew Dragon, oltre alle congratulazioni e allo scambio di battute con Musk, Roscosmos ha annunciato i suoi piani immediati: “Già quest’anno testeremo due nuovi razzi e l’anno prossimo riprenderemo il nostro programma lunare. Sarà interessante!”. Su richiesta di Russia Beyond, l’agenzia spaziale ha specificato che il discorso riguarda (almeno in un caso) il razzo vettore “Angara”.
L’“Angara” è uno dei principali progetti dell’agenzia degli ultimi decenni. Concepito come un sostituto del Proton, che risale al 1967, doveva essere costruita interamente con componenti russe e portare nello spazio qualsiasi tipo di veicolo spaziale e di carico. Tra cui, aprire la strada all’inizio di una spedizione con equipaggio sulla luna nel 2024. La progettazione dell’“Angara” è iniziata a metà degli anni Novanta, ma finora il razzo vettore non ha avviato i voli regolari.
“E l’Angara-A5 non è affatto un razzo nuovo, ha già volato una volta, sei anni fa”, ricorda l’ingegnere Aleksandr Shaenko, uno degli sviluppatori dell’Angara-A5 e del KSLV, in una conversazione con Russia Beyond. Per fare un confronto, la Russia ha speso più di 4 miliardi $ per il solo sviluppo dell’Angara (al tasso di cambio del 2014), ovvero dieci volte di più rispetto alla prima versione del razzo Falcon 9 e del cargo Crew Dragon della SpaceX. Per il fatto che il progetto si è protratto per 27 anni, il progettista principale punta il dito sulla carenza di finanziamenti.
Vale la pena ricordare anche il veicolo spaziale interplanetario “Federatsija”, ribattezzato lo scorso anno “Orjol” (ossia “Aquila”) è in costruzione dal 2009 ed è più promettente in termini di specifiche tecniche del Crew Dragon, ma non hanno nemmeno iniziato a testarlo.
Progetti al palo e un’odissea lunare
Il programma lunare è incompiuto come i razzi. “Ho avuto a che farci in prima persona. Nel 2011 abbiamo installato uno strumento scientifico sul modulo ‘Luna-25’. Questo sarà il primo modulo russo ad atterrare sulla Luna [il precedente, il Luna-24, del 1976, era ancora sovietico]. Il lancio era previsto per il 2013, ma sono passati quasi 10 anni e il modulo non è mai partito. Il lancio è stato rinviato di due anni in due anni”, afferma Shaenko. Ora è fissato per l’ottobre 2021. Molto probabilmente il Luna-25 e il successivo Luna-26 prima o poi voleranno sul satellite della Terra, ma per lanciare tutti i moduli successivi saranno necessarie nuove tecnologie, “e queste prospettive sono assolutamente avvolte dalla nebbia”.
La colpa di tutto, secondo Shaenko, sta non tanto nella carenza di finanziamento dei programmi, quanto nella cattiva organizzazione: gli obiettivi tecnici del progetto vengono costantemente modificati, la dirigenza cambia, c’è un’inerzia generale, e quando qualcosa è effettivamente pronto, non lo capiscono nemmeno all’interno degli uffici di progettazione. Secondo RBC, il Centro Khrunichev (che produce sia il Proton che l’Angara) versa oggi in una grave crisi, a causa di un forte calo degli ordini di razzi, sta tagliando la produzione a Mosca, vendendo parte del suo territorio a imprese edili, e sta per trasferirsi a Omsk [2.700 km e est di Mosca].
La cosmonautica privata in Russia rappresenta meno dell’1% del settore e non vi sono particolari dinamiche di crescita in questo mercato, afferma Shaenko. Negli ultimi dieci anni, molte aziende sono riuscite ad aprire, chiudere e riaprire con nomi diversi e con una composizione societaria leggermente modificata, ma non sono impegnate in razzi pesanti, ma, di regola, in satelliti e altre tecnologie spaziali leggere. “E anche tra 5 anni non c’è speranza che tra di loro nasca qualcuno in grado di fare quello che fa SpaceX. È impossibile da immaginare nelle nostre realtà”, assicura l’esperto.
Le salde radici statali
Con il lancio di un concorrente così forte come SpaceX, per Roscosmos sono iniziati tempi molto difficili, affermano molti esperti occidentali. “Quello che cambierà è che la Russia sta perdendo un’importante fonte di entrate per la sua industria spaziale”, scrive “The Verge”. Tutto ciò, quantomeno, dovrebbe fare da sprone per lo sviluppo di nuovi progetti spaziali. Tuttavia, in Russia la pensano diversamente. Anche perché i pungoli per trovare motivazioni si potevano già trovare da tempo, almeno fin dal successo del lancio del primo razzo privato, il Falcon 1, nel 2008.
“Il fatto è che l’attenzione di Roscosmos è focalizzata sulla domanda interna, sugli ordini statali, anche perché è lo Stato a contribuire alla maggior parte del suo budget. Il lancio di satelliti stranieri sui nostri razzi capita di rado, così come il trasporto degli astronauti, e quindi la perdita di questi servizi è come un pallino di fucile per un elefante”, afferma Shaenko. Se prendiamo i lanci in totale, rappresentano circa il 10% del budget dell’agenzia statale.
Nonostante l’ovvio problema con lo sviluppo dei nuovi programmi, la Russia è ancora uno dei tre Paesi di punta per quanto riguarda lo Spazio, ritiene Egorov: “Tutto ciò che l’uomo può fare nello Spazio, la Russia può farlo, se si impegna. In molti casi questo è grazie all’eredità dell’Urss, ma non c’è nulla di male in questo.” Inoltre, l’astronautica non si esaurisce in progetti con equipaggio. Ad esempio, possiamo ricordare l’apparato Spektr-RG, lanciato nel luglio 2019, che sta costruendo una mappa dell’universo e resterà uno dei migliori osservatori spaziali a raggi X per i prossimi 10 anni. O che il dispositivo “Dan” russo, installato sul rover americano Curiosity, sta cercando acqua nel terreno di Marte, o che i missili Atlas americani della Boeing volano con motori russi RD-180, perché non riescono a trovare un sostituto valido.
L’interesse di mercato non è mai stato troppo importante per Roscosmos, e in questo senso è una struttura inefficiente. L’agenzia statale potrà sviluppare missili che verranno persino assemblati usando il “metodo Musk” (ovvero usando parti già pronte di altri missili in un nuovo progetto, senza partire da zero), ma non supererà le capacità di carico delle ultime versioni del Falcon 9. “Non vedo i prerequisiti per un cambiamento nella politica di Roscosmos; tali motivi esterni non esistono. Per Roscosmos, la concorrenza sul mercato spaziale conta poco; il denaro principale le viene comunque dallo Stato. Anche se dovesse completamente perdere la componente di mercato, nulla cambierà; come queste persone hanno fatto il loro lavoro finora, così continueranno a farlo”, crede Shaenko.
Perché la navicella spaziale russa Sojuz resta una grande rivale del Crew Dragon di Elon Musk?