Un team di scienziati russi, cinesi, britannici e di altri Paesi ha tenuto sotto osservazione i “tassi di predazione” dei nidi, scoprendo che sono ora più alti nell’Artico che ai tropici. La scoperta ha allarmato gli studiosi: per anni l’Artico era considerato un rifugio sicuro per gli uccelli per deporre le uova.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Science. I ricercatori hanno esaminato oltre 38 mila nidi di 237 popolazioni di uccelli in 149 località in tutto il mondo.
Un destino a catena?
“La nostra ricerca ha mostrato per la prima volta che il cambiamento climatico porta a cambiamenti nel rapporto tra i predatori e le loro prede su scala globale”, ha spiegato uno degli autori dello studio, Pavel Tomkovich, capo del dipartimento di Ornitologia presso il Museo Zoologico dell’Università Statale di Mosca.
Tomkovich ha studiato l’evoluzione degli uccelli trampolieri nell’Artico dal 1973. Ha partecipato al monitoraggio della popolazione degli scolopacidi nella regione della Chukotka, nell’Estremo Oriente russo, e aiuta a trovare nidi per il programma di riproduzione in cattività. Tomkovich ritiene che non appena alcuni tipi di uccelli scompariranno, il loro destino potrebbe essere seguito da altre specie.
“Se non c’è diversità, gli animali non saranno in grado di passare da un alimento, bruscamente diminuito, a un altro”, ha detto. “Questo porta a una reazione a catena e alla possibile estinzione di specie interconnesse”.
Una trappola ecologica per gli uccelli
Gli uccelli in passato preferivano deporre le uova nei luoghi freddi. Gli scolopacidi semipalmati, il piro-piro fulvo, i pivieri d’oro americani, le pivieresse e molti altri uccelli migratori si dirigevano verso l’Artico ogni anno.
La regione è sempre stata un’area relativamente sicura dai predatori, e dove gli uccelli potevano godere dell’abbondanza di insetti. I nidi ai tropici avevano invece molte più probabilità di subire attacchi, ad esempio da parte dei roditori.
Questo schema, tuttavia, si è recentemente invertito nell’emisfero settentrionale (l’intero continente nordamericano, tutta l’Europa, la maggior parte dell’Asia, circa due terzi dell’Africa e circa il dieci per cento del Sud America).
L’Artico è la regione più colpita, e ora è diventata una trappola ecologica per gli uccelli migratori. Ma non è l’unica area in cui gli uccelli svaniscono.
Gli scienziati ora hanno dati su 192 specie di scolopacidi nel mondo. Tomkovich ha detto che le popolazioni hanno subito un calo medio del 57 per cento. “Negli ultimi decenni, il chiurlottello è scomparso in Russia.”
Perché hanno smesso di riprodursi?
Tomkovich ha anche scoperto una riduzione del numero e della superficie di distribuzione del piviere tortolino, un piccolo trampoliere.
“Ho trovato la covata dei suoi pulcini un quarto di secolo fa in Chukotka, ma da allora la specie ha smesso di riprodursi in quella vasta regione. Nel 2000, i miei colleghi e io abbiamo rilevato un netto calo del numero di scolopacidi nidificanti in Chukotka”.
Tomkovich e i suoi colleghi hanno anche scoperto una significativa riduzione del numero di altri tipi di scolopacidi, in particolare quelli che sorvolano la costa pacifica dell’Asia.
Secondo la ricerca, gli uccelli costieri che utilizzano la rotta sull’Asia orientale – la rotta di migrazione che attraversa l’Asia orientale, finendo nella Russia nord-orientale – sono stati i più colpiti. Circa il 20 per cento degli uccelli su quel percorso ha già una popolazione in pericolo a causa dei troppi insediamenti umani e delle infrastrutture in crescita.
“Negli ultimi cinquant’anni, il 65% delle zone umide, l’habitat principale dei trampolieri, è stato trasformato in Cina”, ha spiegato Tomkovich. “Il cambiamento climatico, causato dagli esseri umani, ha aggravato questo problema. L’umanità dovrebbe rendersi conto che le nostre risorse naturali non sono infinite. È necessario preservare le condizioni di vita e di nidificazione di questi uccelli”.
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