Marina Shitova, un’assistente di ricerca della riserva naturale delle Isole del Commodoro (nel Mare di Bering), ha scoperto lo scheletro di una ritina di Steller (nome scientifico: Hydrodamalis gigas), una specie estinta comunemente detta anche “vacca di mare” (da non confondere con la “mucca di mare”, il Dugong dugon, a rischio estinzione, ma ancora presente sulle coste dell’Oceano Pacifico e Indiano). Il ritrovamento è avvenuto sotto uno strato di ciottoli e sabbia a una profondità di circa 70 centimetri. La lunghezza totale dello scheletro è di 5,2 metri, tuttavia alcune parti sono mancanti, così gli scienziati presumono che la lunghezza totale dell’animale fosse di circa sei metri.
L’ultimo scheletro della vacca di mare di Steller prima di questo era stato scoperto 40 anni fa sull’isola di Bering. L’unico ricercatore che ha visto personalmente l’animale in vita è stato lo scienziato tedesco Georg Wilhelm Steller (1709-1746), da cui prende il nome. Ventisette anni dopo la scoperta dell’animale, avvenuta nel 1741, sulle Isole del Commodoro, in Russia, la specie fu completamente distrutta dalla caccia intensiva, e nel 1768 la vacca marina venne dichiarata estinta.
Steller faceva parte di una spedizione organizzata dall’esploratore danese Vitus Bering e finanziata dall’Impero russo. Un giorno, camminando lungo la spiaggia alla ricerca di legna da ardere, Steller vide una enorme sagoma nera muoversi lentamente come una barca rovesciata. Ogni pochi minuti un muso si mostrava per un momento per respirare ed emetteva un verso simile a un cavallo.
Steller descrisse le vacche marine come dei giganti gentili, la cui unica vera difesa contro l’essere arpionati erano le loro pelli incredibilmente spesse, simili alla corteccia di una robusta quercia e infestate di parassiti. Era un grosso animale, la cui lunghezza corporea raggiungeva i 10 metri e la massa raggiungeva le 5 tonnellate. Steller notò che i mammiferi sembrano essere insolitamente leali l’uno con l’altro.
Secondo il ricercatore, avevano “un raro amore reciproco, che si estendeva a tal punto che, quando uno di loro era preso all’arpione, tutti gli altri erano intenzionati a salvarlo.” Quando i cacciatori arpionavano un esemplare, altri venivano in sua difesa, facendo un giro attorno al loro compagno ferito e mettendosi essi stessi a rischio.
Quando uccisero una femmina, rimasero stupiti nel vedere come il suo compagno venisse sulla spiaggia dove il suo corpo giaceva giorno dopo giorno “come per informarsi delle sue condizioni”. Nelle sue relazioni, Steller paragona il grasso delle vacche di mare al miglior burro dell’Olanda, e dice che aveva un sapore di “olio di mandorle quando veniva fatto bollire”. Questa qualità in seguito portò la ritina all’estinzione entro pochi decenni.
La riserva delle Isole del Commodoro (Komandorskij), dove è stato rinvenuto lo scheletro, è la più grande riserva naturale marina della Russia. È un rifugio per mammiferi marini rari, per la volpe blu artica e per molte specie di uccelli.
La ritina di Steller fu uno degli ultimi sopravvissuti del Pleistocene, l’era geologica che ha preceduto la nostra (l’Olocene). Era un’epoca di giganti: mastodonti e gatti dai denti a sciabola (Homotheriini) vivevano in Nord America, mentre l’Eurasia era popolata da mammut e rinoceronti lanosi (Coelodonta antiquitatis). La maggior parte di questi giganti morì 4.000 anni fa, alla fine dell’ultima era glaciale. Le vacche di mare trovarono il loro rifugio nell’oceano dalle Isole del Commodoro, fino a quando furono scoperte da Steller, durante il forzato soggiorno sull’isola di Bering a seguito di un naufragio.
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