Quel Convento inaspettato di Prilepin

Zakhar Prilepin (Foto: Wikipedia)

Zakhar Prilepin (Foto: Wikipedia)

Un romanzo “dall'impareggiabile talento narrativo” e dalla “straordinaria leggerezza”. Dove spiritualità, fede e fragilità si incrociano, in uno dei più bei lavori dello scrittore russo. Presto anche in italiano

È difficile per un poeta parlare di poesia. Poesia è un'epifania già di per sé e si rivela al lettore  attraverso i versi. La poesia, volendola indagare, sono diverse cose e un poeta, leggendone un altro ne individua subito il cuore, l'anima, il corpo e la tecnica. Platone diceva che necessariamente in poesia ci devono essere il ritmo e la musicalità altrimenti il tutto risulterebbe un discorso filosofico. E ci dev'essere in poesia quel qualcosa di inafferrabile, tangibile, magico - la poesia, appunto. La poesia esiste - nel mondo, negli uomini, nei paesaggi - vive negli occhi di chi non solo guarda ma vede e trasforma la parola in immagini, trasmettendo il mistero che lo ha colto, restituendolo, appunto, nelle immagini, a sua volta lette e interpretate dal lettore. Un circuito di trasmissione poetica, se vogliamo.

Spesso ai giovani poeti si consiglia di leggere i poeti affermati. Per capire, per imparare? Forse per acquisire la tecnica che in qualche misura è necessaria anch'essa? O per avere un'ulteriore fonte d'ispirazione? Perché la sensibilità e il talento sono doni e non si apprendono dai dotti. Io, nelle letture che mi hanno formata, ho goduto delle altissime espressioni poetiche più nelle pagine di prosa che in quelle dei poeti. Eccezione fatta per Garcia Lorca, Sergej Esenin, Sandro Penna, Boris Ryzhy e pochi altri. La poesia che nella prosa mi ha ispirato, incantato, catturato è di Shmelev ne "L'estate del Signore", di Hermann Hesse nel “Narciso e Boccadoro”, di Josef Roth ne "Il mercante dei coralli" e quella di Prilepin nel "Convento". E parliamo di Zakhar Prilepin.

Zakhar è uno scrittore russo, classe 1975 ed è un personaggio eclettico, controverso, provocatorio. Questo è quello che sapevo di lui prima di leggere il "Convento". Lo vidi di persona un paio d'anni fa alla fiera del libro di Roma e non mi suscitò simpatia alcuna. E non provai nessun interesse per i suoi libri. Finché un amico russo, di cui gusti letterari ho stima e considerazione, mi consigliò, regalandomelo, il "Convento" di Prilepin. L'aveva definito un grande romanzo come nelle migliori tradizioni letterarie russe. “Un romanzo così è da tanto tempo che nessuno scriveva più”, disse. Incuriosita, accettai il regalo. Scrissi a Zakhar di questo regalo e di una mia iniziale “riluttanza” nei suoi confronti, a quel tempo già superata, grazie alla sua pagina su FB, che ha più di 51.000 iscritti. Mi rispose nel giro di mezz'ora, congratulandosi con me per il fatto che nella vita si possa cambiare d'opinione e ch'è un bene, tutto sommato, e chiedendomi di comunicargli la mia impressione sul suo romanzo. Quando il libro approdò a Roma, per via della gentile consorte del mio amico russo in visita alla capitale, provai un attimo di smarrimento. Settecento pagine in cirillico! Ma mi feci forza. E fui rapita dalle prime pagine. Dall'impareggiabile talento narrativo. Dalla straordinaria leggerezza, dal ritmo, dalla musicalità (vedi Platone).

 
Prilepin a viso aperto

Mi hanno colpito le metafore poetiche nella descrizione della natura e dei paesaggi: brevi, incisive, taglienti, limpide, magiche. Mi ha incantato il mistero presente in ogni pagina. Il romanzo narra dell'isola di Solovki e i personaggi sono veri, come sono veri i destini umani e di un grande paese, incrociatisi su quell'isola, divenuta nella storia un simbolo di spiritualità, fede, errori e orrori, crudeltà, iniquità, fragilità ma anche forza umane, narrate attraverso un talento raro di scrittura. Il romanzo lo lessi in due giorni. Mi sono letteralmente beata di una narrazione mistica dove Dio e gli uomini sono e rimangono un unico, eterno mistero. In più è un romanzo d'amore. Quel miracolo della vita che non si accerta con spiegazioni, formule, prassi, leggi e questa mia nota non vuole essere altro che un consiglio di lettura.

Regalatevi una storia d'amore tutta da scoprire, leggendo un grande romanzo russo. Un nuovo, grande romanzo russo. Il "Convento" ora è in traduzione presso la casa Editrice Voland. La traduzione dovrebbe essere terminata a ottobre e, forse, come dice l'editrice, Daniela Di Sora, si potrà, crisi permettendo, invitare Zakhar a Roma per la presentazione del libro. Io, qualora ci fosse, mi farò firmare la mia copia in cirillico e ne acquisterò una in italiano. In Russia il "Convento" si è già aggiudicato il massimo premio letterario del paese "Il grande libro". E fa piacere e dà speranza il fatto che, a volte, i libri siano premiati meritatamente: per autenticità, per talento, per significati che vanno oltre alla politica, alla propaganda, alle tecniche manipolatorie, agli indottrinamenti. 

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